cassazione 7

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 14 gennaio 2016, n. 1166

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNINO Saverio F. – Presidente

Dott. ROSI Elisabetta – Consigliere

Dott. DI STASI Antonella – rel. Consigliere

Dott. MENGONI Enrico – Consigliere

Dott. ANDRONIO Alessandro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso l’ordinanza del 15.9.2015 del Tribunale del Riesame di Catanzaro;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa Antonella Di Stasi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Canevelli Paolo, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 15.9.2015, il Tribunale del riesame di Catanzaro rigettava l’appello proposto ex articolo 310 c.p.p. dalla difesa dell’indagato (OMISSIS) avverso l’ordinanza, con la quale era stata rigetta l’istanza di sostituzione della custodia cautelare in carcere, resa il 9.5.2015 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Castrovillari.

Nei confronti di (OMISSIS) era stata elevata l’imputazione cautelare di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1 perche’, senza l’autorizzazione di cui al cit. Decreto del Presidente della Repubblica, articolo 17, illecitamente trasportava e deteneva ai fini di cessioni a terzi sostanza stupefacente del tipo eroina per complessivi Kg 5,100, sostanza stupefacente che per tempo, modo e luogo non appariva destinata all’uso esclusivamente personale. In (OMISSIS).

2. Avverso l’ordinanza del Tribunale propone ricorso per cassazione la difesa dell’indagato, articolando un unico motivo:

Violazione dell’articolo 606 c.p.p., lettera e) in relazione agli articoli 275 bis e 299 c.p.p..

La difesa lamenta che il Giudice dell’appello, nel ritenere non suscettibile di sostituzione la misura cautelare della custodia in carcere, aveva offerto una motivazione apparente e basata su argomentazioni congetturali.

Deduce, in particolare, che il Tribunale aveva desunto la sussistenza del pericolo di commissione di condotte recidivanti dalla valutazione della non occasionalita’ della condotta, dimostrata dal quantitativo significativo della sostanza stupefacente (5 chilogrammi suddivisi in dieci panetti del peso di circa gr. 500 ciascuno) e dalla presenza di una telecamera installata sul paraurti anteriore della autovettura sulla quale veniva trasportata la sostanza stupefacente.

Tale ultimo elemento, invece, risultava errato perche’ dal contenuto della ordinanza di convalida dell’arresto emergeva come la telecamera in questione non risultasse collegata ad alcun monitor e, quindi, non fosse funzionante.

Inoltre, con riferimento alla personalita’ del (OMISSIS), il Tribunale aveva rimarcato i suoi precedenti specifici, senza considerare che essi afferivano a condotte delittuose poste in essere intorno all’anno 2000.

Argomenta, poi, che il Tribunale aveva offerto una motivazione apparente in ordine alla esclusione della applicabilita’ della misura degli arresti domiciliari con l’ausilio degli strumenti di controllo di cui all’articolo 275 bis c.p.p., senza tener conto del luogo di arresto ((OMISSIS)), molto lontano da quello in cui aveva avuto inizio la condotta delittuosa ((OMISSIS)), e dello stato di prolungata ed ininterrotta detenzione carceraria.

Chiede, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

La difesa ha, poi, depositato in data 27.11.2015 memoria difensiva, nella quale ha ulteriormente argomentato in merito ai motivi proposti e concluso come da ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il motivo di ricorso e’ manifestamente infondato.

2. E’ opportuno muovere dal principio secondo il quale il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti relativi all’applicazione di misure cautelari personali e’ ammissibile soltanto se denunci la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicita’ della motivazione del provvedimento, secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando proponga censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, ovvero si risolvono in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 5, n. 46124 del 8/10/2008, Pagliaro, Rv. 241997; Sez. 6, n. 11194 del 8/03/2012, Lupo, Rv. 252178).

