Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza 21 aprile 2016, n. 8056
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente
Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere
Dott. RUBINO Lina – Consigliere
Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al numero 13277 del ruolo generale dell’anno 2013, proposto da:
(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)) rappresentato e difeso, giusta procura a margine del ricorso, dall’avvocato (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS));
– ricorrente –
nei confronti di:
(OMISSIS) S.p.A., (C.F.: (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore;
– intimata –
per la cassazione della sentenza pronunziata dalla Corte di Appello di Roma n. 3928/2012, depositata in data 19 luglio 2012;
udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data 15 marzo 2016 dal consigliere Dott. Augusto Tatangelo;
uditi:
l’avvocato (OMISSIS), per il ricorrente;
il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Dott. PATRONE Ignazio Juan, che ha concluso per la dichiarazione di inammissibilita’ o, in subordine, il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
(OMISSIS) agi’ in giudizio, sulla base di un contratto di assicurazione stipulato con la (OMISSIS) S.p.A. (oggi divenuta (OMISSIS) S.p.A.), per ottenere l’indennizzo dei danni subiti da un proprio autoarticolato, che la compagnia si era rifiutata di corrispondere, nonche’ la risoluzione del contratto stesso e il risarcimento dei conseguenti danni.
La domanda fu rigettata dal Tribunale di Roma.
La Corte di Appello di Roma, in riforma della decisione di primo grado, la ha invece accolta parzialmente, condannando la compagnia al pagamento dell’indennizzo, per Euro 72.303,96 oltre accessori; ha peraltro rigettato sia la domanda di risoluzione del contratto di assicurazione che quella di risarcimento dei conseguenti danni.
Ricorre il (OMISSIS), sulla base di due motivi.
Non ha svolto attivita’ difensiva in questa sede la societa’ intimata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo del ricorso si denunzia “violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 184 c.p.c. ante riforma ex L. 26 novembre 1990, n. 353; articolo 1453 c.c. per travisamento dei termini entro cui sono state formulate nel corso di giudizio le domande di risoluzione contrattuale per grave inadempimento e di risarcimento dei danni, oltreche’ di arricchimento senza causa ex articolo 2041 c.c. (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”.
Il motivo e’ fondato.
La corte di appello ha ritenuto tardiva la domanda di risoluzione del contratto di assicurazione per inadempimento, in quanto proposta solo con la comparsa conclusionale depositata in primo grado mentre in origine era stata proposta esclusivamente domanda di adempimento contrattuale.
Ma, come esattamente sostenuto dal ricorrente, tale mutamento della domanda e’ consentito dall’articolo 1453 c.c., comma 2.
Ed infatti “nei contratti a prestazioni corrispettive e’ consentito sostituire, ferma restando l’identita’ dei fatti costitutivi, la domanda di adempimento coattivo del contratto con quella di risoluzione per inadempimento, anche in grado d’appello, derogando al divieto di “mutatio libelli” contenuto nell’articolo 345 c.p.c. e anche nel giudizio di rinvio; ne consegue che la parte appellata che intenda procedere al mutamento della domanda puo’ esercitare tale facolta’ anche nella comparsa di risposta senza dover proporre, nei termini e nelle forme previste dalla legge, impugnazione incidentale” (ex multis: Cass., Sez. 2, Sentenza n. 12238 del 6 giugno 2011; Sez. 2, Sentenza n. 1003 del 18 gennaio 2008).
Nel caso di specie non emerge in alcuno modo dalla sentenza impugnata che fossero stati prospettati fatti nuovi idonei a configurare una diversa causa petendi: la tardivita’ della domanda di risoluzione contrattuale viene affermata a prescindere da tale verifica, in violazione dell’articolo 1453 c.c..
La suddetta pronunzia va quindi cassata con rinvio per consentire l’esame della domanda di risoluzione contrattuale.
2.- Con il secondo motivo del ricorso si denunzia “violazione e falsa applicazione dell’articolo 1882 c.p.c., articolo 1453 c.c., comma 1, articoli 1218, 1223, 1224 e 1225 c.c. e articolo 116 c.p.c., oltreche’ per carente, insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5)”.
Il motivo e’ fondato.
Il ricorrente (OMISSIS) aveva dedotto che, non avendo potuto disporre tempestivamente dell’importo dell’indennizzo dovuto dalla compagnia di assicurazione, non era stato in grado di acquistare un nuovo veicolo in sostituzione di quello andato distrutto, per svolgere l’attivita’ della propria impresa di autotrasporti. Non aveva quindi potuto soddisfare le richieste della clientela e realizzare i guadagni che gli avrebbero dovuto consentire di corrispondere alla venditrice le rate del prezzo del veicolo perduto, andando cosi’ incontro al pagamento di forti interessi di mora. A sostegno di tali assunti aveva richiamato elementi di prova documentale (in particolare il contratto di acquisto del veicolo) e aveva articolato prove orali (in particolare volte a comprovare le richieste di servizi di trasporto da parte di alcuni clienti, indicati nominativamente).
