Non possono essere riunite le due procedure concordatarie, al fine di far ricorrere il termine a ritroso previsto dalla legge fallimentare.

Corte di Cassazione, sezione prima civile, Sentenza 6 giugno 2018, n. 14671.

Sentenza 6 giugno 2018, n. 14671

Data udienza 9 marzo 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere

Dott. VELLA Paola – Consigliere

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 27432/2013 proposto da:
(OMISSIS) in liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore, e (OMISSIS), nella qualita’ di socio accomandatario illimitatamente responsabile della predetta societa’, elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) (c/o Legalitax Studio Legale e Tributario), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), in Liquidazione e del Socio illimitatamente responsabile (OMISSIS), in persona del curatore Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
contro
(OMISSIS) S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
contro
(OMISSIS) S.r.l., (OMISSIS) S.r.l.;
– intimate –
contro
(OMISSIS) S.p.a., per incorporazione della (OMISSIS) s.p.a. nella (OMISSIS) s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato Rea Claudio, giusta procura in calce all’atto di costituzione;
– resistente –
avverso la sentenza n. 3879/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 25/10/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/03/2018 dal cons. FALABELLA MASSIMO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale SALVATO LUIGI che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito, per i ricorrenti, l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento;
udito, la resistente, per l’Avvocato (OMISSIS), con delega, che ha chiesto il rigetto.
FATTI DI CAUSA
1. – Su istanza dei creditori di seguito indicati, il Tribunale di Lecco dichiarava, in data 28 maggio 2013, il fallimento della societa’ (OMISSIS), oltre che dello stesso (OMISSIS), quale socio accomandatario. La sentenza era pronunciata previa declaratoria dell’inammissibilita’ della domanda di concordato preventivo presentata dalla societa’ e dal socio predetto.
2. – La sentenza era oggetto di reclamo, che la Corte di appello di Milano respingeva.
3. – Per la cassazione di quest’ultima pronuncia ricorrono (OMISSIS) e (OMISSIS): l’impugnazione si fonda su di un unico motivo. Hanno notificato controricorso la curatela del fallimento della societa’ e del socio illimitatamente responsabile, che ha pure depositato memoria, e (OMISSIS) s.p.a., mentre (OMISSIS) s.p.a. ha partecipato alla discussione orale; non hanno invece svolto attivita’ difensiva nella presente sede gli altri creditori istanti, (OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS) s.r.l..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – I ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione della L.Fall., articolo 168, comma 3, (Regio Decreto n. 267 del 1942) per avere il Tribunale di Lecco, prima, e la Corte di appello di Milano, poi, fatto decorrere il termine di novanta giorni previsto dalla citata disposizione individuando il relativo dies a quo nella seconda domanda di concordato preventivo proposta dall’odierna ricorrente il 29 aprile 2013, mentre il detto termine avrebbe dovuto decorrere dalla prima domanda di concordato, presentata il 25 febbraio 2012: con cio’ sarebbe stato violato, ad avviso dei ricorrenti, il principio di diritto (di matrice giurisprudenziale, e fatto proprio anche dal legislatore) della cosiddetta consecuzione delle procedure concorsuali. Ritengono in sintesi gli istanti che, in presenza della medesima situazione di insolvenza, il detto principio debba trovare applicazione, e cio’ indipendentemente dal fatto che si pervenga o meno alla successiva declaratoria di fallimento. In conseguenza, laddove, come nella fattispecie, si siano succedute due procedure concordatarie, il termine suddetto di novanta giorni, previsto dalla L.Fall., articolo 168, comma 3, dovrebbe essere conteggiato dall’introduzione del primo procedimento concorsuale col quale il debitore nella condizione di insolvenza abbia tentato di dare risposta al ceto creditorio.
