Corte di Cassazione, sezione terza civile, sentenza 13 febbraio 2018, n. 3430. La nullità dell’opposizione per ritardo o incompletezza è sanabile per raggiungimento dello scopo, spetta dunque al destinatario attivarsi per prendere piena conoscenza dell’atto

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17. Ed invero, al riguardo, si consideri che, a differenza delle opposizioni all’esecuzione (in cui si contesta lo stesso diritto del creditore ad agire in via esecutiva e cioe’ l’an exsequendum sit), con le opposizioni agli atti esecutivi (o formali o di rito), ex articoli 617 e 618 c.p.c., si contesta la regolarita’ formale – o, per alcuni di essi che sono espressione di una valutazione discrezionale del g.e., l’inopportunita’, stando all’elaborazione giurisprudenziale dell’istituto – di uno degli atti del processo esecutivo o di quelli ad esso prodromici (cioe’ preliminari e preparatori, ma strettamente collegati), come di titolo esecutivo o precetto o della notificazione dell’uno e dell’altro. E’ corrente l’affermazione che oggetto delle opposizioni formali sia quindi il difetto di presupposti procedimentali o formali e, per i detti atti espressione di valutazioni discrezionali del g.e., anche di quello specifico presupposto che e’ l’opportunita’ del provvedimento in se’ considerato: pertanto, con espressione oramai appartenente alla tradizione giuridica nazionale, con queste opposizioni si contesta (solo) il quomodo (exsequendum sit). D’altra parte, la peculiarita’ dell’opposizione formale sta in cio’, che si instaura descrittivamente, si innesta – un incidente cognitivo (cioe’ corrispondente strutturalmente ad un processo di cognizione ordinario) nel corso ed in funzione di un processo, quale quello esecutivo, che cognitivo certamente non e’.
18. In questo contesto, l’agilita’ delle forme procedimentali esige dai soggetti del processo esecutivo un peculiare onere di diligenza, avente ad oggetto l’acquisizione della consapevolezza dello sviluppo del processo medesimo, sicche’, avuta conoscenza anche informale o in via di mero fatto dell’esistenza di un atto di quello che si reputi o si sospetti viziato, e’ onere di chi intende renderlo oggetto di opposizione formale prenderne conoscenza nel tempo utile a formulare le sue difese.
19. Una tale peculiarita’ non e’, del resto, tipica o propria esclusivamente del processo esecutivo, dandosi anche nel rito civile di cognizione casi in cui un rimedio, per di piu’ tipicamente impugnatorio, e’ concesso alla parte con fissazione della decorrenza del relativo termine anche solo dalla comunicazione, che cosi’ almeno in origine normalmente non era integrale, del provvedimento censurato: e’ questa l’ipotesi del regolamento necessario di competenza, ai sensi degli articoli 43 e 47 cod. proc. civ., in ordine al termine per proporre il quale la consolidata giurisprudenza di legittimita’ ha sempre ritenuto del tutto sufficiente anche una menzione imprecisa o incompleta del tenore del provvedimento stesso ed addossato all’impugnante il conseguente onere di provare l’inidoneita’ all’acquisizione della notizia di quello (fin dalla remota Cass. 27/07/1967, n. 1997, che ravviso’ l’inidoneita’, al fine di escludere la decorrenza del termine, nella carenza di qualsiasi menzione, nella comunicazione, della circostanza che vi era stata una pronunzia sulla competenza; ovvero da Cass. 24/05/2000, n. 6776, che si accontenta della presenza di estremi identificativi sufficienti all’individuazione del provvedimento e del fatto che esso ha pronunciato sulla competenza; l’orientamento e’ del tutto consolidato, come si desume, a contrario, da: Cass. 15/05/2000, n. 6232; Cass. 07/07/2004, n. 12462; Cass. 13/02/2006, n. 3077; Cass. ord. 12/03/2009, n. 6050; Cass. 27/09/2011, n. 19754).
20. Ne consegue che gia’ in ordine alla contestazione della pronuncia sulla competenza contenuta in un provvedimento normalmente decisorio la reazione dell’impugnante era, fin dall’impostazione codicistica originaria, soggetta a termini piu’ stringenti decorrenti dall’attivita’ ufficiosa – evidentemente, per la peculiarita’ della questione risolta, incapace di incidere sul merito di qualsiasi questione controversa – e tale da postulare tuttora l’attivita’ di previa diligente acquisizione di piena conoscenza del contenuto dell’atto entro il complessivo termine: modulandosi quindi i tempi e le forme dell’esercizio del diritto di contestare il provvedimento giurisdizionale in funzione della sua natura e della struttura del processo in cui e’ reso, fino ad esigere appunto oneri di diligenza del potenziale impugnante, ad evidente garanzia della ragionevole durata; e tali oneri sono tanto maggiori quanto minore e’ l’impatto diretto su questioni di diritto sostanziale, si’ da essere collegati ad attivita’ ufficiose normalmente indefettibili, quali la comunicazione ad opera della cancelleria del provvedimento del giudice (anziche’, quale regola generale delle impugnazioni civili, dall’iniziativa della controparte o dal decorso del termine c.d. lungo).
21. Tale conclusione si attaglia, appunto, alle pronunce di incompetenza del giudice della cognizione od agli atti del giudice dell’esecuzione in generale; ma e’ a maggior ragione applicabile alle ipotesi in cui si tratti di atti del giudice dell’esecuzione che abbiano ad oggetto proprio questioni di competenza, per cosi’ dire assommando in tal caso le caratteristiche delle due tipologie: infatti, il provvedimento del giudice dell’esecuzione che abbia per di piu’ il contenuto di pronuncia sulla competenza del medesimo quanto al processo esecutivo, ciononostante ricondotto – secondo la giurisprudenza ricordata sopra al punto 10 – al novero degli atti opponibili ai sensi dell’articolo 617 cod. proc. civ., non puo’ essere – a meno di un’irragionevole ed illegittima differenziazione del trattamento di situazioni processuali analoghe – soggetto a forme di tutela piu’ ampie anche solo sotto il profilo delle modalita’ di conoscenza – ne’ delle pronunce di incompetenza del giudice della cognizione, ne’ di ogni altro atto esecutivo, singolarmente presi le une e gli altri, ma soggiace alle stesse regole, piu’ stringenti rispetto all’impugnazione in senso proprio di provvedimenti decisori sul merito o su altre questioni di rito, quanto alle modalita’ di estrinsecazione della tutela.
22. Puo’ concludersi allora che la peculiare funzione degli atti del processo esecutivo comporta la sufficienza, per attivare tale onere, che dell’atto della cui legittimita’ (o, quando ammesso, opportunita’) si dubita si sia avuta una conoscenza anche appunto sommaria o in via di mero fatto, desunta dalla piu’ piena conoscenza di altro atto che quello presupponga: dovendo ricostruirsi il termine complessivo, significativamente aumentato dagli originari – talvolta difficilmente esigibili – cinque agli attuali venti giorni, come idoneo a consentire non solo l’esame diretto dell’atto oggetto di comunicazione, effettivamente possibile solo quando quest’ultima sia stata integrale, ma anche l’attivazione di ogni utile preventiva diligenza per acquisire gli elementi su cui procedere alla sua valutazione del medesimo e della conseguente opportunita’ di renderlo oggetto di opposizione.

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