Corte di Cassazione, sezione sesta civile, ordinanza 9 gennaio 2018, n. 289. Servitù: il concetto di interclusione totale

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5.1) In primo luogo, occorre evidenziare che il principio di diritto affermato nella sentenza impugnata non poggia – se non ai fini espositivi – sulla distinzione tra veicoli a seconda della grandezza, ma si incentra sul concetto giuridico di fondo totalmente intercluso, inidoneo, secondo l’interpretazione della Corte, a qualificare un fondo dotato di un accesso alla via pubblica; seppure consti che tale accesso non consenta ai veicoli dei ricorrenti di fare manovra.
L’interclusione assoluta del fondo, in altri termini, e’ apparsa contraddittoria con la presenza stessa di un accesso sulla via pubblica.
Tale collegamento, che costituisce in negativo dato qualificante del concetto giuridico di cui all’articolo 1051 c.c. – “il proprietario che non ha uscita sulla via pubblica” -, e’ stato considerato, in seno alla sentenza, come elemento tale da escludere una situazione di interclusione totale ed assoluta, non essendo il caso di specie sussumibile nel perimetro concettuale di interclusione totale.
Ne deriva che alla Sezione Seconda civile della Corte di Cassazione, alla luce dell’interpretazione del concetto di interclusione ex articolo 1051 c.c., desumibile dalla sentenza, e’ apparso in contrasto con il principio di matrice logica di non contraddizione affermare, come si legge nella sentenza della Corte d’Appello, l’esistenza di una situazione di “interclusione assoluta dei garage degli attori, sia pure relativamente al passaggio a mezzo autovetture”.
L’errore denunciato, pertanto, costituisce, in ipotesi, un error in iudicando, di puro diritto, ricadendo, in definitiva, sul concetto di interclusione non denunciabile come errore revocatorio ai sensi dell’articolo 395 c.p.c., comma 1, n. 4.
5.2) In secondo luogo, la distinzione sulla grandezza dei veicoli censurata dal ricorrente non e’ affatto avulsa dagli atti di causa.
Essa prendeva le mosse proprio dalla sentenza emessa dalla Corte territoriale, la quale nel fornire un’interpretazione estensiva del concetto di interclusione, riteneva che “se l’accesso alla via pubblica mediante questa forma di passaggio e’ impossibile o inadatto o insufficiente si dovra’ parlare di fondo intercluso, assolutamente o relativamente secondo i casi, rispetto a tale forma di passaggio anche se l’accesso alla pubblica via consente altre forme di passaggio (ad es. pedonale)”.
Le dimensioni dei veicoli si legano, nel ragionamento seguito in sentenza, alla forma di passaggio. Emerge, infatti, dal passo di sentenza della Corte d’Appello di Perugia ora riportato che, mentre risulta impedito il passaggio da parte delle autovetture, altre forme di accesso (necessariamente estrinsecate in manovre con veicoli piu’ piccoli delle autovetture) o passaggio pedonale risultano invece possibili.
Ed e’ su questo punto che si incentra il nucleo fondante la decisione della Corte d’appello di Perugia nella ricostruzione del concetto di interclusione ai sensi dell’articolo 1051 c.c..
Per queste ragioni, le dimensioni dei veicoli, in uno con la loro dimensione funzionale rappresentata dalla forma di passaggio, vengono prese in considerazione dalla Corte di Cassazione, la quale nega validita’ alla tesi secondo cui il concetto di interclusione totale vada ragguagliato alla forma di passaggio e, dunque, alle grandezze dei veicoli.
Piuttosto il concetto di interclusione totale andava ricostruito con riferimento al collegamento esistente tra il fondo e la pubblica via, a prescindere dalle forme di passaggio e dalla dimensione dei veicoli. Eventuali esigenze abitative connesse ai valori della persona rilevano semmai nel bilanciamento di interessi che filtra nell’apprezzamento dei bisogni del fondo ai sensi dell’interpretazione evolutiva dell’articolo 1052 c.c. (Cass. n. 14103/2012).
Ne deriva che, nella specie, non si ravvisa alcun errore percettivo che avrebbe dovuto portare necessariamente a soluzione diversa, sicche’ la revocazione risulta palesemente inammissibile.
Segue la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo.
Va dato atto della sussistenza delle condizioni per il raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla refusione ai resistenti delle spese di lite liquidate in Euro 4.500 per compenso, 200 per esborsi, oltre accessori di legge.
Da’ atto della sussistenza delle condizioni di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, per il versamento di ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

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