Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza 12 marzo 2015, n. 4936
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRUTI Giuseppe Maria – Presidente
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere
Dott. RUBINO Lina – Consigliere
Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 27826/2011 proposto da:
(OMISSIS) SRL (OMISSIS) in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante Prof. (OMISSIS), domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) AG (OMISSIS) rappresentanza generale per l’Italia in persona del procuratore speciale (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 823/2011 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 21/07/2011, R.G.N. 521/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/11/2014 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CORASANITI Giuseppe che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Nel 2000 (OMISSIS) si sottopose ad un esame coronarografico nella clinica privata (OMISSIS), gestita dalla societa’ (OMISSIS) s.r.l. (che in seguito mutera’ ragione sociale in (OMISSIS) s.r.l., e come tale sara’ d’ora innanzi indicata).
L’esame provoco’ complicanze tali (in particolare, un ematoma retroperitoneale) da esigere una emotrasfusione ed un intervento chirurgico.
2. Sul presupposto che le suddette complicanze fossero ascrivibili a colpa dei sanitari, nel 2003 (OMISSIS) convenne dinanzi al Tribunale di Chiavari la (OMISSIS) s.r.l..
3. La societa’ convenuta si costitui’ e, oltre a negare la propria responsabilita’, chiamo’ in causa il medico che aveva eseguito l’esame, Dott. (OMISSIS) (non dipendente della clinica) e il proprio assicuratore della responsabilita’ civile, la (OMISSIS) (d’ora innanzi, per brevita’, ” (OMISSIS)”).
4. Con sentenza 19.12.2002 n. 814 il Tribunale di Chiavari accolse la domanda principale e quella di garanzia proposta dalla clinica nei confronti del proprio assicuratore.
5. La sentenza – per quanto in questa sede ancora rileva – venne appellata in via principale dalla (OMISSIS), la quale allego’ che il contratto stipulato con la (OMISSIS) escludeva la copertura della responsabilita’ della clinica scaturente dal fatto illecito dei medici da essa non dipendenti, sino al limite di 1,5 miliardi di lire, e che pertanto – essendo il danno patito da (OMISSIS) inferiore a tale limite – non fosse dovuto alcun indennizzo alla societa’ assicurata.
La Corte d’appello di Genova con sentenza 21.7.2011 accolse il gravame su questo punto.
6. La sentenza d’appello e’ stata impugnata per cassazione dalla (OMISSIS), sulla base di otto motivi.
Ha resistito con controricorso la (OMISSIS).
1.1. Il primo ed il secondo motivo del ricorso possono essere esaminati congiuntamente, perche’ pongono questioni analoghe: ovvero il senso e la portata da attribuire all’articolo 7 delle “Condizioni particolari” del contratto di assicurazione stipulato tra la (OMISSIS) e la (OMISSIS).
1.2. Sostiene la ricorrente, a tal riguardo, che il contratto stipulato con la (OMISSIS) copriva due rischi diversi:
(a) la responsabilita’ civile della clinica per il fatto proprio (articolo 1218 c.c.) e/o dei dipendenti o collaboratori (articolo 1228 o 2048 c.c.): ed in questa parte il contratto consisteva in una assicurazione “per conto proprio”, ed era “a primo rischio”;
(b) la responsabilita’ civile personale dei soggetti del cui operato la clinica doveva rispondere, anche se non dipendenti: ed in questa parte il contratto costituiva una assicurazione “per conto altrui” ed era “a secondo rischio”: operava cioe’ solo nel caso in cui il responsabile (scilicet, il medico) avesse gia’ una sua copertura assicurativa, e solo per l’eccedenza rispetto ad 1,5 miliardi di lire.
La Corte d’appello, conclude la ricorrente, non si e’ avveduta di queste clausole (ovvero del combinato disposto degli articoli 7 ed 8 delle “Condizioni particolari”), ed ha di conseguenza ritenuto che anche la responsabilita’ della clinica per fatto altrui (ex articolo 1228 o 2048 c.c.) fosse soggetta alla “franchigia” di 1,5 miliardi di lire, mentre in realta’ vi era soggetta solo la responsabilita’ personale dei medici non dipendenti.
