Suprema Corte di Cassazione sezione IV sentenza 5 gennaio 2016, n. 23 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BIANCHI Luisa – Presidente Dott. MASSAFRA Umberto – Consigliere Dott. MONTAGNI Andrea – Consigliere Dott. SERRAO Eugenia – rel. Consigliere Dott. PEZZELLA...
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Corte di Cassazione, sezione IV, sentenza 5 gennaio 2016, n. 40. In tema di di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme in materia di esposizione dei lavoratori ad agenti tossici e dalla morte e lesioni di più persone. Quanto alla sanzione edittale di riferimento, non è possibile distinguere tra le norme poste a tutela del lavoro quelle di prevenzione degli infortuni e quelle che tutelano la salute, avendo molte disposizioni il duplice scopo di salvaguardare i lavoratori sia dal rischio di infortuni sia da malattie professionali. Del resto, le leggi più recenti in materia non distinguono, già nel titolo, tra la tutela dagli infortuni e la salute, in tal modo riconducendole al concetto unitario di normativa a tutela dei lavoratori. Inoltre, se l’evento morte è previsto dall’aggravante di cui all’art. 589, comma 2, cod. pen., non può ritenersi ragionevole non equiparare gli infortuni sul lavoro, della più disparata eziologia, idonei a cagionare il decesso del lavoratore, alla malattia professionale che, sebbene analogamente originata dalla prestazione di lavoro, conduce ugualmente alla morte, benché dopo un lasso di tempo più lungo e che, dunque, dev’essere ricompresa nel concetto stesso di infortunio sul lavoro, rappresentando le alternative indicazioni di cui alle sopra richiamate norme, specificazioni meramente illustrative ad abundantiam. Quindi, la terminologia adoperata negli artt. 589 e 590 cod. pen. è riferibile non solo alle norme inserite nelle leggi specificamente antinfortunistiche, ma anche a tutte quelle che, direttamente o indirettamente, perseguono il fine di evitare incidenti sul lavoro o malattie professionali e che, in genere, tendono a garantire la sicurezza dei lavoro in relazione all’ambiente in cui esso deve svolgersi
Suprema Corte di Cassazione sezione IV sentenza 5 gennaio 2016, n. 40 Ritenuto in fatto 1. II Giudice per l’Udienza Preliminare presso il Tribunale di Palermo, con sentenza emessa in data 9/04/2015 ai sensi dell’art.425 cod.proc.pen., ha dichiarato non doversi procedere, con riguardo a cinque capi d’imputazione per intervenuta prescrizione dei reato, nei confronti di...
Corte di Cassazione, sezione IV, sentenza 28 ottobre 2015, n. 43425. In tema di sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi, il giudice di appello, non investito con i motivi di impugnazione della censura relativa alla mancata applicazione della pena sostitutiva, non puo’ concedere di ufficio la pena sostitutiva stessa, pur se richiesta dalla parte in sede di giudizio d’appello. Ed invero, a nulla rileva che trattasi di un beneficio meno consistente della sospensione condizionale della pena, beneficio, questo, che, in forza dell’articolo 597 c.p.p., comma 5, il giudice di appello puo’ concedere di ufficio: infatti, proprio l’espressa previsione, da parte del legislatore, delle facolta’ attribuite, ex officio, al giudice dell’appello preclude un’applicazione estensiva od analogica della norma, ed un ampliamento, per via di interpretazione giurisprudenziale, dei poteri discrezionali specificamente, e tassativamente, conferiti al medesimo giudice. A favore dell’affermazione di tale principio depone, del resto, la natura eccezionale della disposizione in esame, costituente deroga al principio generale dell’effetto devolutivo dell’appello stabilito dall’articolo 597 c.p.p., comma 1, con conseguente sua inapplicabilita’, ai sensi dell’articolo 14 preleggi, al di fuori dei casi espressamente consentiti
Suprema Corte di Cassazione sezione IV sentenza 28 ottobre 2015, n. 43425 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe – Presidente Dott. MASSAFRA Umberto – Consigliere Dott. BLAIOTTA Rocco Marco – Consigliere Dott. MONTAGNI Andrea – Consigliere Dott....
