Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 22 gennaio 2018, n. 2406. Le presunzioni legali previste dalle norme tributarie hanno un valore indiziario sufficiente ad integrare il “fumus commissi delicti” idoneo, in assenza di elementi di segno contrario, a giustificare l’applicazione di una misura cautelare reale

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3.1. Deduce, con il primo motivo, il vizio di cui all’articolo 606 c.p.p., lettera c), sotto il profilo della violazione dell’articolo 321 c.p.p..

In sintesi, sostiene la difesa del ricorrente che il tribunale del riesame non avrebbe tenuto conto di alcuni elementi di fatto che non avrebbero consentito l’applicazione della misura cautelare reale, non sussistendo ne’ il fumus ne’ il periculum in mora; si deduce, in particolare – dopo aver operato una ricostruzione in fatto dell’attivita’ di indagine che aveva condotto all’adozione del provvedimento di sequestro di conti correnti, di quote societarie, di assegni bancari e di un orologio Rolex – che il provvedimento in questione sarebbe illegittimo anzitutto per mancanza del fumus delicti in quanto i giudici avrebbero fatto ricorso a presunzioni fiscali, atteso che il PVC dell’Agenzia delle Entrate quantificava l’evasione basandosi su parametri estranei e diversi rispetto alla prova penale, donde i giudici di merito, non potendo far proprie la risultanze dell’indagine fiscale, non potevano porre l’onere probatorio del mancato superamento della soglia di punibilita’ a carico dell’indagato, dovendo invece procedere agli accertamenti del caso anche d’ufficio, eventualmente mediante ricorso a presunzioni di fatto; poiche’ la prova del reato ipotizzato risulterebbe fondata solo su presunzioni fiscali che non possono trovare legittimo ingresso in ambito penale, sarebbe stato necessario per i giudici proseguire autonomamente alla verifica dell’avvenuto superamento o meno della soglia di punibilita’, anche attraverso la nomina di un consulente; nel caso di specie, la sola movimentazione di denaro su numerosi cc/cc bancari non tutti riconducibili all’indagato, senza analizzare le singole transazioni e senza tener conto dei costi sostenuti per lo svolgimento delle attivita’ del (OMISSIS) e, soprattutto, senza tener conto di numerose movimentazioni imputate a debiti di gioco, non poteva condurre i giudici a quantificare l’imposta evasa; segnatamente, la somma di Euro 130.000 relativa a debiti di gioco avrebbe dovuto essere sottratta ai conteggi svolti per l’accertamento del reddito, in quanto non tassabile, non condividendosi l’argomentazione dei giudici secondo cui si sarebbe tratto di proventi illeciti e quindi come tali tassabili, atteso che le vincite in denaro conseguite presso giocate a carte in un contesto familiare o privato non sono tassabili come piu’ volte ribadito anche dall’A.F.; la motivazione del tribunale del riesame secondo cui, invece, dette presunzioni tributarie sarebbero idonee a sorreggere il fumus delicti sarebbe errata, come anche l’affermazione secondo cui la somma di 130.000 Euro deriverebbe da gioco d’azzardo e sarebbe quindi illecita in quanto riferibile a gioco intrattenuto al di fuori del contesto familiare, o ancora, l’aver ritenuto configurabile il predetto fumus in assenza di una rendicontazione specifica di ogni singola transazione avvenuta sui cc/cc riferibili all’indagato, movimentazione che invece sarebbe stato possibile ricostruire solo attraverso l’intervento di un c.t.p. di cui viene, al ricorso,v)26e allegata la relazione, redatta in data 15.03.2017; le risultanze di tale c.t.p. consentirebbero, ad avviso della difesa, di accertare il mancato superamento, per tutte le annualita’ oggetto di contestazione, della soglia di punibilita’ prevista dal Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 5, con conseguente venir meno del fumus di tale delitto; a cio’ si aggiunge in ricorso il rilievo che occorre attribuire ai versamenti in denaro corrisposti dai genitori dell’indagato in favore del nipote (OMISSIS), sul c/c di quest’ultimo, peraltro oggetto di dissequestro a quest’ultimo a seguito di istanza di riesame dal medesimo proposta, sicche’ si sarebbe dato credito alla legittima provenienza delle somme da parte di terzi estranei ai fatti contestati; dunque ogni altra operazione economica degli stessi dovrebbe essere intesa come donazione o come operazione consentita e, dunque, non tassabile, con conseguente inapplicabilita’ delle presunzioni fiscali.

