Corte di Cassazione, sezione quinta penale, sentenza 17 gennaio 2018, n. 1929. Dovere di astensione per i pubblici agenti che si trovino in una situazione di conflitto di interessi. La semplice esistenza di una controversia giudiziaria tra il pubblico ufficiale ed il cittadino sanzionato non puo’ certo ingenerare una situazione di conflitto di interessi nell’espletamento dell’azione amministrativa

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Ne consegue pertanto la insussistenza gia’ dell’elemento oggettivo del reato contestato sub articolo 323 c.p. e la necessita’ di annullare la sentenza impugnata in parte qua perche’ il fatto non sussiste.
Si impone pertanto anche la riduzione della relativa pena applicata ai sensi dell’articolo 81 cpv. c.p. in grado di appello attraverso la diminuzione dalla pena complessivamente inflitta di trenta giorni di reclusione.
3. L’accoglimento del secondo e terzo motivo di doglianza assorbe, peraltro, l’esame del primo motivo, come tale incentrato sul contestato concorso tra i reati di cui agli articoli 323 e 479 c.p. e sull’affermato assorbimento tra le due fattispecie di reato da ultimo menzionate.
Va tuttavia ricordato, in termini generali, che sussiste il concorso materiale e non l’assorbimento tra il reato di falso ideologico in atto pubblico (articolo 479 c.p.) e quello di abuso d’ufficio (articolo 323 c.p.) nel caso in cui la condotta del delitto di abuso d’ufficio non si esaurisca in quella del delitto di cui all’articolo 479 c.p. ma vi siano due distinte condotte (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 1491 del 15/11/2005 Ud. (dep. 16/01/2006) Rv. 233044).
Peraltro, e’ stato anche precisato, in subiecta materia, sempre dalla giurisprudenza di questa Corte che sussiste il concorso materiale e non l’assorbimento tra il reato di falso ideologico in atto pubblico e quello di abuso d’ufficio, in quanto i reati in parola offendono beni giuridici distinti: il primo, invero, mira a garantire la genuinita’ degli atti pubblici, il secondo tutela l’imparzialita’ e il buon andamento della pubblica amministrazione. Pertanto, mentre tra gli stessi ben puo’ sussistere nesso teleologico (in quanto il falso puo’ essere consumato per commettere il delitto di cui all’articolo 323 c.p.), la condotta dell’abuso d’ufficio certamente non si esaurisce in quella del delitto di falso in atto pubblico ne’ coincide con essa (cosi’, Sez. 2, Sentenza n. 5546 del 11/12/2013 Cc. (dep. 04/02/2014) Rv. 258205).
Ne consegue, comunque, la infondatezza della prospettazione giuridica avanzata dalla parte ricorrente.
4. Anche il quarto motivo di doglianza e’ infondato.
Orbene, l’annullamento del verbale di accertamento relativo al controllo sull’autovettura della parte offesa rappresenta un posterius rispetto alla condotta di falso contestata ai sensi dell’articolo 479 c.c., di talche’ non riveste alcuna rilevanza nei termini pretesi dal ricorrente per ritenere insussistente l’elemento soggettivo del reato di falso commesso dal pubblico ufficiale che si e’ consumato nel momento in cui quest’ultimo ha attestato, nel verbale di accertamento della violazione al codice della strada, una circostanza fattuale non corrispondente al vero nella piena consapevolezza di tale falsita’ ideologica.
5. La parte ricorrente, stante la parziale soccombenza, va condannata al pagamento delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla imputazione di cui all’articolo 323 c.p. perche’ il fatto non sussiste ed elimina la relativa pena di mesi uno di reclusione calcolata ai sensi dell’articolo 81 c.p..; rigetta nel resto il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese sostenute dalla parte civile in Euro 1.800,00, oltre accessori come per legge.

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