2. – Per precisare i contorni della questione controversa occorre far riferimento ai termini in cui si e’ svolta la procedura concorsuale.
Il 25 maggio 2012 gli odierni ricorrenti depositavano ricorso per l’ammissione alla procedura di concordato. Quest’ultima veniva aperta; in seguito ai rilievi formulati dal commissario giudiziale, il quale evidenziava che le ipoteche iscritte poco prima della presentazione del ricorso dovevano ritenersi efficaci nei confronti dei creditori, i ricorrenti ottenevano un rinvio per avviare una trattativa con i creditori ipotecari e, stante il rifiuto di questi di dismettere il loro diritto di prelazione, oltre che della constatata impossibilita’ di reperire nuova finanza, dichiaravano di rinunciare al concordato. Contestualmente a detta rinuncia presentavano una nuova domanda di ammissione al concordato al fine di potersi avvalere delle modifiche introdotte con la L. n. 134 del 2012 e, segnatamente di quanto disposto dal novellato L.Fall., articolo 168, comma 3, nella parte in cui stabilisce che le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni che precedono la data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato. L’applicazione della norma alla prima procedura concordataria era invocata avendo riguardo al principio della consecuzione delle procedure concorsuali: in tal senso, secondo gli istanti, il termine di novanta giorni avrebbe dovuto computarsi a ritroso non gia’ dalla seconda domanda di ammissione al concordato, ma dalla prima.
Il Tribunale di Lecco ha reputato per contro inammissibile la seconda domanda di concordato avendo riguardo all’affermata impossibilita’ di assoggettare alla falcidia concordataria i creditori muniti di ipoteca: ha ritenuto che la modificazione introdotta con la L. n. 134 del 2012 trovasse applicazione con riferimento alle sole procedure introdotte dopo la data dell’11 settembre 2012 e ha escluso che l’invocato principio di consecuzione delle procedure concorsuali, operante nel caso di successione tra concordato e fallimento, fosse estensibile all’ipotesi di successione di due procedure di concordato.
La Corte di appello ha confermato la pronuncia, condividendone, in buona sostanza, l’iter argomentativo: ha osservato, in particolare, che ove vengano in questione due procedure concordatarie le stesse non si prestano ad una reductio ad unum, posto che esse “non sono interdipendenti, e percio’ non (sono) consecutive, e quindi neppure collegate funzionalmente”.
3. – Cio’ posto, il motivo e’ infondato, e cosi’ il ricorso.
3.1. – I ricorrenti invocano il principio di consecuzione delle procedure concorsuali (ritenendolo estensibile al caso in cui a una procedura concordataria ne segua altra) al dichiarato scopo di far decorrere il termine a ritroso previsto dalla L.Fall., articolo 168, comma 3, (nel testo modificato dal Decreto Legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, in L. n. 134 del 2012) dalla prima domanda di concordato, depositata, come si e’ visto, il 25 maggio 2012.
Nondimeno, in base all’articolo 33, comma 3, del nominato decreto legge, la disposizione introdotta da quest’ultimo si applica ai procedimenti di concordato preventivo introdotti dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione. Cio’ implica che rispetto alla prima domanda di concordato, che e’ stata proposta in epoca antecedente all’entrata in vigore della legge di conversione, la sanzione di inefficacia che colpisce le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni anteriori alla pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese non possa in alcun modo operare. In altri termini, l’invocata – e contestata – applicabilita’ del principio di consecuzione all’ipotesi di procedure concordatarie in rapporto di successione non potrebbe comunque portare a valorizzare la situazione esistente al momento in cui fu pubblicato il primo ricorso, giacche’ la disciplina di cui al cit. articolo 33, comma 3, esclude chiaramente che l’inefficacia delle ipoteche giudiziali contemplata dal novellato articolo 168, comma 3, si configuri con riguardo alle domande di concordato introdotte prima dell’11 settembre 2012.