1.3. Il motivo e’ fondato.
La Corte d’appello, infatti, ha attribuito all’articolo 7 delle “Condizioni Particolari” della polizza un significato non solo incoerente col senso fatto proprio dalla connessione delle parole, ma anche collidente con alcune regole elementari del diritto assicurativo, dalle quali occorre partire.
1.3.1. La (OMISSIS) e la (OMISSIS) hanno stipulato un contratto di assicurazione della responsabilita’ civile.
L’assicurazione della responsabilita’ civile e’ un’assicurazione di patrimoni, non di cose. Il rischio coperto e’ l’impoverimento del responsabile d’un fatto illecito o d’un inadempimento, costretto a risarcire i danni causati a terzi con la propria condotta.
Come tutte le assicurazioni contro i danni, anche l’assicurazione di responsabilita’ civile puo’ essere stipulata per conto proprio o per conto altrui (articolo 1891 c.c.).
1.3.2. L’assicurazione di responsabilita’ civile stipulata per conto proprio copre il rischio di impoverimento del contraente; quella per conto altrui copre il rischio di impoverimento di persone diverse dal contraente, a prescindere dal fatto che quest’ultimo debba rispondere del loro operato.
La distinzione tra assicurazione per conto proprio ed assicurazione per conto altrui non va confusa con quella tra assicurazione della responsabilita’ civile per fatto proprio e assicurazione della responsabilita’ civile per fatto altrui.
1.3.3. La distinzione tra assicurazione per conto proprio e per conto altrui si fonda sulla sussistenza o meno, in capo al medesimo soggetto, della qualita’ di contraente e di assicurato. Si ha assicurazione “per conto altrui” ex articolo 1891 c.c. quando il contraente non e’ il titolare dell’interesse esposto al rischio, ai sensi dell’articolo 1904 c.c., mentre si ha assicurazione per conto proprio quando il contraente della polizza e’ altresi’ titolare dell’interesse assicurato.
La distinzione tra assicurazione (della responsabilita’ civile) per fatto proprio e per fatto altrui si fonda sul titolo della responsabilita’ dedotta ad oggetto del contratto.
Nel primo caso (assicurazione della r.c. per fatto proprio) l’assicuratore copre il rischio di impoverimento derivante da una condotta tenuta personalmente dall’assicurato; nel secondo caso (assicurazione della r.c. per fatto altrui) l’assicuratore copre il rischio di impoverimento dell’assicurato derivante da fatti commessi da persone del cui operato quello debba rispondere.
L’assicurazione della responsabilita’ civile si dira’ dunque per conto proprio od altrui a seconda di quale sia l’interesse assicurato; si dira’ invece per fatto proprio o per fatto altrui a seconda di quale sia il rischio assicurato.
1.3.4. In virtu’ della distinzione strutturale tra i due tipi di assicurazione della responsabilita’ civile appena ricordati, essi possono tra loro cumularsi.
E’ dunque possibile stipulare:
(a) una assicurazione della responsabilita’ propria (sia per fatto proprio che per fatto altrui);
(b) una assicurazione della responsabilita’ altrui (sia per fatto dell’assicurato, che per fatto di persone del cui operato l’assicurato debba rispondere).
Una struttura ospedaliera puo’ dunque teoricamente assicurare:
(a) la responsabilita’ propria, tanto se dipendente da deficit organizzativi (assicurazione di r.c. per conto proprio e per fatto proprio); quanto se dipendente da colpa dei sanitari (assicurazione di r.c. per conto proprio e per fatto altrui, espressamente prevista dall’articolo 1900 c.c., comma 2);
(b) la responsabilita’ dei medici (assicurazione di r.c. per conto altrui, ex articolo 1891 c.c.).
1.4. E’ alla luce di questi principi che va esaminata la decisione della Corte d’appello di Genova.
Questa era chiamata a stabilire il senso e la portata d’una clausola cosi’ concepita:
“7. Altre assicurazioni. La presente polizza opera sempre in eccesso alle assicurazioni personali dei medici (…) non direttamente dipendenti dal contraente e comunque dopo la somma di lire 1.500.000.000 per sinistro e per persona che restano a carico del personale qui indicato, a titolo di franchigia assoluta (…)” (il resto puo’ omettersi).
