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[…]
(a) la liquidazione del danno alla salute con criteri diversi da quelli c.d. milanesi costituisce, secondo la giurisprudenza di questa Corte, una violazione dell’articolo 1226 c.c., mentre col secondo motivo di -ricorso il ricorrente ha invocato il differente vizio di omesso esame d’un fatto decisivo, di cui all’articolo 360, n. 5, c.p.c.;
(b) l’applicazione del criterio “milanese” non fu invocata dal danneggiato in grado di appello;
(c) le c.d. “tabelle” milanesi non furono prodotte nei gradi di merito, e comunque di tale produzione non si e’ dato atto nel ricorso per cassazione;
la prima di tali eccezioni e’ infondata, in quanto, se pure il ricorrente ha formalmente richiamato, nell’intitolazione del secondo motivo di ricorso, la previsione di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5, sia la parte restante del titolo, sia l’illustrazione del motivo, indicano in modo sufficientemente chiaro che il ricorrente ha inteso dolersi della violazione delle regole sulla liquidazione equitativa del danno, ed in particolare dell’articolo 1226 c.c., pur esso espressamente richiamato a p. 34 del ricorso;
quanto alla seconda eccezione, essa e’ infondata, dal momento che l’applicazione delle tabelle milanesi venne invocata da (OMISSIS) in grado di appello (segnatamente, nella comparsa conclusionale), ed e’ irrilevante che tale criterio di liquidazione del danno sia stato indicato in alternativa ad altri criteri, piuttosto che in via esclusiva;
anche la terza delle eccezioni sollevate dalle controricorrenti, infine, e’ infondata;
per quanto gia’ detto, infatti, essendosi concluso il giudizio d’appello diversi anni dopo il deposito della sentenza n. 12408/11 di questa Corte, la Corte d’appello aveva l’obbligo di liquidare il danno coi criteri dettati da questa Corte, ovvero di motivare il proprio dissenso; ne’ l’appellante aveva l’onere di depositare in giudizio copia delle tabelle milanesi, onere imposto da questa Corte solo nel caso di sentenze d’appello anteriori al 7.6.2011;
– ne’ giova alle controricorrenti, in senso contrario, il precedente di questa Corte da esse invocato (Sez. 3, Sentenza n. 12288 del 15/06/2016);
quella sentenza, infatti, non aveva ad oggetto il problema sostanziale delle condizioni alle quali puo’ essere invocata nei gradi di merito l’applicazione delle tabelle milanesi (onere della domanda; onere di deposito); ma il ben diverso problema processuale della ricorribilita’ per cassazione della sentenza di merito che quei criteri non avesse applicato, e degli adempimenti di contenuto-forma che il ricorso per cassazione, in tal caso, deve soddisfare; a tal fine, questa Corte ha si’ precisato che il ricorrente per cassazione ha l’onere di dichiarare dove e quando abbia, nei gradi di merito, invocato l’applicazione delle tabelle milanesi e se e dove le abbia depositate: ma cio’ ovviamente sul presupposto che un onere di deposito vi fosse, il che per quanto detto non e’ vero per le sentenze d’appello depositate dopo il 7.6.2011;
nel caso di specie, il ricorrente ha assolto l’onere di indicazione di cui all’articolo 366 c.p.c., n. 6, a p. 35 del proprio ricorso; e l’onere di allegazione di cui all’articolo 369 c.p.c. allegando sub 10 al proprio ricorso per cassazione copia delle tabelle milanesi;
deve altresi’ soggiungersi che la sentenza n. 12288/16, cit., aveva ad oggetto una fattispecie ben diversa dalla presente: li’, infatti, non si discuteva se il giudice di merito avesse o no sbagliato nel non applicare la tabelle milanesi; ma si discuteva se gli importi liquidati dal giudice di merito, che pure aveva dichiarato di stare applicando le tabelle milanesi, fossero davvero quelli risultanti da tali tabelle: un caso, dunque, nel quale era imprescindibile la produzione in giudizio delle tabella da parte del ricorrente;
quando, invece, l’unica questione oggetto di ricorso per cassazione sia costituita dalla doglianza con cui il ricorrente lamenta la mancata applicazione delle tabelle milanesi da parte del giudice d’appello, come gia’ detto non e’ necessario che tali tabelle siano state depositate in giudizio, se la sentenza d’appello e’ successiva al 7.6.2011;
ed infatti anche l’analisi della giurisprudenza di questa Corte, non limitata alle sole massime, svela che in tutti i casi in cui questa Corte ha affermato la necessita’ del deposito delle tabelle al piu’ tardi in grado di appello, si trattava di giudizi che avevano ad oggetto sentenze d’appello anteriori o coeve alla sentenza 12408/11, cit.; tali decisioni, oltre Cass. 12288/16, cit., sono quattro (Sez. 1, Sentenza n. 17678 del 07/09/2016; Sez. 3, Sentenza n. 12397 del 16/06/2016; Sez. 3, Sentenza n. 24205 del 13/11/2014; Sez. 3, Sentenza n. 23778 del 07/11/2014), e dall’esame delle loro motivazioni emerge che:
(a) Sez. 1, Sentenza n. 17678 del 07/09/2016, aveva ad oggetto una sentenza d’appello depositata il 20.7.2010;
(b) Sez. 3, Sentenza n. 12397 del 16/06/2016, aveva ad oggetto una sentenza d’appello depositata il 21.6.2011 (onde, puo’ presumersi che fosse stata deliberata qualche tempo prima, e che alla data del deposito non fosse nota la sentenza di questa Corte 7.6.2011 n. 12408);
(c) Sez. 3, Sentenza n. 24205 del 13/11/2014, aveva si’ ad oggetto una sentenza d’appello depositata il 15.11.2011, ma in quel caso il ricorso del danneggiato venne rigettato non perche’ la tabelle non fossero state prodotte, ma perche’ la questione dell’applicabilita’ delle tabelle non aveva formato oggetto di impugnazione in grado di appello;
(d) Sez. 3, Sentenza n. 23778 del 07/11/2014, aveva ad oggetto una sentenza d’appello depositata il 18.8.2008;
le spese del presente giudizio di legittimita’ saranno liquidate dal giudice del rinvio.
P.Q.M.
(-) rigetta il primo motivo di ricorso;
(-) accoglie il secondo ed il terzo motivo di ricorso per punto di ragione; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.
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