3.2. – In ogni caso, anche a voler prescindere dalla particolarita’ della fattispecie in esame, la tesi di parte ricorrente non merita condivisione. Il principio di consecuzione ha un proprio, preciso, fondamento applicativo. Questa Corte ha rilevato in particolare, che ove, a seguito di una verifica a posteriori, venga accertato, con la dichiarazione di fallimento dell’imprenditore, che lo stato di crisi in base al quale e’ stata chiesta l’ammissione al concordato preventivo era in realta’ uno stato di insolvenza, l’efficacia della sentenza dichiarativa di fallimento, intervenuta a seguito della declaratoria di inammissibilita’ della domanda di concordato preventivo, deve essere retrodatata alla data di presentazione di tale domanda, “atteso che la ritenuta definitivita’ anche della insolvenza che e’ alla base della procedura minore, come comprovata, ex post, dalla sopravvenienza del fallimento, e, quindi, l’identita’ del presupposto, porta ad escludere la possibilita’ di ammettere, in tal caso, l’autonomia delle due procedure” (cosi’ Cass. 6 agosto 2010, n. 18437; per l’applicazione del principio in tema di revocatoria, con riferimento a fattispecie non disciplinate dalla L.Fall., articolo 69 bis, comma 2, cfr. ad es. Cass. 13 aprile 2016, n. 7324 e Cass. 28 maggio 2012, n. 8439).
Del tutto diversa e’ l’evenienza che qui viene in discorso. Nel presente giudizio si dibatte, infatti, della relazione tra due distinte procedure di concordato e si prescinde dalla dichiarazione di fallimento seguita alla pronuncia di inammissibilita’ della seconda domanda concordataria. Infatti l’intento dei ricorrenti e’ quello di “recuperare” l’inefficacia delle iscrizioni ipotecarie attuate in epoca di poco anteriore all’introduzione della prima domanda (nei novanta giorni di cui alla L.Fall., articolo 168, comma 3) allo scopo di far valere la fattibilita’ giuridica della seconda proposta, la quale prevedeva, al pari della prima, la falcidia dei crediti privilegiati (che tali piu’ non sarebbero, ove operasse la suddetta inefficacia).
L’operazione ermeneutica proposta dagli istanti trova pero’ un primo ostacolo di natura letterale; infatti, l’articolo 168, comma 3, fa riferimento alle ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni che precedono “la data di pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese”: con cio’ univocamente rivelando che l’inefficacia opera avendo riguardo a tale ristretto ambito temporale e in relazione a quella sola domanda di concordato che sia stata resa pubblica nei novanta giorni successivi alla costituzione della garanzia reale.
Un secondo ostacolo e’ da individuare nella finalita’ della norma, la quale vuole evitare che i creditori, avvedutisi dello stato di crisi dell’imprenditore, si muniscano di titoli di prelazione che pregiudichino il buon esito della procedura concorsuale e il successo del piano che e’ gia’ contenuto nel ricorso depositato (e non pubblicato) o e’ comunque in fase di approntamento. Rispetto a tale ratio e’ quindi del tutto irrilevante che, venuta meno la procedura (per inammissibilita’, revoca, rinuncia, mancata approvazione o mancata omologazione del concordato) se ne introduca un’altra:
l’inefficacia delle ipoteche giudiziali e’ funzionale al buon esito del piano con cui voglia attuarsi la proposta contenuta nel ricorso o nel termine fissato dal giudice a norma della L.Fall., articolo 161, comma 6. Essa non opera indefinitamente, in vista di domande di concordato che possano introdursi dopo la chiusura della procedura, giacche’ e’ in funzione di quest’ultima, e in ragione del ristretto arco temporale intercorrente tra la costituzione delle garanzie e la proposizione della domanda, che la nominata inefficacia trova la propria giustificazione.
4. – Il ricorso e’ dunque respinto.
5. – Le spese di giudizio seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie, nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge per la curatela, e in Euro 1.800,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie, nella misura del 15 per cento, ed agli accessori di legge per (OMISSIS); ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

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