Corte di Cassazione, sezione lavoro, ordinanza 8 gennaio 2018, n. 214. La disciplina delle procedure selettive interne finalizzate alla mera progressione economica è affidata alla contrattazione collettiva

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che il primo motivo di ricorso e’ infondato nella parte in cui il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 101 e 102 c.p.c. perche’, qualificata la domanda dalla Corte territoriale come volta al mero riconoscimento del diritto degli odierni controricorrenti a partecipare alla procedura concorsuale dalla quale era stati esclusi, senza contenuto demolitorio tale da produrre effetti nei confronti di altri soggetti, non sussisteva l’obbligo di integrare il contraddittorio;
che, al riguardo, il Collegio ritiene di dare continuita’, condividendoli, ai principi ripetutamente affermati da questa Corte, secondo cui, sia con riguardo al lavoro subordinato privato, sia con riguardo al lavoro contrattuale alle dipendenze di amministrazioni pubbliche, in presenza di selezioni concorsuali e di contestazioni sulla legittimita’ del procedimento, il giudizio deve svolgersi in contraddittorio degli altri partecipanti al concorso, coinvolti dai necessari raffronti, solo nel caso in cui il soggetto pretermesso domandi l’accertamento giudiziale del suo diritto ad essere inserito nel novero dei prescelti per il conseguimento di una determinata utilita’ (promozioni, livelli retributivi, trasferimenti, assegnazioni di sede, ecc.), con conseguente obbligo del giudice, ove riscontri la non integrita’ del contraddittorio, di ordinarne l’integrazione nei confronti di tutti i controinteressati; tale integrazione invece non e’ necessaria quando l’attore non chieda la dichiarazione di inefficacia della selezione e la riformulazione della graduatoria, ma faccia valere pretese compatibili con i risultati della selezione, dei quali non deve attuarsi la rimozione (Cass. 988/2017, 14914/2008, 17324/2005, 12128/1998, 11943/1992);
che la sentenza impugnata, conformemente all’interpretazione della domanda offerta dalla medesima Corte di Appello, non ha pronunciato alcun provvedimento che avrebbe potuto pregiudicare gli altri concorrenti;
che il primo motivo e’ inammissibile nella parte in cui il ricorrente addebita alla Corte territoriale di avere errato nella individuazione del “thema decidendum” perche’ nel ricorso non e’ stato riprodotto il contenuto degli atti introduttivi del giudizio, i quali non risultano allegati e nemmeno ne risulta specificata la sede di produzione (Cass. SSUU 8077/2012 e 22726/2011; Cass. 13713/2015, 2630/2014, 19157/2012, 6937/2010); che il secondo motivo e’ fondato nella parte in cui censura la statuizione che ha affermato la inderogabilita’ delle disposizioni contenute nel Decreto del Presidente della Repubblica n. 487 del 1994 da parte della contrattazione collettiva integrativa in relazione alla procedura dedotta in giudizio, finalizzata al mero passaggio ad una diversa posizione nell’ambito della medesima area;
che va ribadito che la procedura selettiva pubblica, imposta per l’accesso all’impiego dall’articolo 97 Cost., e’ quella che di regola garantisce la selezione dei pi’u’ capaci e meritevoli, funzionale alla attuazione dei principi di efficienza e buon andamento della pubblica amministrazione; la deroga al principio generale del concorso pubblico e’, quindi, consentita solo in presenza di “peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico” (Corte Cost. 9.11.2006 n. 363; Cass. 25194/2016), che giustifichino il ricorso alla procedura riservata, perche’ correlate anch’esse al fine di assicurare la funzionalita’ e l’efficienza dell’agire amministrativo;

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