Questa clausola e’ inserita in un contratto di assicurazione stipulato dalla clinica che, pacificamente, copriva la responsabilita’ civile della clinica stessa per il fatto proprio: era, dunque, un’assicurazione per conto proprio.
Secondo la Corte d’appello di Genova, questa clausola andrebbe interpretata nel senso che l’assicurazione stipulata dalla (OMISSIS):
– coprirebbe interamente la responsabilita’ della (OMISSIS) per il fatto proprio;
– coprirebbe solo parzialmente la responsabilita’ della (OMISSIS) per il fatto dei dipendenti, e per l’esattezza solo per nell’ipotesi in cui questi ultimi dovessero causare un danno superiore ad 1,5 miliardi di lire.
1.5. Questa interpretazione non rispetta le prescrizioni ne’ dell’articolo 1362, ne’ dell’articolo 1363 c.c..
La prima di tali norme, infatti, impone quale fondamentale criterio ermeneutico l’interpretazione letterale.
La lettera del contratto in esame prevedeva che la copertura assicurativa “operasse in eccesso alle sic assicurazioni personali dei medici”.
Ora, affinche’ un contratto di assicurazione possa “operare in eccesso” rispetto ad un’altra polizza, e’ necessario che i due contratti coprano il medesimo rischio. Cosi’, ad esempio, una assicurazione contro l’incendio non potrebbe mai “operare in eccesso” rispetto ad una contro il furto. Per contro, l’assicurazione contro l’incendio stipulata dal locatore ben potrebbe “operare in eccesso” rispetto all’identica assicurazione stipulata dal conduttore per conto altrui, e quindi coprire i danni non coperti da quest’ultima polizza.
Or bene, se un medico operante all’interno di una struttura sanitaria ha stipulato una “assicurazione personale”, questa non puo’ che coprire la responsabilita’ civile del medico stesso.
L’assicurazione della responsabilita’ civile del medico operante all’interno d’una struttura sanitaria ha ad oggetto un rischio del tutto diverso rispetto a quello coperto dall’assicurazione della responsabilita’ civile dalla struttura in cui il medico si trova ad operare.
Si e’ gia’ visto, infatti, che nell’assicurazione di responsabilita’ civile – che e’ assicurazione di patrimoni e non di cose – il “rischio” oggetto del contratto e’ l’impoverimento dell’assicurato, non il danno eventualmente patito dal terzo e causato dall’assicurato.
Pertanto una assicurazione “personale” della responsabilita’ civile del medico copre per definizione il rischio di depauperamento del patrimonio di quest’ultimo; un’assicurazione della responsabilita’ civile della clinica, invece, copre il rischio di depauperamento del patrimonio della struttura sanitaria. I due contratti sono diversi, i due rischi sono diversi, i due assicurati sono diversi: e nulla rileva che tanto la responsabilita’ della clinica, quanto quella dei medico, possano sorgere dal medesimo fatto illecito, che abbia causato in capo al terzo il medesimo danno.
Se due contratti di assicurazione garantiscono rischi diversi, non puo’ mai sussistere per definizione ne’ una coassicurazione, ne’ una assicurazione plurima, ne’ una copertura “a secondo rischio”, come ritenuto dalla Corte d’appello.
Quest’ultima, infatti, presuppone che il rischio dedotto nel contratto sia gia’ assicurato da un’altra polizza. Ma poiche’ il rischio cui e’ esposto il medico e’ ben diverso dal rischio cui e’ esposta la struttura (tali rischi, infatti, minacciano patrimoni diversi), una assicurazione stipulata dalla clinica “per conto proprio” non potrebbe mai garantire anche la responsabilita’ del medico.
