Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 9 gennaio 2018, n. 272. La causa di non punibilità non copre reati diversi posti in essere dai responsabili del delitto (presupposto) di riciclaggio


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E’ noto, infatti, che in tema di riesame delle misure cautelari reali, nella nozione di “violazione di legge” per cui soltanto puo’ essere proposto ricorso per cassazione a norma dell’articolo 325 c.p.p., comma 1, rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma non l’illogicita’ manifesta, la quale puo’ denunciarsi nel giudizio di legittimita’ soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui all’articolo 606, lettera e) (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004 – dep. 13/02/2004, P.C. Ferazzi in proc.Bevilacqua, Rv. 226710). A cio’ va aggiunto che il sindacato di legittimita’ sulla motivazione del provvedimento impugnato incontra il preciso limite testuale posto dall’articolo 606 c.p.p., lettera e), con la conseguenza che eventuali vizi argomentativi non possono essere derivati ne’ da diversa valutazione del compendio indiziario, ne’ dal richiamo del contenuto di atti di indagine, come invece pretende di fare la difesa dei ricorrenti laddove sostiene che la stessa A.F. in sede di voluntary disclosure avrebbe accertato che la provvista estera, pari ad Euro 1.099.976,26 utilizzata per l’acquisto delle quote societarie, sarebbe stata costituita in epoca antecedente a quella in cui si sarebbe consumata l’appropriazione indebita (Sez. 1, n. 3289 del 28/04/1999 – dep. 15/06/1999, Bollo, Rv. 213728), trattandosi, in ogni caso di elementi che, presupponendo un apprezzamento in fatto, esulano dall’ambito cognitivo di questa Corte.
6. Trattasi, in ogni caso di censure infondate, essendo corretto il riferimento operato dal tribunale del riesame all’effetto preclusivo che sul fumus degli illeciti contestati esplicherebbe non solo il decreto che dispone il giudizio (v., in termini: Sez. 3, n. 44639 del 29/09/2015 – dep. 06/11/2015, De Simone e altri, Rv. 265570, secondo cui in materia di impugnazione dei provvedimenti che dispongono misure cautelari reali, in sede di ricorso per cassazione, qualora sia intervenuto il decreto che dispone il giudizio in relazione ai reati contestati, e’ precluso qualsiasi sindacato sul “fumus commissi delicti”, considerato che la valutazione di merito eseguita dal giudice dell’udienza preliminare e’ tale da assorbire l’apprezzamento compiuto in sede incidentale sulla sussistenza di tale presupposto applicativo della misura cautelare reale), ma soprattutto la precedente decisione assunta da questa stessa Corte.
E’ sufficiente, infatti, richiamare il contenuto motivazionale della sentenza di questa Corte per evidenziare la mancanza di pregio delle censure. Questa Corte, infatti, con la sentenza Sez. 2, n. 44405 del 2016, emessa in data 15.07.2016, dep. 20.10.2016 (imp. (OMISSIS), non massimata), chiamata a pronunciarsi sull’impugnazione proposta dal (OMISSIS), che ricorreva contro il provvedimento che aveva confermato il decreto di sequestro preventivo emesso (anche) nei suoi confronti in data 4.1.2016 dal g.i.p. del Tribunale di Roma, aveva, da un lato, evidenziato, sul tema dei rapporti tra l’imputazione sub a) contestata solo al (OMISSIS) e le altre imputazioni (contestate agli attuali indagati e ricorrenti), che “appare del tutto ragionevole, in diritto, che i coindagati siano stati chiamati a rispondere del reato presupposto di appropriazione indebita, e l’odierno indagato del riciclaggio che ne e’ in ipotesi conseguito”; dall’altro, e soprattutto, aveva sottolineato come il (OMISSIS) non si fosse confrontato adeguatamente con le articolate argomentazioni poste a fondamento della ordinanza del Tribunale del riesame, che, dopo avere evidenziato le ragioni per le quali aveva ritenuto la sussistenza del fumus boni iuris del reato presupposto (ossia, proprio del delitto di appropriazione indebita), aveva – secondo la Sezione 2 di questa Corte – incensurabilmente valorizzato a fondamento della valutazione circa la sussistenza del fumus boni iuris del reato di riciclaggio ipotizzato a carico del ricorrente, gli articolati elementi riepilogati in atti, concludendo che il (OMISSIS) aveva “violato gli obblighi previsti per gli intermediari finanziati, omettendo di identificare (o meglio di comunicare) il titolare effettivo della (OMISSIS) ltd. ( (OMISSIS) non e’ stato in grado di fornire alla P.G. alcuna documentazione relativa agli adempimenti ai quali era tenuto come previsto dal Decreto Legislativo n. 231 del 2007, articolo 18).
Il ricorrente era dunque consapevole della reale proprieta’ della societa’ oggetto di cessione nonche’ della vera finalita’ dell’operazione (…). Con il proprio operato egli ha cosi’ consentito ai fratelli (OMISSIS) di rientrare in possesso – attraverso il pagamento del corrispettivo della fittizia cessione – di ingenti somme che, proprio in considerazione della natura dell’operazione, non potevano che avere provenienza delittuosa” (f. 9).

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