Corte di Cassazione, sezione prima civile, sentenza 26 gennaio 2018, n. 2038. Compete anche al socio-amministratore di s.r.l. il diritto, previsto dall’articolo 2476 c.c., comma 2, di ricevere notizie sullo svolgimento degli affari sociali e di consultare i libri ed i documenti relativi alla gestione societaria compiuta dagli altri amministratori

segue pagina antecedente
[…]

1. – Il ricorso e’ affidato a sette complessi motivi, i quali propongono censure riassumibili come segue:
1) violazione dell’articolo 111 Cost. e articolo 132 c.p.c., comma 1, n. 4, con nullita’ della sentenza, per avere la corte d’appello dapprima escluso il conflitto d’interessi e lo scopo di avvantaggiare la famiglia (OMISSIS) con la conclusione del contratto di concessione in uso della palestra all’associazione, e poi invece ravvisato la responsabilita’ dei medesimi;
2) violazione o falsa applicazione dell’articolo 11 preleggi, articoli 1393, 2392 e 2487 c.c., articolo 81 c.p.c., in quanto la condotta risaliva al 2002, con conseguente inapplicabilita’ dell’articolo 2476 c.c. e difetto di legittimazione del singolo socio all’azione sociale di responsabilita’; in subordine, dall’importo del danno avrebbero dovuto comunque essere detratti i canoni risalenti al periodo anteriore al 1 gennaio 2004, importo pari ad almeno Euro 82.431,90;
3) violazione o falsa applicazione dell’articolo 2476 c.c., nonche’ dell’articolo 26 dello statuto e articoli 1362 c.c. e segg., oltre ad omesso esame di fatto decisivo, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, perche’: i quattro soci-amministratori avevano sempre condiviso le scelte di gestione, approvando i progetti ed i bilanci dal 2001 al 2005, senza mai proporre la disdetta del contratto di concessione in gestione della palestra, onde ritenere il contrario implica un’indebita ingerenza giudiziale nelle scelte d’impresa; la sentenza impugnata ha violato il principio di pari responsabilita’ di tutti gli amministratori, posto dell’articolo 2476 c.c., comma 1; l’affermazione, secondo cui il dissenso dei due soci (OMISSIS) non avrebbe inciso sulla situazione sociale, e’ mera congettura, anche per l’errata interpretazione che la corte del merito opera con riguardo all’articolo 26 dello statuto sociale, il quale attribuisce la prevalenza al voto di “chi presiede” solo in caso di parita’, fatto decisivo non esaminato dalla sentenza impugnata, onde chi presiede ben puo’ essere soggetto diverso dal presidente del c.d.a.; il legale rappresentante (OMISSIS) non e’ responsabile per il mero fatto di rivestire tale qualita’, essendosi attenuto a scelte condivise da tutto il c.d.a., alle cui riunioni solo dal 2006 i (OMISSIS) hanno inteso disertare;
4) omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, consistente nei ragguardevoli pagamenti nel corso negli anni effettuati dall’associazione; inoltre, ormai il credito e’ stato recuperato mediante scrittura privata del 24 settembre 2012, allegata al ricorso per cassazione, con la quale il credito de quo e’ stato dalla societa’ ceduto alla (OMISSIS) s.r.l. dietro corrispettivo costituito dal maggior credito di Euro 519.572,68 vantato dalla cessionaria verso la cedente;
5) omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nonche’ violazione dell’articolo 2467 c.c. (rectius articolo 2476), comma , per avere la corte del merito ritenuto provati gli ostacoli frapposti al diritto di ispezione dei soci, trattandosi del resto di documenti del tutto ininfluenti e formati nel 2007-2008, mentre tale diritto non spetta ai soci amministratori;
6) violazione o falsa applicazione degli articoli 2476, 2727 e 2729 c.c., dato che nessuna azione esecutiva contro l’associazione, come invece opinato dalla corte territoriale, avrebbe potuto essere esperita sulla base di mere fatture relative ai canoni concessori, e, comunque, non sussistendo nessun dovere del creditore di agire in giudizio, trattandosi di una mera facolta’; inoltre, per affermare la solvibilita’ dell’associazione, la corte del merito ammette di avere operato un “esame sommario” della contabilita’, per desumerne come poco verosimile che all’aumento delle spese per la palestra non corrispondessero anche maggiori incassi, ed operando un prasumptum de praesumpo non ammesso;
