E’ ammissibile, ai sensi dell’articolo 266 c.p.p., lettera e), l’autorizzazione alle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni per il reato previsto dal Decreto Legislativo n. 504 del 1955, articolo 40

Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 4 maggio 2018, n. 19189.

E’ ammissibile, ai sensi dell’articolo 266 c.p.p., lettera e), l’autorizzazione alle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni per il reato previsto dal Decreto Legislativo n. 504 del 1955, articolo 40, in quanto lo stesso, consistendo nella sottrazione di prodotti energetici all’accertamento e al pagamento dell’accisa, deve ritenersi compreso nei delitti di contrabbando.

Sentenza 4 maggio 2018, n. 19189
Data udienza 4 aprile 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NICOLA Vito – Presidente

Dott. LIBERATI Giovanni – rel. Consigliere

Dott. DI STASI Antonella – Consigliere

Dott. GAI Emanuela – Consigliere

Dott. ZUNICA Fabio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro;
nel procedimento nei confronti di:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 20/6/2017 del Tribunale di Catanzaro;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Giovanni Liberati;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Di Nardo Marilia, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio;
udito per l’indagato l’avv. (OMISSIS), in sostituzione dell’avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 20 giugno 2017 il Tribunale di Catanzaro, in accoglimento della richiesta di riesame presentata da (OMISSIS), nei confronti della ordinanza del 25 maggio 2017 del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, con cui era stata disposta nei suoi confronti la misura cautelare della custodia in carcere, in relazione ai reati di cui all’articolo 416 c.p., commi 1, 2 e 5, Decreto Legislativo n. 504 del 1995, articolo 40, commi 1, lettera c), e articolo 4 e articolo 483 c.p. (capo A della rubrica provvisoria), e Decreto Legislativo n. 504 del 1995, articolo 40, commi 1, lettera c), e articolo 4 e articolo 483 c.p. (capo B della rubrica provvisoria), ha annullato l’ordinanza impugnata relativamente al reato di cui al capo A e ha sostituito la misura cautelare della custodia in carcere, in relazione al reato di cui al capo B, con quella degli arresti domiciliari.
2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro, lamentando violazione del Decreto Legislativo n. 504 del 1995, articolo 40 e vizio della motivazione.
Ha prospettato l’erroneita’ della ricostruzione del Tribunale, secondo cui il reato di cui al Decreto Legislativo n. 504 del 1995, articolo 40 non rientra tra i delitti di contrabbando, con la conseguente illegittimita’ delle intercettazioni telefoniche disposte e fondanti il quadro indiziario, in quanto sarebbe errata la tesi difensiva, accolta dal Tribunale, secondo cui i reati di contrabbando di cui all’articolo 266 c.p.p., comma 1, lettera e), che consentono l’intercettazione di conversazioni, sono solo quelli contemplati dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 43 del 1973. Tra i reati di contrabbando dovrebbe, invece, ritenersi compreso anche quello di cui al Decreto Legislativo n. 504 del 1995, articolo 40, perche’ consiste nella sottrazione di gasolio (rientrante nella categoria dei prodotti energetici) all’accertamento e al pagamento della accisa, analogamente alla ipotesi delittuosa di cui al Decreto Legislativo n. 504 del 1995, articolo 43, mediante la quale e’ sanzionata la sottrazione di alcol all’accertamento e al pagamento della accisa, che costituisce pacificamente fattispecie speciale di contrabbando. La fattispecie di cui all’articolo 40 citato dovrebbe, dunque, intendersi come contrabbando di carburante, nel quale la persona offesa e’ lo Stato, in quanto vi e’ evasione di imposta, analogamente a quanto avviene nei reati di contrabbando di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 43 del 1973; in tali reati e’ sanzionata la sottrazione di merci ai diritti di confine e, analogamente, il Decreto Legislativo n. 504 del 1995, dopo la riforma compiuta dal Decreto Legislativo n. 48 del 2010, che, all’articolo 1, comma 2, lettera a), ha definito l’accisa come imposizione indiretta sulla produzione o sul consumo di prodotti energetici, dell’alcole etilico e delle bevande alcoliche, dell’energia elettrica e dei tabacchi lavorati, diversa dalle altre imposizioni indirette previste dal titolo 3 del testo unico (sostituendo l’originaria definizione di imposizione indiretta sulla produzione e sui consumi con la denominazione di imposta di fabbricazione o di consumo e corrispondente sovrimposta di confine o di consumo), sanzionerebbe la sottrazione di tali prodotti alla imposizione di fabbricazione o di consumo.