1.6. Ne consegue che una polizza stipulata a copertura della responsabilita’ civile della clinica (tanto per il fatto proprio, quanto per il fatto altrui) non puo’ mai “operare in eccesso alle assicurazioni personali dei medici”, perche’ non vi e’ coincidenza di rischio assicurato tra i due contratti. L’interpretazione adottata dalla Corte d’appello, pertanto, ha violato da un lato l’articolo 1362 c.c., perche’ ha travisato il significato giuridico dell’espressione “operare in eccesso”, riferito ad un contratto di assicurazione. Dall’altro lato ha violato l’articolo 1367 c.c., perche’ l’interpretazione adottata renderebbe la clausola inutile: per quanto detto, infatti, un’assicurazione del patrimonio di Primus mai potrebbe “operare in eccesso” rispetto ad un’assicurazione del patrimonio di Secundus, perche’ l’impoverimento di quest’ultimo e’ del tutto indifferente per l’altro, e non costituisce per lui un rischio assicurabile.
1.7. L’errore di diritto in cui e’ incorsa la Corte d’appello di Genova non impone la cassazione con rinvio della sentenza impugnata, dal momento che – non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto – la causa puo’ essere decisa nel merito, ai sensi dell’articolo 384 c.p.c..
Infatti da quanto esposto sin qui discende che l’unica interpretazione possibile dell’articolo 7 delle Condizioni Particolari” sopra trascritto consiste nel ritenere che, con tale clausola, (OMISSIS) e (OMISSIS) abbiano inteso stipulare una assicurazione per conto altrui, per effetto della quale (OMISSIS) assunse la qualita’ di contraente, e i medici operanti nella struttura, ma non dipendenti da essa, assunsero la qualita’ di “assicurati”, ex articolo 1904 c.c..
Solo se intesa in questo senso la clausola acquista un significato sintatticamente plausibile e giuridicamente possibile: e cioe’ garantire la responsabilita’ dei medici non dipendenti della (OMISSIS) nell’ipotesi in cui il danno da questi causato a terzi fosse superiore ad 1,5 miliardi di lire, e non fosse coperto dalla assicurazione per conto proprio stipulata dai singoli professionisti.
La deduzioni svolte al riguardo dalla (OMISSIS), secondo cui “non esiste in nessuna parte della polizza (…) una copertura personale dei medici non dipendenti” (cosi’ il controricorso, p. 14) e’ manifestamente erronea, alla luce del chiaro disposto dell’articolo 8 delle Condizioni Particolari, ove si stabilisce che “la garanzia prestata con la sezione “C” scilicet, la copertura della responsabilita’ personale dei dipendenti e’ estesa a tutti gli operatori non dipendenti”.
In definitiva la (OMISSIS) ha stipulato con la (OMISSIS) una polizza multirischio, per effetto della quale erano coperte:
(a’) la responsabilita’ della clinica per fatto proprio, a primo rischio;
(a”) la responsabilita’ della clinica per fatto altrui, a primo rischio;
(a”’) la responsabilita’ dei medici non dipendenti, a secondo rischio. Nel caso di specie, avendo la (OMISSIS) invocato la copertura della responsabilita’ propria, ancorche’ derivante dal fatto di persone del cui operato doveva rispondere, l’articolo 7 delle Condizioni Particolari non doveva dunque trovare applicazione, disciplinando un rischio del tutto diverso.
Va, dunque, affermato il seguente principio di diritto:
Nel contratto di assicurazione della propria responsabilita’ civile stipulato da un ospedale (assicurazione per conto proprio), la clausola la quale preveda che la copertura assicurativa “operi in eccesso rispetto alle assicurazioni personali dei medici” ivi operanti va interpretata nel senso che, ferma restando la copertura a primo rischio della responsabilita’ dell’ospedale, la medesima polizza copra altresi’ a secondo rischio la responsabilita’ personale dei medici, secondo lo schema dell’assicurazione per conto altrui (articolo 1891 c.c.).
1.8. La (OMISSIS) va pertanto condannata a tenere indenne la (OMISSIS) di tutte le somme che quest’ultima ha dovuto pagare ad (OMISSIS), in esecuzione della sentenza impugnata.
1.9. L’obbligo indennitario della (OMISSIS) dovra’ essere calcolato al netto della franchigia contrattualmente prevista di euro 2582,28. La circostanza, debitamente allegata nel proprio controricorso dalla (OMISSIS), non ha formato oggetto di contestazione: pertanto anch’essa puo’ formare oggetto di decisione nel merito da parte di questa Corte, non essendo necessario alcun ulteriore accertamento in fatto.