Corte di Cassazione, sezione IV, sentenza 27 luglio 2015, n. 32787. Nella individuazione dei reati rispetto ai quali è applicabile l’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova di cui all’articolo 168 bis del Cp e seguenti (“reati puniti…con la pena edittale detentiva non superiore al massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria…”), deve aversi riguardo alla sola pena edittale, senza che si possa tenere conto della sussistenza di eventuali circostanze aggravanti, seppure a effetto speciale. Infatti, sul piano letterale, manca nella disciplina normativa alcun esplicito riferimento alla possibile incidenza delle eventuali aggravanti, mentre ogni volta che il legislatore ha voluto che si tenesse conto delle circostanze aggravanti lo ha espressamente previsto (cfr. articoli 4 del Cpp, 157 del Cp, 278 del Cpp, 131 bis del Cp). Inoltre, anche strutturalmente, ai fini della decisione sull’istanza presentata ex articolo 464 bis del Cpp, al giudice non è consentito pronunciarsi sulla fondatezza dell’accusa, dunque sulla configurabilità o meno del fatto aggravato, se non in termini negativi circa la sussistenza delle condizioni per la pronuncia di una sentenza di proscioglimento (da queste premesse, accogliendo il ricorso dell’imputato, la Corte, in una fattispecie in cui era contestato il reato di cui all’articolo 73, comma 5, del Dpr 9 ottobre 1990 n. 309, punito con una pena ricompresa nella soglia indicata dall’articolo 168 bis del Cp, ha annullato con rinvio l’ordinanza con cui il Gip aveva invece rigettato la richiesta di sospensione in ragione della ritenuta contestazione dell’aggravante a effetto speciale di cui all’articolo 80 del Dpr n. 309 del 1990, che secondo il giudicante avrebbe portato la pena oltre la soglia prevista per l’ammissibilità dell’istituto)
Suprema Corte di Cassazione sezione IV sentenza 27 luglio 2015, n. 32787 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROMIS Vincenzo – Presidente Dott. MARINELLI Felicetta – Consigliere Dott. ZOSO Liana Maria T – Consigliere Dott. DOVERE Salvatore – Consigliere Dott....
Corte di Cassazione, sezione IV, sentenza 27 luglio 2015, n. 32782. Il giudice può ricostruire la situazione reddituale del soggetto che richiede l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato anche mediante presunzioni, ma deve individuare ogni elemento rilevante, motivando adeguatamente la propria decisione attraverso il riferimento al tenore di vita e alle condizioni personali o familiari dell’istante
Suprema Corte di Cassazione sezione IV sentenza 27 luglio 2015, n. 32782 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROMIS Vincenzo – Presidente Dott. MARINELLI Felicetta – Consigliere Dott. ZOSO Liana Maria T – Consigliere Dott. DOVERE Salvatore – Consigliere Dott....
Corte di Casaszione, sezione IV, sentenza 15 luglio 2015, n. 30499. Le dichiarazioni della persona che fin dall’inizio avrebbe dovuto essere sentita nella qualità di indagata sono inutilizzabili “erga omnes” e la verifica della sussistenza di tale qualità va condotta non secondo un criterio formale quale l’esistenza di “notizia criminis” e l’iscrizione nel registro degli indagati, ma secondo il criterio sostanziale della qualità oggettivamente attribuibile al soggetto in base alla situazione esistente nel momento in cui le dichiarazioni sono state rese
Suprema Corte di Cassazione sezione IV sentenza 15 luglio 2015, n. 30499 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. D’ISA Claudio – Presidente Dott. BIANCHI Luisa – Consigliere Dott. DOVERE Salvatore – Consigliere Dott. MONTAGNI Andrea – Consigliere Dott. SERRAO Eugenia...
Corte di Cassazione, sezione IV, sentenza 2 luglio 2015, n. 28153. Nel settore del diritto processuale penale opera il principio tempus regit actum, il quale trova il proprio precipitato normativo nell’art. 11 r.d. 16 marzo 1942 n. 262 e si articola nei seguenti principi: 1) la nuova norma che disciplina una data fase procedimentale lo fa dal momento della sua entrata in vigore, segnandone definitivamente le condizioni di legittimità; 2) gli atti compiuti medio tempore, vale a dire nel vigore della legge vigente, restano validi; 3) la nuova disciplina non ha effetto retroattivo.
