Corte di Cassazione, sezione prima civile, ordinanza 6 febbraio 2018, n. 2810. Lo stato di insolvenza non è escluso dal fatto che l’attivo superi il passivo, ma è sufficiente non avere i fondi per sostenere la procedura di concordato richiesta

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Inammissibili, poi, in quanto questioni nuove non oggetto di alcuno fra i motivi di reclamo, si mostrano le doglianze riferite alla dedotta funzione di mera “garanzia” degli assegni consegnati al creditore istante, nonche’ al mancato superamento della soglia rilevante L. Fall., ex articolo 15, u.c. dell’unico, fra gli assegni rilasciati dalla debitrice, portati al protesto.
3. Il quinto motivo e’ infondato.
Al riguardo va anzitutto ricordato che lo stato di insolvenza richiesto ai fini della pronunzia dichiarativa del fallimento dell’imprenditore, non e’ escluso dalla circostanza che l’attivo superi il passivo e che non esistano conclamati inadempimenti esteriormente apprezzabili.
In particolare, il significato oggettivo dell’insolvenza, che e’ quello rilevante agli effetti della L. Fall., articolo 5, deriva da una valutazione circa le condizioni economiche necessarie (secondo un criterio di normalita’) all’esercizio di attivita’ economiche, si identifica con uno stato di impotenza funzionale non transitoria a soddisfare le obbligazioni inerenti all’impresa e si esprime, secondo una tipicita’ desumibile dai dati dell’esperienza economica, nell’incapacita’ di produrre beni con margine di redditivita’ da destinare alla copertura delle esigenze di impresa (prima fra tutte l’estinzione dei debiti), nonche’ nell’impossibilita’ di ricorrere al credito a condizioni normali, senza rovinose decurtazioni del patrimonio.
Va soggiunto che il convincimento espresso dal giudice di merito circa la sussistenza dello stato di insolvenza costituisce apprezzamento di fatto, come tale incensurabile in cassazione ove sorretto da motivazione esauriente e giuridicamente corretta (Cass. 27/03/2014, n. 7252).
La corte d’appello, nella sentenza qui impugnata, con un apprezzamento coerente che si sottrae a censure di sorta, ha inteso valorizzare, da un lato, la circostanza che la societa’ debitrice avesse proposto domanda di concordato, cosi’ riconoscendo almeno l’esistenza di uno “stato di crisi” in cui la medesima versava e, dall’altro, la plateale sua incapacita’ di sostenere, anche nella misura di una quota in percentuale, le spese necessarie per la procedura alla quale pure aveva chiesto di accedere e che avrebbe scongiurato la dichiarazione di fallimento.
4. Le spese seguono la soccombenza tra le parti costituite.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente alla rifusione in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate in complessivi Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

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