Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 22 gennaio 2018, n. 2399. In tema di prostituzione, ogniqualvolta la condotta dell’agente rivesta un’efficacia causale e rafforzativa dell’altrui volonta’

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Perdono quindi di spessore argomentativo le censure relative alla presunta omissione valutativa delle dichiarazioni rese dalla persona offesa ai sensi dell’articolo 441 del codice di procedura penale, nonche’ quelle relative alla non configurabilita’ della condotta di “prostituzione” nel caso in esame, come alla mancanza, in capo al ricorrente, di una utilita’ economica derivante dalla condotta di intermediazione agevolativa-favoreggiamento. Orbene, rispetto a tale ultimo punto, alle pagine 22/23 della sentenza impugnata, la Corte di appello si sofferma a spiegare le ragioni per le quali il ricorrente nutrisse un interesse, non solo a che le prestazioni della ragazza da lui consigliata al (OMISSIS) appagassero i desideri sessuali dell’Onorevole (OMISSIS), ma anche al perseguimento di un suo tornaconto personale, tant’e’ che in alcune conversazioni intercettate egli manifesta impazienza di sapere come “fosse andata” la nottata trascorsa dalla ragazza con l’Onorevole (OMISSIS), chiedendolo piu’ volte al (OMISSIS) per poi, inequivocabilmente, rendere palese quello che era il suo vero scopo, ossia -dopo aver descritto la bravura della ragazza nel congiungersi carnalmente- esternare al (OMISSIS) in quella stessa telefonata che egli gli avrebbe dovuto trovare “una sistemazione”, con cio’ escludendosi la tesi dell’intervento per puro spirito di amicizia e di agevolazione della prostituta “in quanto tale”.
Nessun travisamento probatorio, dunque, vi e’ stato nel caso di specie, ma un mero tentativo da parte della difesa del ricorrente di rilettura delle prove dichiarative, attraverso una favorevole interpretazione degli elementi di prova, tuttavia correttamente illustrati e valutati dalla Corte d’appello. Trova, pertanto, applicazione il principio, piu’ volte affermato da questa Corte, secondo cui in tema di ricorso per cassazione, poiche’ esula dal controllo della Suprema Corte la rilettura degli elementi di fatto posti a base della decisione, non costituisce vizio comportante controllo di legittimita’ la mera prospettazione di una diversa (e, per il ricorrente, piu’ favorevole) valutazione delle emergenze processuali (Sez. 5, n. 7569 del 21/04/1999 – dep. 11/06/1999, Jovino R, Rv. 213638).
6. Non miglior sorte merita il secondo motivo di ricorso proposto nell’interesse dell’imputato dall’Avv. (OMISSIS), quanto alla configurabilita’ delle condotte di induzione e favoreggiamento della prostituzione, cui si accompagnerebbe anche un vizio motivazionale della sentenza.
Il motivo e’ manifestamente infondato.
La condotta di induzione, anzitutto, la corte appello fornisce una spiegazione del tutto immune dai denunciati vizi e perfettamente aderente al dato normativo. Puntuali e del tutto condivisibili sono a tale proposito le argomentazioni sviluppate alle pagine 26 e 27 della sentenza quanto alla sussistenza della condotta “induttiva”, avendo la Corte d’appello chiarito le ragioni della configurabilita’ del reato di induzione alla prostituzione, atteso che fu proprio il ricorrente a far sorgere nella ragazza l’idea di poter realizzare le sue aspettative di lavoro fornendo prestazioni sessuali in favore dell’Onorevole (OMISSIS), sia perche’ conosceva le “ambizioni” della ragazza, sia soprattutto perche’, proprio facendo leva su queste ultime, fu proprio ricorrente a proporre alla ragazza di incontrarsi con il facoltoso cliente e fornire a quest’ultimo prestazioni sessuali per realizzare le predette ambizioni.
A tal proposito, correttamente la Corte d’appello afferma che non risultava una prova “diretta ed immediata” della formulazione della proposta in questi esatti termini, ma logicamente i giudici territoriali sostengono che proprio dalle diverse telefonate intercettate tra gli interlocutori, sarebbe emerso che se non vi fosse stato l’intervento dell’attuale imputato, la ragazza non avrebbe compiuto con il facoltoso cliente attivita’ sessuale dietro utilita’ economica, dato questo innegabile e dirimente rispetto a qualsiasi difforme valutazione condotta in ricorso, tenuto peraltro conto del dato – altrettanto inconfutabile – per il quale, sia un punto di vista causale e cronologico, tutto ebbe inizio proprio presso lo studio legale dell’attuale imputato, come affermato dalla stessa persona offesa, la quale ebbe a dichiarare, infatti, che fu proprio presso lo studio dell’imputato che questi le riferi’ che le avrebbe potuto presentare un suo grande amico imprenditore che, a sua volta, le avrebbe potuto far conoscere il (OMISSIS), ossia proprio quel “qualcuno che potesse risultare utile per la sua carriera cinematografica e teatrale”.
In tale condotta, non vi e’ chi non veda come sia agevole ravvisarsi quella “determinazione” in altri alla prostituzione, come del resto chiarito dalla Corte d’appello a pagina 9 della sentenza nel richiamare la giurisprudenza di questa Corte. Sul punto, infatti, deve essere ribadito che ai fini della sussistenza del reato di induzione alla prostituzione, di cui alla L. 20 febbraio 1958, n. 75, articolo 3, n. 5, non e’ necessario che il soggetto passivo sia una persona non iniziata e non dedita alla vendita del proprio corpo. La induzione alla prostituzione, identificabile nell’attivita’ dell’agente volta a far venir meno le resistenze di ordine morale che trattengono la donna dal concedersi a persone indifferenziate disposte a rimunerarne gli amplessi mercenari, puo’ infatti presentarsi tanto sotto la forma della determinazione (opera di convincimento nel far sorgere ex novo nell’animo e nella volonta’ della donna idee, propositi e decisione prima inesistenti), quanto sotto l’altra dell’eccitazione o rafforzamento, mediante nuovi stimoli o motivi, di una risoluzione non ancora consolidata, ovvero in via di evoluzione negativa (Sez. 3, n. 1833 del 20/12/1968 – dep. 11/06/1969, Pagani, Rv. 111772). Pertanto il reato ricorre non solo quando si induca una donna a prostituirsi per la prima volta, ma, ancora, quando si rafforza la sua determinazione a fare commercio del proprio corpo ed allorche’, inoltre, si agisca su di lei per farla persistere nella turpe attivita’ dalla quale piu’ volte abbia apertamente manifestato la volonta’ di allontanarsi (Sez. 3, n. 2287 del 27/01/1984 – dep. 10/03/1984, Canullo, Rv. 163112).

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