Corte di Cassazione, sezione lavoro, ordinanza 30 gennaio 2018, n. 2293. Escluso il riconoscimento del diritto alla restituzione delle indebite trattenute in busta paga per l’auto aziendale

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che la ricorrente deduce violazione dell’articolo 2119 c.c., per esclusione della giusta causa delle dimissioni del lavoratore con qualifica dirigenziale, non ricavabile ipso facto dal denunciato inadempimento datoriale del mancato pagamento di tre mensilita’ di retribuzioni, senza un adeguato approfondimento della sua effettiva incidenza nella sfera non soltanto economica del predetto, ma anche di complessivo disagio esistenziale, al fine di accertamento di un inadempimento di gravita’ tale da minarne la fiducia nella societa’ datrice (primo motivo); violazione degli articoli 2099, 1375 e 1362 c.c. e contraddittorieta’ di motivazione, per l’errato riconoscimento di un risarcimento del danno per la mancata assegnazione dei c.d. Premi MBO per gli anni 2008 e 2009, nell’inesistenza di un diritto del lavoratore ad una retribuzione variabile, in base ad una previsione contrattuale in assenza di individuazione di criteri e di assegnazione di obiettivi, con contraddittorio ragionamento rispetto alla ravvisata idoneita’ probatoria per l’accertamento del suo diritto alla percezione dei premi aziendali relativi all’anno 2007 (secondo motivo); violazione degli articoli 2099 e 1226 c.c., articolo 112 c.p.c. e contraddittorieta’ di motivazione, per vizio di ultrapetizione a fronte della generica domanda risarcitoria del lavoratore, qualificata come perdita di chance e per suo erroneo accoglimento in difetto di prova di un probabile conseguimento degli obiettivi non assegnati, con determinazione infine del quantum in base a documentazione relativa all’anno 2007 inidonea (terzo motivo); violazione dell’articolo 2099 c.c., per riconoscimento dell’uso dell’autovettura aziendale, determinato in Euro 5.817,96, a titolo di emolumento per le mensilita’ da ottobre 2008 a settembre 2009, senza accertarne la concessione per finalita’ esulanti l’attivita’ lavorativa ovvero per motivi esclusivamente di servizio e pertanto se a titolo retributivo ovvero risarcitorio (quarto motivo);
che ritiene il collegio che il primo motivo sia inammissibile;
che la violazione denunciata deve essere esclusa, in difetto di una situazione sindacabile sotto il profilo della violazione o falsa interpretazione di legge, quale il giudizio applicativo di una norma cd. “elastica” (quale e’ indubbiamente la clausola generale della giusta causa), che indichi solo parametri generali e pertanto presupponga da parte del giudice un’attivita’ di integrazione giuridica della norma, a cui sia data concretezza ai fini del suo adeguamento ad un determinato contesto storico – sociale (Cass. 15 aprile 2016, n. 7568; Cass. 2 settembre 2016, n. 17539): in tal caso ben potendo il giudice di legittimita’ censurare la sussunzione di uno specifico comportamento del lavoratore nell’ambito della giusta causa (piuttosto che del giustificato motivo di licenziamento), in relazione alla sua intrinseca lesivita’ degli interessi del datore di lavoro (Cass. 18 gennaio 1999, n. 434; Cass. 22 ottobre 1998, n. 10514);
che la Corte di cassazione puo’ sindacare l’attivita’ di integrazione del precetto normativo compiuta dal giudice di merito, a condizione che la contestazione del giudizio valutativo operato in sede di merito non si limiti ad una censura generica e meramente contrappositiva, ma contenga, invece, una specifica denuncia di incoerenza del predetto giudizio rispetto agli standards, conformi ai valori dell’ordinamento, esistenti nella realta’ sociale (Cass. 26 aprile 2012, n. 6498; Cass. 2 marzo 2011, n. 5095);
che il giudizio sull’idoneita’ della condotta del datore di lavoro a costituire giusta causa delle dimissioni del lavoratore (che costituisce l’oggetto dell’odierna censura) si risolve in un accertamento di fatto demandato al giudice di merito, come tale insindacabile in sede di legittimita’ se sorretto da congrua motivazione (Cass. 11 febbraio 2000,n. 1542; Cass. 18 ottobre 2002, n. 14829): tanto piu’ nel regime del novellato articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis, preclusivo nel giudizio di cassazione dell’accertamento dei fatti ovvero della loro valutazione a fini istruttori: Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. 10 febbraio 2015, n. 2498; Cass. 26 giugno 2015, n. 13189; Cass. 21 ottobre 2015, n. 21439);

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