7) violazione o falsa applicazione degli articoli 1223 c.c. e segg. e dei vigenti principi in materia risarcitoria, oltre ad omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in quanto la corte del merito: non ha fatto applicazione della regola secondo cui il danno da mala gestio va liquidato nella differenza tra attivo e passivo, nella specie pari solo ad Euro 71.000,00; non ha accertato l’irrecuperabilita’ del credito, anzi risultando che nella riunione consiliare del 29 giugno 2007 fu deciso il mero abbattimento contabile del credito stesso; non ha detratto il credito non riscosso sino al 2005, quando cio’ corrispondeva alla volonta’ condivisa tra i soci; non ha esaminato il fatto decisivo della mera natura contabile dell’abbattimento del credito, stabilito in quella sede, posto che esso oramai era irrealizzabile, come accertato anche dal Tribunale di Vigevano nel giudizio di scioglimento della societa’, onde nel progetto di bilancio fu ipotizzata la svalutazione prudenziale del credito medesimo mediante un “fondo svalutazione ex articolo 2426 c.c.”, tenuto conto del fattore temporale e del valore di presumibile realizzo; ha reputato la somma un debito di valore, laddove il mancato incasso di denaro costituisce un debito di valuta.
2. – Il primo motivo e’ manifestamente infondato.
L’esaustiva motivazione della corte del merito assolve compiutamente al dettato costituzionale, senza contraddizioni di sorta: basti, al riguardo, il rilievo essenziale che l’esclusione degli elementi costitutivi della fattispecie del conflitto d’interessi e’ stata dalla sentenza impugnata argomentata con riguardo alla conclusione in se’ del contatto di cessione in uso della palestra, non alla condotta di inadempimento – la mancata riscossione del credito maturato per i canoni della concessione in gestione della azienda – da essa nella restante parte della motivazione imputata ai (OMISSIS).
3. – Il secondo motivo e’ manifestamente infondato.
La sentenza impugnata, esaminate le plurime condotte imputate ai convenuti, e’ infine pervenuta ad accertare la mala gestio dei medesimi con riguardo ad un unico comportamento omissivo: la mancata riscossione dell’ingente credito, maturato in capo alla societa’ amministrata a titolo di canoni per la concessione in uso dell’azienda sociale alla predetta associazione.
Essa ha collocato temporalmente la certezza di tale inadempimento – nell’ambito del potere-dovere di accertamento dei fatti riservato insindacabilmente al giudice del merito – nell’anno 2006: allorquando la societa’, rappresentata da (OMISSIS), in luogo che agire per la riscossione, si limito’ a prendere atto della dichiarazione, resa in una lettera da (OMISSIS), sorella del primo e legale rappresentante dell’associazione, di non disporre “neppure parzialmente delle risorse necessarie per adempiere” (cfr. pag. 8 della sentenza impugnata).
La corte del merito ha accertato, invero, che solo due lettere furono scambiate tra la societa’ e l’associazione, rispettivamente rappresentate da fratello e sorella, entrambe nell’anno 2006, in cui dunque la seconda dichiarava di non poter adempiere ed il primo ne prendeva atto, senza il neppur minimo tentativo di recuperare il credito. Ha, inoltre, precisato che i due fratelli (OMISSIS) gestirono autonomamente la fase esecutiva del contratto, rinunciando al credito vantato dalla (OMISSIS) s.r.l. nei confronti dell’associazione, di cui era legale rappresentante la sorella (OMISSIS), per il solo fatto che questa aveva manifestato difficolta’ economiche a pagare ed omettendo di intraprendere qualsiasi azione recuperatoria; e che essi provvidero, invece, in tale situazione, a proporre l’abbattimento contabile del credito in bilancio, nella riunione del consiglio di amministrazione del 29 giugno 2007, che ne esamino’ il progetto.
Ne deriva, in definitiva, l’applicabilita’ al caso di specie dell’articolo 2476 c.c., nel testo risultante dalla riforma di cui al Decreto Legislativo n. 6 del 2003.

segue pagina successiva in calce all’articolo
[…]

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *