Corte di Cassazione, sezione lavoro, ordinanza 8 gennaio 2018, n. 214. La disciplina delle procedure selettive interne finalizzate alla mera progressione economica è affidata alla contrattazione collettiva

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che le Sezioni Unite di questa Corte n. 26272 del 2016 (cfr. nello stesso Cass. SS.UU. 3948/2004, 10183/2004, 6217/2005, 10605/2005, 20107/2005), con riguardo alle controversie aventi ad oggetto i concorsi interni, hanno affermato che il riferimento all’assunzione, contenuto nel Decreto Legislativo n. 165 del 2003, articolo 63, comma 4 va inteso in senso non strettamente letterale, ma come comprendente anche le “prove selettive dirette a permettere l’accesso del personale gia’ assunto ad una fascia o area superiore”;
che le Sezioni Unite dopo avere precisato che il concorso e’ in ogni caso rivolto all’assunzione allorche’ sia pubblico, cioe’ aperto agli esterni, ed e’ indifferente che vi partecipino anche lavoratori gia’ dipendenti pubblici e che esso e’ ugualmente rivolto all’assunzione, ove sia riservato agli interni, quante volte risulti finalizzato ad una progressione verticale che consista nel passaggio ad una posizione funzionale qualitativamente diversa, tale da comportare una novazione oggettiva del rapporto di lavoro, hanno affermato che in presenza di progressioni all’interno di ciascuna area professionale o categoria, secondo disposizioni di legge o di contratto collettivo, necessariamente ci si trova al di fuori dell’ambito delle attivita’ amministrative autoritative e la Pubblica Amministrazione agisce con la capacita’ e i poteri del datore di lavoro privato;
che ai principi innanzi richiamati il Collegio ritiene di dare continuita’ ad un tempo evidenziando che la disciplina delle procedure selettive interne, finalizzate alla mera progressione economica o professionale all’interno della medesima area o fascia, e’ strettamente correlata a quella degli inquadramenti del personale pubblico “privatizzato”, delegificata (in quanto non esclusa dalla previsione di cui al Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 40, comma 1) ed affidata alla contrattazione collettiva chiamata a disciplinare i rapporti di lavoro dei pubblici dipendenti “privatizzati (Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 2, comma 2 e articolo 3, articoli 45, 51 e 52, articolo 69, comma 1 e articolo 71), la quale, per quanto concerne le progressioni all’interno della stessa area, puo’ derogare alle disposizioni contenute nel Decreto del Presidente della Repubblica n. 497 del 1994, nel rispetto del principio di selettivita’ (Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 52, comma 1 bis);
che le peculiarita’ delle selezioni interne destinate a consentire alle amministrazioni di valorizzare le professionalita’ gia’ inserite nella organizzazione dell’Ente, nei limiti in cui sono concesse (Corte Costituzionale n. 363 del 2006; Cass. n. 25194 del 2016), non consentono, infatti, di equipararle alle procedure concorsuali disciplinate dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 487 del 1994, recante le norme sull'”accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalita’ di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi”;
che il riferimento testuale all'”accesso agli impieghi” non ha altro significato che quello di disciplinare le modalita’ di espletamento delle procedure preordinate alla costituzione ex novo dei rapporti di lavoro (come le procedure aperte a candidati esterni, ancorche’ vi partecipino soggetti gia’ dipendenti pubblici) e dei procedimenti concorsuali interni, destinati a consentire l’inquadramento dei dipendenti in aree funzionali o categorie piu’ elevate, profilandosi in tal caso una novazione oggettiva dei rapporti di lavoro con le quali il singolo soggetto interessato aspira a conseguire l’ingresso nella pianta organica dei posti delle aree diverse da quella di appartenenza; che la Corte territoriale non ha fatto corretta applicazione dei principi innanzi richiamati perche’, partendo dall’assunto, erroneo, che venivano in rilievo i poteri autoritativi della Pubblica Amministrazione e non la disciplina dei diritti e degli obblighi inerenti al rapporto di lavoro, ha ritenuto nulla la clausola del CCI, recepita nel bando della procedura dedotta in giudizio, sul rilievo della inderogabilita’ assoluta del Decreto del Presidente della Repubblica n. 497 del 1994 anche con riguardo alla procedura dedotta in giudizio, riservata al personale interno e finalizzata alla mera progressione all’interno delle posizioni individuate nella medesima area (passaggio alla posizione B2), senza accertare la conformita’ o meno della clausola del CCI alla disciplina contenuta nel CCNL, abilitato, per quanto innanzi osservato, a disciplinare la procedura dedotta in giudizio;

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