2. Il terzo, il quarto, il quinto, il settimo e l’ottavo motivo di ricorso restano assorbiti.
3. Il sesto motivo di ricorso.
3.1. Nell’epigrafe del sesto motivo di ricorso la (OMISSIS) lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta dalla violazione degli articoli 115 e 132 c.p.c., “censurabile ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5”.
Si tratta d’una allegazione in realta’ non corretta, posto che la violazione degli articoli 115 o 132 c.p.c. costituisce un error in procedendo, rispetto al quale non e’ mai concepibile un vizio di motivazione, denunciabile solo con riferimento ad accertamenti in fatto.
Cionondimeno il motivo di ricorso e’ ammissibile, perche’ dall’illustrazione di esso e’ chiaramente comprensibile quale sia la doglianza della societa’ ricorrente: essa lamenta nella sostanza la violazione degli articoli 1223 c.c. (per avere il giudice liquidato il danno e condannato i convenuti al relativo pagamento senza tenere conto degli acconti gia’ percepiti da (OMISSIS)) e 115 c.p.c. (per non avere il giudice considerato che la percezione dei suddetti acconti non era mai stata contestata dalla creditrice).
3.2. Nel merito il motivo e’ infondato.
La Corte d’appello ha liquidato ex novo il danno patito dall’attrice, aumentandone l’ammontare rispetto a quanto ritenuto dal giudice di primo grado.
Fatto cio’, nel dispositivo ha condannato i convenuti al pagamento dell’importo liquidato in motivazione, dichiarando che tale pagamento dovesse avvenire “in sostituzione” degli importi liquidati nella sentenza di primo grado.
“In sostituzione” nella nostra lingua vuoi dire “al posto di”.
Una condanna al pagamento di una somma maggiore “al posto di” un’altra somma precedentemente liquidata vuoi dire che quest’ultima non e’ dovuta.
Pertanto, sebbene la Corte d’appello abbia usato una espressione atecnica, nondimeno il senso della sentenza e’ inequivoco: gli acconti gia’ pagati dalla (OMISSIS) o dagli altri debitori dovevano essere detratti dal credito complessivo indicato a p. 7 della sentenza impugnata.
La doglianza e’ dunque infondata, perche’ la sentenza impugnata non contiene affatto la statuizione che la ricorrente ha ritenuto di ravvisarvi.
4. Le spese.
4.1. Le spese del giudizio di legittimita’ vanno poste a carico della soccombente (OMISSIS).
4.2. In forza del c.d. effetto espansivo, la cassazione della sentenza impugnata, accompagnata dalla decisione nel merito, ai sensi dell’articolo 384 cod. proc. civ., impone a questa Corte di provvedere alla liquidazione delle spese dell’intero giudizio (Sez. L, Sentenza n, 6938 del 07/05/2003, Rv. 562722).
Tali spese andranno dunque poste a carico della (OMISSIS), in considerazione dell’esito del giudizio, ex articolo 91 c.p.c..
Esse si liquidano, per tutti e due i gradi di merito, nella somma di euro 300 per spese; euro 2.750 per diritti ed euro 3.800 per onorari di avvocato, oltre I.V.A., spese generali ed accessori di legge.
-) accoglie il ricorso;
-) cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, condanna la (OMISSIS) a tenere indenne la (OMISSIS) s.r.l. di tutte le somme che quest’ultima ha pagato o dovesse pagare ad (OMISSIS) in esecuzione della sentenza della Corte d’appello di Genova 21.7.2011 n. 823, al netto della franchigia di euro 2.582,28;
-) condanna (OMISSIS) alla rifusione in favore di (OMISSIS) s.r.l. delle spese dei due gradi di merito, che si liquidano cumulativamente in euro 300 per spese; euro 2.750 per diritti ed euro 3.800 per onorari di avvocato, oltre I.V.A., spese generali ed accessori di legge;
-) condanna (OMISSIS) alla rifusione in favore di (OMISSIS) s.r.l. delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano nella somma di euro 4.800, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A. ed accessori di legge
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