Ha dunque affermato la piena assimilabilita’ tra i tributi di confine e l’imposta di fabbricazione, con la conseguente qualificabilita’ come contrabbando delle condotte di sottrazione degli oli minerali alla imposta di fabbricazione, in quanto le accise dovrebbero essere comprese in quelli che l’art 34 del T.U.L.D. definisce diritti doganali e, in particolare, diritti di confine.
Ha, inoltre, evidenziato che, pur in assenza di una formale iscrizione nel registro delle notizie di reato del delitto di cui all’articolo 416 c.p., sin dall’inizio delle indagini era stata ipotizzata l’esistenza di una associazione criminale, che consentiva l’autorizzazione delle intercettazioni telefoniche e che avrebbe potuto essere rilevata dal giudice per le indagini preliminari sulla base della descrizione dei fatti addebitati agli indagati. La diversa qualificazione dei fatti non avrebbe, poi, impedito di utilizzare le intercettazioni delle conversazioni autorizzate dal giudice per le indagini preliminari.
Ha, inoltre, prospettato l’illogicita’ della motivazione nella parte in cui aveva escluso la sufficienza degli altri elementi di prova acquisiti, costituiti dai sequestri di prodotti petroliferi eseguiti il 30/12/2015, il 25/2/2016, il 8/3/2016, il 14/3/2016 e il 1/9/2016, e dagli esiti della attivita’ di indagine svolta dalla polizia giudiziaria, a consentire di ravvisare un sufficiente quadro indiziario in relazione al reato di cui all’articolo 416 c.p. nei confronti dell’ (OMISSIS) pur in assenza degli esiti delle suddette intercettazioni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato.
2. Questa Corte ha gia’ affermato che l’autorizzazione alle intercettazioni ai sensi dell’articolo 266 c.p.p. e’ consentita per il reato di contrabbando, nel quale deve comprendersi anche quello previsto dal Decreto Legislativo n. 504 del 1995, articolo 43, in quanto consistente nella sottrazione di alcol all’accertamento ed al pagamento dell’accisa.
Si e’ osservato, da una parte, che il tratto caratteristico del contrabbando come si desume dai Decreto del Presidente della Repubblica n. 43 del 1973, articolo 292 – e’ la sottrazione di merci al pagamento dei diritti di confine dovuti; dall’altra, che per accisa si intende “l’imposizione indiretta sulla produzione e sui consumi prevista con la denominazione di imposta di fabbricazione o di consumo e corrispondente sovrimposta di confine o di consumo” (Decreto Legislativo n. 504 del 1995, articolo 1, comma 2, lettera b) e che non sono rilevanti sul punto le modificazioni di tale disposizione introdotte dal Decreto Legislativo 29 marzo 2010, n. 48, articolo 1, comma 1, lettera a) – a seguito delle quali l’accisa continua ad essere definita come “imposizione indiretta sulla produzione o sul consumo dei prodotti energetici, dell’alcole etilico e delle bevande alcoliche”-, considerato, da un lato, che il predetto articolo, anche a seguito delle introdotte modifiche, individua analiticamente le ipotesi dell’imposta dovuta all’importazione e, dall’altro, che il Decreto Legislativo n. 504 del 1995, articolo 43, comma 4, continua a disporre che “L’alcole ed i prodotti alcolici detenuti in condizioni diverse da quelle prescritte si considerano di contrabbando e si applica la pena…” e che in materia di confisca si applicano, ai sensi dell’articolo 44, le disposizioni legislative vigenti in materia doganale (Sez. 3, n. 38024 del 20/06/2013, Rv. 257684; Sez. 3, n. 38430 del 9/07/2008, Rv.241274, non massimata sul punto).
Tale principio, condiviso dal Collegio, trova applicazione, per identita’ di ratio, anche nel caso in esame, nel quale le intercettazioni sono state autorizzate in relazione al reato di cui Decreto Legislativo n. 504 del 1995, articolo 40, consistente anch’esso nella sottrazione di prodotti (oli minerali, soggetti ad accisa ed indicati nell’articolo 21 del predetto decreto) all’accertamento o al pagamento dell’accisa.