Cio’ vale certamente per l’individuazione dei limiti del sindacato di legittimita’ rispetto al giudizio di sussistenza delle esigenze cautelari, che e’ censurabile in questa sede soltanto se si traduca nella violazione di specifiche norme o nella mancanza o manifesta illogicita’ della motivazione, rilevabili dal testo del provvedimento impugnato (Sez. 1, n. 795 del 06/02/1996, Di Donato, Rv.204014).

Rigorosamente entro tale perimetro, pertanto, possono essere esaminate le doglianze del ricorrente, come innanzi indicate, alla luce del contenuto dell’ordinanza impugnata con la quale il Tribunale, per quel che attiene alla valutazione delle esigenze cautelari, ha ritenuto attuali le esigenze di cui all’articolo 274 c.p.p., lettera c) ed ha ritenuto inadeguata la misura degli arresti domiciliari.

Va, poi, osservato che, in tema di impugnazioni nei confronti di provvedimenti in materia di liberta’ personale, il giudice di appello, quale giudice del merito, puo’, nell’ambito del devolutum, come avvenuto nella specie, integrare la motivazione del provvedimento impugnato, senza annullare il provvedimento stesso per tale vizio (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 27677, dep.07/07/2009, Rv. 244718, Cass. 6A 3 marzo 2000, Galluccio, RV 215849; Cass. 3A 3 agosto 1999, Valenza, RV 216558; Cass. 5 6 maggio 1999, Lezzi, RV 213766).

3. Il provvedimento impugnato e’ esente da vizi di motivazione in ordine alla valutazione della permanenza delle esigenze cautelari e, cioe’, del pericolo di reiterazione criminosa.

Il Tribunale non si e’ limitato ad evocare la gravita’ del titolo di reato ne’ la sola personalita’ dell’indagato (gravato da precedenti specifici), ma ha espressamente richiamato la significativa capacita’ a delinquere testimoniata dalle modalita’ del fatto e dal carattere di non occasionante della condotta (trasporto quale corriere di circa 5 Kg di eroina, utilizzando autovettura, dichiarata in suo uso esclusivo, con telecamera installata nel paraurti anteriore, e successiva cessione della sostanza, indici dell’inserimento del prevenuto in un piu’ vasto circuito criminogeno dedito a tale illecito traffico).

Tale valutazione e’ conforme ai principi da tempo affermati da questa Corte (Sez. 5, n. 35265 del 12/03/2013)- secondo cui in tema di esigenza cautelare costituita dal pericolo di reiterazione di reati della stessa indole, prevista dall’articolo 274 c.p.p., lettera c), la pericolosita’ sociale dell’indagato deve risultare congiuntamente dalle specifiche modalita’ e circostanze del fatto e dalla sua personalita’- nonche’ al disposto dell’articolo 274 c.p.p., lettera c) come modificato dalla Legge 16 aprile 2015, n. 47.

Il Tribunale, in particolare, ha dato adeguato rilievo alla presenza di una telecamera installata nel paraurti anteriore dell’auto collegata all’abitacolo, considerata circostanza espressiva del carattere non occasionale della condotta di corriere.

Tale valutazione e’ corretta.

Infatti, detta modalita’ dell’azione evidenzia come il (OMISSIS) avesse dotato l’autovettura utilizzata per la sua attivita’ criminosa con una strumentazione stabile, finalizzata al monitoraggio dell’ambiente esterno, in questo modo obiettivizzando l’intenzione di reiterare nel tempo la condotta criminosa, con la creazione di un oggettivo pericolo di recidiva.

Non e’ rilevante, di contro, la contestazione della difesa in ordine alla circostanza che la telecamera installata non fosse collegata ad un monitor e che, quindi, non fosse funzionante.

Cio’ che importa, infatti, ai fini della valutazione del pericolo di recidivanza, e’ che l’autovettura fosse, comunque, dotata di una installazione permanente ed idonea alla funzione di monitoraggio dell’ambiente esterno, tale da poter essere resa concretamente funzionante in ogni momento.