Suprema Corte di Cassazione sezione IV sentenza 2 luglio 2015, n. 28153 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROMIS Vincenzo – Presidente Dott. IZZO Fausto – Consigliere Dott. PICCIALLI Patrizia – Consigliere Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere Dott. SERRAO Eugenia...
Corte di Cassazione, sezione IV, sentenza 29 maggio 2015, n. 23306. Il verbale di contestazione di una violazione al codice della strada con le dichiarazioni confessorie del conducente di mezzo che guida senza patente è inutilizzabile in virtù del combinato disposto degli artt. 63 e 191 c.p.p. e tale inutilizzabilità è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento
Suprema Corte di Cassazione sezione IV sentenza 29 maggio 2015, n. 23306 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe – Presidente Dott. BIANCHI Luisa – Consigliere Dott. MASSAFRA Umberto – Consigliere Dott. MONTAGNI Andrea – Consigliere Dott. SERRAO...
Corte di Cassazione, sezione IV, sentenza 28 maggio 2015, n. 22835. E’ necessario individuare la cosiddetta legge scientifica di copertura, onde ancorare l’accertamento dell’esistenza del rapporto di causalità a solide basi scientifiche piuttosto che al mero intuito del giudice ovvero a massime di esperienza non verificate; solamente nell’ipotesi in cui una legge scientifica idonea a spiegare l’origine del verificarsi di un evento non esista o non sia conosciuta, al giudice è consentito ricorrere a generalizzate regole di esperienza, che forniscono informazioni su ciò che normalmente accade secondo un diffuso consenso della cultura media e nel contesto spazio-temporale della decisione. Qualora il nesso di causalità sia stato accertato in relazione ad una legge scientifica, come nel caso concreto in cui l’insorgenza della dermatite è stata indicata come reazione allergica ad alcuni componenti della crema abbronzante fornita dall’estetista, subentra l’obbligo del giudice di accertare, altresì, la causalità della colpa. Si deve, infatti, rimarcare che la legge di copertura spiega il fenomeno causale ma può non essere di per sé idonea a fondare l’accertamento della causalità della colpa, che richiede una valutazione quasi esclusivamente normativa, consistente nell’accertamento della violazione della regola cautelare, della prevedibilità ed evitabilità dell’evento e della concretizzazione del rischio. In ogni caso, al fine di verificare l’incidenza causale di una determinata condotta rispetto all’evento, il giudice deve sviluppare un ragionamento esplicativo che si confronti adeguatamente con le particolarità del caso concreto, chiarendo che cosa sarebbe accaduto se fosse stato posto in essere il comportamento richiesto dall’ordinamento; tale procedimento logico presuppone che sia accertata la regola cautelare violata e che tale regola sia stata imposta al fine di evitare proprio l’evento in concreto verificatosi
Suprema Corte di Cassazione sezione IV sentenza 28 maggio 2015, n. 22835 Ritenuto in fatto 1. Il Giudice di Pace di Padova, con sentenza del 17/09/2014, ha dichiarato V.A. colpevole del reato di cui all’art.590 cod. pen., condannandola alla pena di Euro 400,00 di multa, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. All’imputata era stato contestato...
Corte di Cassazione, sezione IV, sentenza 26 maggio 2015, n. 22037. Il responsabile di una società sportiva – che gestisce impianti ed attrezzature per le relative attività – è titolare di una posizione di garanzia, ai sensi dell’art. 40, secondo comma, cod. pen., a tutela della incolumità di coloro che li utilizzano, anche a titolo gratuito, sia in forza del principio del neminem laedere, sia nella sua qualità di custode delle stesse attrezzature (come tale civilmente responsabile, per il disposto dell’art. 2051 cod. civ. dei danni provocati dalla cosa, fuori dall’ipotesi del caso fortuito), sia, infine, quando l’uso delle attrezzature dia luogo ad una attività da qualificarsi pericolosa, ai sensi dell’art. 2050 cod. civ.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE IV SENTENZA 26 maggio 2015, n. 22037 Ritenuto in fatto La Corte di Appello di Roma, con sentenza del 27/11/2013, in riforma della pronuncia di condanna emessa dal Tribunale di Roma il 28/11/2011, ha assolto M.P. per insussistenza del fatto dal reato di lesioni colpose gravi ascrittogli perché, in qualità...