Corte di Cassazione, sezione quinta penale, sentenza 10 gennaio 2018, n. 633. In tema di bancarotta fraudolenta

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Nelle sentenze rese nel procedimento parallelo a carico dei correi (OMISSIS) e altro, con le sentenze del G.U.P. di Milano del 7/2/2013 e della Corte di appello di Milano del 5/2/2014 era stato ritenuto che gli imputati si fossero mossi al fine di “perpetrare” l’attivita’ della societa’ e non gia’ quella di cagionarne il fallimento, che anzi si voleva evitare, e che mancasse una prova rigorosa del nesso causale fra operativita’ e dissesto, gia’ risalente al 1998, e a cui si era posto rimedio con l’anomala modalita’ di finanziamento che aveva aggravato la crisi.
L’articolo 223, comma 2 L.F. non era configurabile posto che la societa’ versava gia’ in stato di obiettivo dissesto fin dal 1998, cui avrebbe dovuto seguire il fallimento, procrastinato e aggravato per effetto delle operazioni di elusione degli obblighi fiscali per rifinanziarsi; era piuttosto configurabile il reato di bancarotta semplice impropria societaria di cui all’articolo 224, comma 2, L. Fall., a cui sarebbe conseguita la dichiarazione di estinzione del reato per intervenuta prescrizione.
2.2. Con il secondo motivo proposto ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) la ricorrente denuncia violazione di legge in relazione al passaggio in giudicato della sentenza 13/445 del 7/2/2013, resa nei confronti dei concorrenti nel reato giudicati separatamente, con la configurazione del meno grave reato di cui all’articolo 224, comma 2, L.F. e alla mancata valutazione dell’effetto estensivo invocato con i motivi aggiunti del 14/5/2016, questione totalmente ignorata nell’ambito della sentenza impugnata.
2.3. Con il terzo motivo proposto ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e) la ricorrente denuncia vizio della motivazione in ordine al diniego del contenimento della pena edittale, motivato sulla base dell’oggettiva gravita’ del fatto e dell’entita’ del debito maturato dalla fallita, ignorando che le condotte contestate avevano solo aggravato l’entita’ del dissesto e che il dolo si atteggiava in termini di mera accettazione del rischio del fallimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. In via preliminare, e’ opportuno esaminare preventivamente la questione, logicamente prioritaria, proposta con il secondo motivo di ricorso, relativa all’estensibilita’ agli imputati della sentenza n. 445 del 7/2/2013, emessa dal GUP presso il Tribunale di Milano nei confronti dei correi, (OMISSIS) e (OMISSIS), che ha operato una diversa qualificazione dei fatti di causa come bancarotta semplice impropria, ai sensi dell’articolo 224, n. 2, L. Fall..
1.1. In primo luogo occorre constatare che effettivamente la sentenza della Corte d’Appello di Milano non si confronta con tale questione, pur rappresentata dai ricorrenti nei motivi aggiunti, depositati il 14/5/2016, e quindi entro i termini perentori indicati di cui all’articolo 585 cod. proc. pen., ossia 15 giorni prima della data prevista per l’udienza in cui l’imputato e’ stato regolarmente citato (ex multis Sez. 6, n. 25677 del 16/03/2016, P.G., P.C. in proc. Carretta e altri, Rv. 266965), nel caso di specie 30/5/2016.
1.2. Tuttavia, secondo l’orientamento della giurisprudenza di legittimita’, la mancata motivazione in ordine ai motivi di appello non comporta automaticamente la nullita’ della sentenza, ma e’ necessario verificare che non si tratti di motivi manifestamente infondati, o altrimenti inammissibili, o comunque non concernenti un punto decisivo, oppure se la motivazione della sentenza impugnata non contenga argomentazioni e accertamenti che risultino incompatibili con tali motivi o siano tali da consentire alla Corte stessa di procedere ad una integrazione della motivazione sulla base degli argomenti posti a fondamento delle sentenze di primo e di secondo grado. (Sez. 2, n. 10173 del 16/12/2014 – dep. 2015, Bianchetti, Rv. 263157; Sez. 3, n. 10156 del 01/02/2002, Poggi P, Rv. 221114).
1.3. La questione proposta appare manifestamente infondata.

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