Pertanto, puo’ essere affermato il seguente principio di diritto: costituisce concreto e specifico elemento fattuale, idoneo a comprovare il pericolo di recidivanza, la circostanza che l’autore del fatto doti l’autovettura utilizzata per il trasporto di sostanza stupefacente di una telecamera che consenta il monitoraggio dell’ambiente esterno, rimanendo irrilevante la momentanea disattivazione di essa, in quanto e’ possibile in ogni momento il ripristino della sua funzionalita’.

Neppure e’ fondata la censura relativa alla mancata considerazione da parte del Tribunale che i precedenti specifici del (OMISSIS) afferivano a condotte delittuose poste in essere nell’anno 2000.

Il Tribunale, infatti, correttamente ha dato rilievo unitario ai precedenti penali (gravi e specifici), e tale valutazione e’ conforme ai principi da tempo affermati da questa Corte, secondo cui ai fini della valutazione della pericolosita’ sociale e della formulazione della necessaria prognosi il giudice deve tenere conto sia delle specifiche modalita’ e delle circostanze del fatto che porre particolare attenzione ai dati riguardanti i precedenti penali del soggetto, stante l’alta significanza, a tale fine, della recidiva nel reato (Sez. 5, Sentenza n. 21441, dep. 22/05/2009, Rv.243887 Cass., Sez. 4A penale, 26 marzo 2003 – 12 giugno 2003, n. 25421, CED 225600 Cass., Sez. 1A penale, 1 agosto 1995 – 8 agosto 1995, n. 4310, CED 202197)

Il Tribunale, inoltre, ha tenuto conto e confutato tutti gli elementi evidenziati dalla difesa a fondamento dell’appello (tempo decorso dall’applicazione della misura cautelare, matrimonio dell’indagato), che ha ritenuto inidonei a dimostrare l’affievolimento delle esigenze cautelari.

In particolare, il Tribunale ha argomentato che: appare neutra la circostanza del matrimonio dell’indagato e non rilevante per ritenere affievolite le esigenze cautelari; non assume, di per se’ solo, valenza significativa il mero decorso del tempo dall’inizio della applicazione della misura.

Trattasi di motivazione adeguata e immune da vizi logici ed in linea con i principi affermati da questa Suprema Corte in subiecta materia.

Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte, infatti, il principio secondo il quale, in tema di misure cautelari personali, l’attenuazione o l’esclusione delle esigenze cautelari non puo’ essere desunta dal solo decorso del tempo di esecuzione della misura o dall’osservanza puntuale delle relative prescrizioni, dovendosi valutare ulteriori elementi di sicura valenza sintomatica in ordine al mutamento della situazione apprezzata all’inizio del trattamento cautelare (Sez. 2 n. 1858, dep.17/01/2014 Rv.258191, Sez. 5, ordinanza n. 16425, dep. 27/04/2010, Rv.246868, Sez.2,n. 39785 dep. 26/10/2007, Rv.238763).

4. Il provvedimento impugnato e’ esente da vizi di motivazione anche in ordine alla specificazione delle ragioni ostative alla sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari con le procedure di controllo di cui all’articolo 275 bis c.p.p., comma 1.

Il Tribunale ha congruamente motivato in merito alla sussistenza delle ragioni ostative all’adozione di misure meno afflittive della custodia cautelare in carcere, argomentando specificamente, anche in relazione alla inadeguatezza della misura degli arresti domiciliari con le procedure di controllo di cui all’articolo 275 bis c.p.p., comma 1.

Sul punto, viene specificato che non si ravvisano concreti e sicuri elementi sintomatici di un mutamento dell’iniziale quadro cautelare e che, conseguentemente, non puo’ formularsi in capo al prevenuto una prognosi positiva circa l’osservanza delle prescrizioni connesse alla esecuzione della misura gradata richiesta.

Tale motivazione e’ esente da vizi logici e si sottrae al sindacato di legittimita’.

Le censure che il ricorrente svolge, inoltre, si rivelano orientate verso un non consentito scrutinio del merito della valutazione effettuata dal Tribunale e sono, pertanto, inammissibili.

Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’articolo 616 c.p.p., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.

La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al Direttore dell’Istituto Penitenziario competente, a norma dell’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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