La corte di merito, nel rigettare la domanda, ha affermato che non erano stati articolati specifici mezzi istruttori in relazione al mancato uso del veicolo in azienda e che non vi era prova del nesso di causa tra la mancata corresponsione dell’indennizzo e la sospensione dei pagamenti delle rate del prezzo del veicolo perduto.
Tale motivazione – anche in considerazione della mancata ammissione dei mezzi istruttori rilevanti in proposito – e’ certamente insufficiente, e per certi versi contraddittoria.
Che il veicolo distrutto non potesse essere piu’ utilizzato per lo svolgimento dell’attivita’ aziendale non richiedeva ovviamente alcuna prova, mentre la stessa circostanza che il suo acquisto era avvenuto con rateizzazione del prezzo avrebbe dovuto indurre a presumere – in mancanza di elementi in senso contrario – che il ricorrente non disponesse del capitale necessario per l’acquisto in contanti. E comunque, anche al di la’ della disponibilita’ di capitali ulteriori, la corte di merito avrebbe dovuto tener conto del fatto che l’impossibilita’ di poter disporre dell’importo dell’indennizzo aveva certamente impedito al (OMISSIS) di poter acquisire un nuovo bene strumentale per l’esercizio dell’attivita’ aziendale, o quanto meno di poter disporre del relativo capitale, che sarebbe stato ragionevolmente investito nell’attivita’ produttiva e avrebbe quindi potuto consentirgli di conseguire il relativo lucro di impresa.
E’ costante nella giurisprudenza di questa Corte il riconoscimento della presunzione di impiego dei capitali in attivita’ produttive da parte dell’imprenditore (sia pure con riguardo al maggior danno ai sensi dell’articolo 1224 c.c., comma 2), e l’affermazione della possibilita’ di liquidare il danno da lucro cessante anche in via equitativa (sul primo punto, si veda ad es. Cass., Sez. 1, Sentenza n. 9361 del 5 maggio 2005, secondo cui “ove risulti provata, ovvero non sia controversa, la qualita’ di imprenditore commerciale del creditore, e quest’ultimo alleghi, attraverso la stessa domanda degli interessi che accedono al risarcimento del danno costituendone una componente siccome nascenti dal medesimo fatto generatore dell’obbligazione risarcitoria, la sussistenza di un concreto pregiudizio casualmente ricollegabile all’indisponibilita’ del credito per effetto dell’inadempimento, non e’ necessario che il predetto ne fornisca la dimostrazione, rilevando l’indicata qualita’ come elemento presuntivo di per se’ idoneo a far ritenere al giudice che, tenuto conto di essa, il danno lamentato possa essersi verosimilmente prodotto e che, piu’ in particolare, sulla base dell'”id quod plerumque accidit”, se vi fosse stato tempestivo adempimento, la somma dovuta sarebbe stata reinvestita nell’attivita’ produttiva o, comunque, utilizzata in impieghi antinflattivi”; conf.: ad es. Sez. 1, Sentenza n. 4885 del 7 marzo 2006; Sez. 1, Sentenza n. 22096 del 26 settembre 2013; sul secondo punto, cfr., ad es., Sez. 3, Sentenza n. 6951 del 23 marzo 2010, per cui “il danno subito per la ritardata disponibilita’ dell’equivalente monetario del bene perduto tra la data del fatto e quella della decisione, che si identifica nel mancato conseguimento del mutilitas” che il creditore avrebbe tratto dalla somma se tempestivamente versata (lucro cessante), puo’ essere accertato, anche mediante presunzioni semplici, stante la difficolta’ della relativa prova, ed essere liquidato facendo ricorso a criteri equitativi, ai sensi dell’articolo 1126 c.c.”).
I suddetti principi devono ritenersi applicabili – con gli opportuni adattamenti – anche alla fattispecie in esame, caratterizzata della mancata messa a disposizione, in favore dell’imprenditore assicurato, dell’importo dell’indennizzo dovuto dall’assicuratore dei danni a seguito della distruzione di un bene aziendale.
La corte di appello, facendo applicazione di tali principi – e previa eventuale ammissione dei mezzi istruttori rilevanti – avrebbe quindi potuto e dovuto accertare e liquidare il lucro cessante dell’impresa del ricorrente per non aver potuto disporre del capitale costituito dall’importo dell’indennizzo non corrisposto, anche presumendo il suo impiego nell’acquisto di un bene strumentale sostitutivo di quello perduto e comunque nelle attivita’ produttive dell’impresa, eventualmente, ove necessario, facendo ricorso alla liquidazione equitativa ai sensi dell’articolo 1226 c.c..
Tali accertamenti andranno effettuati in sede di rinvio, previa cassazione anche sul punto in esame della pronunzia impugnata.
3.- Il ricorso e’ accolto.
La sentenza impugnata e’ cassata in relazione, con rinvio alla Corte di Appello di Firenze, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte:
accoglie il ricorso e cassa in relazione la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Appello di Firenze, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimita’.
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