In tema di omesso versamento Iva in caso di esterovestizione, non vi è un obbligo di cooperazione tra le autorità fiscali se l’attività della Guardia di finanza italiana è ritenuta esaustiva.
Sentenza 22 gennaio 2018, n. 2407
Data udienza 22 settembre 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAVALLO Aldo – Presidente
Dott. GALTERIO Donatella – Consigliere
Dott. GAI Emanuela – Consigliere
Dott. SCARCELLA Alessio – rel. Consigliere
Dott. MENGONI Enrico – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
– (OMISSIS), n. (OMISSIS);
avverso la ordinanza del Tribunale del riesame di MACERATA in data 30/12/2016;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa LORI P., che ha chiesto rigettarsi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 30.12.2016, depositata in data 30.01.2017, il Tribunale del riesame di Macerata confermava il decreto di sequestro preventivo emesso in data 11.11.2016 dal GIP/tribunale di Macerata, rigettando l’istanza di riesame proposta in data 22.12.2016 nell’interesse di (OMISSIS).
2. Giova precisare, per migliore intelligibilita’ dell’impugnazione, che il provvedimento impugnato seguiva l’emissione da parte del GIP di un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, fino a concorrenza dell’importo di Euro 8.480.615,37 per gli anni di imposta dal 2009 al 2015, avente ad oggetto denaro e beni analiticamente indicati nei verbali di esecuzione in atti descritti, nei confronti di (OMISSIS), indagato del reato di omessa dichiarazione IVA Decreto Legislativo n. 74 del 2000, ex articolo 5, nella qualita’ di socio unico e legale rappresentante della (OMISSIS) GMBH.
3. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia di (OMISSIS), iscritto all’Albo speciale ex articolo 613 c.p.p., prospettando cinque motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173 disp. att. c.p.p..
3.1. Deduce, con il primo motivo, il vizio di cui all’articolo 606 c.p.p., lettera b), sotto il profilo della violazione degli articoli 11 e 117 Cost., in relazione all’articolo 49, TFUE, del considerando n.n 4, 5, 7 ed 8, reg. n. 904/2010 direttamente applicabile e del considerando 2 della direttiva 2011/16/UE come recepita dal Decreto Legislativo 4 marzo 2014, n. 29, all’articolo 2, comma 2, ed alla luce del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 5.
In sintesi, sostiene la difesa del ricorrente che l’ordinanza impugnata sarebbe affetta dal vizio di violazione di legge per non essersi attivata la cooperazione internazionale di cui al reg. 904/2010 ai fini della riscossione dell’IVA; dopo aver richiamato il considerando n. 7 del predetto regolamento e l’interpretazione del medesimo fornita dalla sentenza GUE 17.12.2015 in causa C-419/14, sostiene anzitutto il ricorrente che si sarebbero dovute richiedere al Fisco tedesco informazioni al fine di accertare in quale Stato fosse dovuta l’IVA e per avere contezza precisa del tipo di struttura operativa che la societa’ amministrata dall’indagato aveva realizzato in Germania; gli Stati membri, dunque, non possono limitarsi a controllare i contribuenti per l’imposta dovuta nel loro territorio, ma in caso di contestazioni nazionali, devono anche richiedere e fornire assistenza agli altri Stati, al fine di comprendere la corretta modalita’ di applicazione nell’imposta nei due Stati; nel caso di specie cio’ si sarebbe verificato, in quanto l’Italia contesta implicitamente l’inesistenza del diritto della Germania di percepire le imposte maturate sugli utili prodotti dalla societa’ di diritto tedesco; richiamando, ancora, il contenuto della direttiva 2011/16/UE recepita dal Decreto Legislativo n. 29 del 2014, e, segnatamente, il considerando n. 2, dopo aver sottolineato la natura autoapplicativa della direttiva in questione, se ne ribadisce la violazione da parte dei giudici di merito, in quanto nel caso in esame il controllo delle operazioni transfrontaliere non poteva prescindere dalle informazioni messe a disposizione dalla Germania; i giudici sarebbero, sul punto, incorsi in un equivoco richiamando erroneamente il contenuto della sentenza CGUE 17.12.2015 citata laddove sostengono la non obbligatorieta’ della cooperazione internazionale, laddove, infatti, detto obbligo discenderebbe dal § 59 della motivazione della sentenza, sicche’ non sarebbe stato possibile contestare il Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 5, senza prima far luce sulla situazione giuridica mediante il ricorso alla cooperazione internazionale e aver verificato i fatti accaduti in Germania e la situazione fiscale della societa’ tedesca; le indagini svolte dagli organi italiani sarebbero all’evidenza lacunose e illegittime, essendo peraltro il provvedimento impugnato “disseminato” di questioni inerenti la mancanza di ufficialita’ o per difetto di traduzione dei documenti che faticosamente ma diligentemente la difesa aveva prodotto in sede di riesame (comunicazione della GdF tedesca e richiesta di trasferimento della contabilita’ depositata all’estero con attestazione che gli originali si trovano in Germania; dichiarazioni rilasciate in sede di indagini difensive dal commercialista tedesco della societa’ (OMISSIS); bilanci depositati relativi agli anni 2009/2015); detta documentazione avrebbe dovuto essere ufficialmente raccolta dalle autorita’ italiane, durante la fase delle indagini preliminari, cio’ anche in relazione alla questione die rapporti tra la societa’ tedesca e la societa’ (OMISSIS) di cui la prima era mandante e la seconda agente plurimandatario.
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