In tale disposizione il legislatore ha riunito tutte le condotte illecite aventi ad oggetto gli oli minerali, in precedenza contenuti in numerosi testi di legge (Decreto Legge n. 271 del 1957, articoli 9, 10, 11, 12 e 14; L. 31 dicembre 1962, n. 1852, articolo 20; Decreto Legge n. 46 del 1976, articolo 6; R.Decreto Legge n. 334 del 1939, articoli 22 e 23), inserendole nel piu’ ampio contesto del Testo Unico adottato con il Decreto Legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 che ha riprodotto le principali fattispecie costituenti il sistema sanzionatorio in materia di imposte sulla produzione e sui consumi degli alcoli e degli oli minerali.
La disposizione punisce, quindi, una serie di condotte, tutte accomunate dalla finalita’ di sottrarre il prodotto all’accertamento o al pagamento dell’accisa sugli oli minerali, e precisamente, secondo quanto si legga al comma 1, la condotta di “chiunque”: a) fabbrica o raffina clandestinamente prodotti energetici; b) sottrae, con qualsiasi mezzo, i prodotti energetici, compreso il gas naturale, all’accertamento o al pagamento dell’accisa; c) destina ad usi soggetti a imposta o a maggior imposta prodotti esenti o ammessi ad aliquote agevolate;
d) effettua operazioni di miscelazione non autorizzate dalle quali si ottengono prodotti soggetti ad una accisa superiore a quella assolta sui singoli componenti;
e) rigenera prodotti denaturati per renderne piu’ facile ed elusivo l’impiego in usi soggetti a maggiore imposta; f) detiene prodotti energetici denaturati in condizioni diverse da quelle prescritte per l’ammissione al trattamento agevolato; g) detiene o utilizza prodotti ottenuti da fabbricazioni clandestine o da miscelazioni non autorizzate. Si tratta di meccanismi fraudolenti, utilizzati per evadere l’accisa ed immettere, su un mercato parallelo a quello legale, quantita’ di prodotto petrolifero.
La nozione di contrabbando, nell’ordinamento interno, e’ sempre stata orientata ad indicare l’offesa diretta contro gli interessi finanziari dello Stato e degli enti pubblici minori: cioe’, il delitto fiscale che si compie in evasione dei dazi e delle imposte di produzione e di consumo. Essa, quindi, attiene sia a forme di evasione (attraverso la violazione delle leggi finanziarie impositive di dazi sulle merci estere, nonche’ dei divieti di entrata e di uscita delle stesse nel e dal territorio nazionale), che accedono al contrabbando doganale estero; sia a forme di evasione di altri tributi previsti da leggi finanziarie non doganali, come le imposte di fabbricazione, i monopoli fiscali, le imposte comunali di consumo, che si sostanziano in condotte fraudolente relative ai dazi interni di consumo nonche’ ai monopoli di Stato, il cosiddetto contrabbando interno.
Giova anche ricordare che questa Suprema Corte aveva gia’ chiarito, sia pure a fini diversi, che la sottrazione al pagamento della imposta di fabbricazione sugli oli minerali costituiva contrabbando interno (cfr Sez. 6, n. 10414 del 12/12/1989, dep. 17/07/1990, Rv.184942, con riferimento ad analoga disposizione della pregressa normativa di cui al R.Decreto Legge 28 febbraio 1939, n. 334, articolo 23).
Va, quindi, riaffermato il principio, gia’ stabilito da questa stessa Terza sezione nella sentenza n. 2418 del 2018, non ancora massimata, secondo cui “e’ ammissibile, ai sensi dell’articolo 266 c.p.p., lettera e), l’autorizzazione alle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni per il reato previsto dal Decreto Legislativo n. 504 del 1955, articolo 40, in quanto lo stesso, consistendo nella sottrazione di prodotti energetici all’accertamento e al pagamento dell’accisa, deve ritenersi compreso nei delitti di contrabbando”.
3. Rimanendo cosi’ assorbita ogni ulteriore doglianza, l’ordinanza impugnata va pertanto annullata con rinvio al Tribunale di Catanzaro, che dovra’ procedere a nuovo esame tenendo conto del principio di diritto richiamato.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Catanzaro, Sezione riesame.

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