3.2. Deduce, con il secondo motivo, il vizio di cui all’articolo 606 c.p.p., lettera c), sempre sotto il profilo della violazione dell’articolo 321 c.p.p..

In sintesi, sostiene la difesa del ricorrente che l’ammontare delle somme sequestrate sarebbe eccessivo in relazione all’entita’ della somma presuntivamente evasa; sul punto, sostiene la difesa del ricorrente che il valore commerciale di due beni immobili siti in (OMISSIS) e’ stimato in circa Euro 156.000,00 ciascuno come risultante nella relazione di stima allegata al ricorso e elaborata dall’istituto torinese immobiliare, relazioni datate 8.03.2017; le somme di denaro e le quote societarie sequestrate avrebbero un valore assolutamente superiore ed esorbitante rispetto all’importo asseritamente evaso, laddove si consideri che il solo immobile di (OMISSIS) avrebbe un valore stimato di oltre 2 milioni di Euro, osservandosi che quest’ultimo se e’ ben vero che non e’ stato sottoposto a formale sequestro, lo stesso ricadrebbe comunque nella disponibilita’ della Procura, in quanto il custode delle quote societarie sequestrate e’ stato avvisato di non porre in essere operazioni che possano pregiudicare il depauperamento patrimoniale della societa’; si chiede, pertanto, in subordine, che venga disposta la riduzione del sequestro nei limiti della somma asseritamente evasa.

4. Con requisitoria scritta depositata presso la cancelleria di questa Corte in data 13.06.2017, il P.G. presso la S.C. di Cassazione ha chiesto il rigetto del ricorso; in particolare, osserva il P.G.: a) quanto al primo motivo, che il tribunale del riesame ha tratto la prova del fumus del delitto ipotizzato non sulla base di presunzioni fiscali ma sulla scorta di specifici elementi da cui emerge che l’indagato gestisce un’attivita’ illecita (casa da gioco d’azzardo non autorizzata), i cui proventi non vengono dichiarati al Fisco (nella specie: disponibilita’ di immobili ed autovetture di grande pregio e valore; riveste la carica di socio e legale rappresentante di numerose imprese; gestisce cc/cc sui quali transitano importi sino ad oltre 2 milioni di Euro; numerosi soggetti che hanno effettuato pagamenti a suo favore, hanno dichiarato di averlo fatto per pagare debiti di gioco nei suoi confronti, spiegando che il gioco e’ gestito dall’indagato nei locali di “(OMISSIS)”, intestata all’ex compagna (OMISSIS)); b) quanto al secondo motivo, essa e’ infondato in questo e’ lo stesso tribunale del riesame ad aver ri (OMISSIS) che l’importo complessivo dei beni sequestrati risulta notevolmente inferiore al valore del profitto, rispondente all’imposta evasa.

CONSIDERATO IN DIRITTO

5. Il ricorso e’ manifestamente infondato.

6. Ed invero, rileva il Collegio, in cio’ condividendo quanto argomentato dal P.G., che dagli accertamenti disposti ed eseguiti dalla GdF emerge che l’indagato ha dichiarato di essere stato un modesto percettore di redditi nel biennio 2012/2014 dalla (OMISSIS) s.r.l., senza tuttavia presentare alcuna dichiarazione fiscale, essendo dunque risultato evasore totale, pur risultando aver ricoperto numerose cariche sociali; risulta, tuttavia, abitare in una lussuosa villa di 22 vani di proprieta’ della (OMISSIS) s.r.l., disporre di autovetture di grossa cilindrata, tra cui anche una Ferrari F430; nel 2014 risulta aver acquistato quote societarie per 329.000,00 Euro ed e’ altresi’ intestatario di numerosi terreni in provincia di Catanzaro,’ gli accertamenti eseguiti sui cc/cc alimentati da versamenti in contanti e assegni bancari, hanno consentito di accertare che nel periodo compreso tra il gennaio 2010 ed il settembre 2015 questi ha movimentato somme per oltre 2 milioni di Euro; risulta, ancora, dalle sommarie informazioni assunte da coloro che avevano eseguito pagamenti al (OMISSIS), che dal 2010 al 2012 sono state corrisposte all’indagato somme costituenti debiti di gioco d’azzardo, organizzato da quest’ultimo attraverso la struttura di “(OMISSIS)” intestata all’ex compagna dell’indagato, Silvia (OMISSIS).

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