cassazione 9

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 12 marzo 2015, n. 4929

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETTI Giovanni B. – Presidente
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21494/2011 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) nella qualita’ di Direttore Responsabile del settimanale (OMISSIS), (OMISSIS) SPA (OMISSIS) in persona dell’amministratore delegato e legale rappresentante Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2687/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 21/06/2010, R.G.N. 1726/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 31/10/2014 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI;

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;

udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CORASANITI Giuseppe, che ha concluso per l’inammissibilita’ in subordine rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Nel 2003 (OMISSIS), di professione giornalista televisivo, convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma la societa’ ” (OMISSIS)” s.p.a. (d’ora innanzi, per brevita’, ” (OMISSIS)”) e (OMISSIS), esponendo che:
(-) l'(OMISSIS) il periodico (OMISSIS), edito dalla (OMISSIS) e diretto da (OMISSIS), pubblico’ la notizia che una casa di prostituzione fosse frequentata anche dal giornalista (OMISSIS);
(-) la pubblicazione di tale notizia aveva leso il suo onore e la sua reputazione.
Chiese pertanto la condanna dei convenuti al risarcimento del danno.
2. Con sentenza del 15.11.2005 n. 24360 il Tribunale accolse la domanda.
3. La decisione, appellata dai soccombenti, venne riformata dalla Corte d’appello di Roma con sentenza 21.6.2010 n. 2687.
Con tale sentenza la Corte d’appello rigetto’ la domanda di risarcimento sul presupposto che:
(a) il direttore responsabile del settimanale era stato assolto in sede penale;
(b) la vittima era stata posta in condizione di costituirsi parte civile;
(c) ergo, la sentenza penale di assoluzione vincolava il giudice civile, giusta la previsione dell’articolo 652 c.p.p..
4. La sentenza d’appello e’ stata impugnata per cassazione da (OMISSIS) con 3 motivi di ricorso.
Hanno resistito con unico controricorso la (OMISSIS) e (OMISSIS).
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso.
1.1. Col primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta dal vizio di violazione di legge di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 3. Si assumono violati gli articoli 652 e 654 c.p.p..
Espone il ricorrente, al riguardo, che ai sensi dell’articolo 652 c.p.p., comma 1, la sentenza penale di assoluzione ha efficacia vincolante nel giudizio civile di risarcimento del danno solo se il danneggiato non abbia scelto di esercitare l’azione civile dinanzi al giudice civile. E poiche’ nel caso di specie egli aveva scelto di non costituirsi parte civile, la sentenza penale di assoluzione non avrebbe dovuto avere alcun effetto nel giudizio civile di risarcimento.
1.2. Il motivo e’ fondato.
Il sistema dei rapporti tra la sentenza penale di assoluzione e il giudizio civile di risarcimento del danno risulta dal combinato disposto di tre norme: gli articoli 75, 88 e 652 c.p.p..
Tali norme, per come costantemente interpretate da questa Corte, fissano una regola, una eccezione ed una eccezione all’eccezione, che ovviamente fa risorgere la regola generale.
1.3. La regola e’ che la sentenza penale ha “effetto di giudicato” nel giudizio civile di risarcimento del danno quando ricorrano tre condizioni:.
(a) che la sentenza penale sia stata pronunciata in esito al dibattimento;
(b) che il danneggiato si sia costituito parte civile, ovvero sia stato messo in condizione di farlo;
(c) che in sede civile la domanda di risarcimento del danno sia stata proposta dalla vittima nei confronti dell’imputato, ovvero di altro soggetto che abbia comunque partecipato al giudizio penale nella veste di responsabile civile.
Soltanto quando ricorrano congiuntamente tutte e tre questa condizioni si produce il c.d. effetto di vincolo, ovvero l’impossibilita’ per il giudice civile di ritenere inesistenti i fatti accertati dal giudice penale, ovvero di ritenere esistenti fatti dei quali sia stata esclusa la verita’ in sede penale.
Ne segue che la sentenza penale di condanna non ha alcuna efficacia vincolante per il giudice civile quando:
(a) sia stata pronunciata senza dibattimento;
(b) la vittima non si sia costituita parte civile, ne’ sia stata messa in condizione di farlo;
(c) non vi sia coincidenza soggettiva tra le parti del processo penale e quelle del processo civile di risarcimento.
1.4. L’eccezione alla regola appena riassunta e’ contenuta nell’ultima parte dell’articolo 652 c.p.p., comma 1.
Essa prevede che anche quando la sentenza penale sia stata pronunciata in esito e dibattimento, e la vittima sia stata citata quale parte civile, il giudicato penale non vincola il giudice civile se questo sia stato adito dalla parte offesa “a norma dell’articolo 72 c.p.p., comma 2”, vale a dire quando la vittima, per propria scelta, abbia deciso di non costituirsi parte civile, e di domandare il risarcimento del danno direttamente al giudice civile.
1.5. Infine, l’eccezione all’eccezione si verifica quando la vittima del reato decida di domandare il risarcimento del danno dinanzi al giudice civile:
(a) dopo essersi gia’ costituita parte civile, oppure
(b) dopo che sia stata gia’ pronunciata la sentenza penale di primo grado.
In questo caso il processo civile dovra’ obbligatoriamente sospendersi, e la sentenza penale – in ossequio alla regola generale – avra’ effetto di giudicato nel giudizio civile di risarcimento.
1.6. Tutti i principi sin qui riassunti sono risalenti e pacifici nella giurisprudenza di questa Corte (in tal senso, tra le tante, Sez. 3, Sentenza n. 15112 del 17/06/2013, Rv. 626947; Sez. 1, Sentenza n. 319 del 09/01/2013, Rv. 624637; Sez. L, Sentenza n. 4519 del 21/02/2008, Rv. 602116; Sez. 3, Sentenza n. 15408 del 10/08/2004, Rv. 575929; Sez. 3, Ordinanza n. 1654 del 27/01/2005, Rv. 581220; Sez. L, Sentenza n. 4775 del 09/03/2004, Rv. 570908).
1.7. Nel caso di specie, e’ pacifico che:
(a) l’azione civile di risarcimento del danno proposta da (OMISSIS) sia stata introdotta nell’anno 2003;
(b) (OMISSIS) non si sia costituito parte civile nel procedimento penale a carico di (OMISSIS);
(c) la sentenza penale di assoluzione nei confronti di quest’ultima sia stata pronunciata nel 2005.
Si ricade, pertanto, nell’ipotesi appena indicata al 1.4: quella in cui la vittima del reato, disinteressandosi del giudizio penale, adisca il giudice civile prima che sia stata pronunciata la sentenza penale di primo grado, e senza essersi costituita parte civile.
In tal caso il giudizio penale e quello civile proseguono su strade separate e non interferenti, ne’ l’eventuale sentenza penale di assoluzione avra’ alcun effetto vincolante per il giudice civile.
1.8. La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata, in base al seguente principio di diritto:
La sentenza penale di assoluzione non ha efficacia vincolante per il giudice civile, quando la vittima del reato, sebbene regolarmente citata quale parte civile, abbia scelto di non costituirsi parte civile, ed abbia proposto la domanda di risarcimento del danno dinanzi al giudice civile prima che fosse pronunciata la sentenza penale.
1.9. Restano assorbiti gli altri motivo di ricorso.
2. Le spese.
Le spese del giudizio di legittimita’ e dei gradi precedenti di merito saranno liquidate dal giudice del rinvio, ai sensi dell’articolo 385 c.p.c., comma 3.
P.Q.M.
la Corte di cassazione:
-) accoglie il primo motivo di ricorso, cassa e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione;
-) rimette al giudice del rinvio la liquidazione delle spese del giudizio di legittimita’ e di quelle dei gradi di merito

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