CASSAZIONE

Suprema Corte di Cassazione

sezione IV

sentenza 15 luglio 2015, n. 30499

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ISA Claudio – Presidente

Dott. BIANCHI Luisa – Consigliere

Dott. DOVERE Salvatore – Consigliere

Dott. MONTAGNI Andrea – Consigliere

Dott. SERRAO Eugenia – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI PISA;

nei confronti di:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso l’ordinanza n. 15/2014 TRIB. LIBERTA’ di PISA, del 24/10/2014;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EUGENIA SERRAO;

sentite le conclusioni del PG Dott. Filippi Paola, che ha concluso per l’annullamento con rinvio;

Udito il difensore di (OMISSIS), Avv. (OMISSIS), che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso;

Udito il difensore di (OMISSIS), Avv. (OMISSIS), che ha concluso per il rigetto o l’inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Pisa, con ordinanza in data 19/06/2013, aveva confermato il decreto di sequestro preventivo, emesso il 9/05/2013 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Pisa, rigettando la richiesta di riesame proposta da (OMISSIS); in parziale accoglimento della richiesta di riesame proposta da (OMISSIS), aveva annullato il decreto di sequestro limitatamente alla somma di euro 943.366,86, con conferma del provvedimento cautelare in ordine alla residua somma di euro 1.867.177,14. Dopo aver richiamato la giurisprudenza di legittimita’ in ordine ai poteri del riesame, il Tribunale aveva ritenuto sussistente il fumus dei reati ipotizzati (articolo 416 c.p. in relazione al Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articoli 2 e 8), come emergeva dalla documentazione contabile ed extra-contabile sequestrata, dai controlli bancari e postali e dalle dichiarazioni confessorie rese da (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ da quelle di (OMISSIS) (pienamente utilizzabili, trattandosi di persona non indagata ne’ indagabile in quanto mera esecutrice materiale di direttive provenienti dai vertici delle societa’ coinvolte). Da tali risultanze era emerso, secondo il Tribunale, un sistema fraudolento finalizzato all’evasione di imposte, consistente nel rilascio da parte di societa’ o associazioni sportive di fatture per sponsorizzazioni in tutto o in parte inesistenti. Le doglianze difensive, attinenti al merito dell’imputazione, andavano demandate al giudice della cognizione, non potendo il Tribunale accertare, non avendo poteri istruttori, l’imponibile e l’imposta evasa. Il giudice del riesame aveva ravvisato altresi’ le esigenze cautelari, essendo il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente. L’ammontare delle imposte evase da (OMISSIS), cosi’ come determinato dagli accertamenti effettuati dalla Polizia Giudiziaria, si riteneva pero’ inferiore a quello riportato nel decreto di sequestro.

2. Su ricorso per cassazione del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pisa, nonche’ su ricorso degli indagati, la Sezione Terza Penale della Corte aveva pronunciato sentenza di annullamento con rinvio n. 16428 del 27/02/2014 per le ragioni che, sinteticamente, si riportano: “Il Tribunale, con motivazione meramente apparente (e quindi riconducibile ex articolo 125 c.p.p., comma 3, alla violazione di legge di cui all’articolo 325 c.p.p.) si e’ sottratto al ruolo di garanzia che gli compete. Quanto al ricorso del Pubblico Ministero, nel “ridurre” l’ammontare dell’imposta evasa da parte di (OMISSIS), il Tribunale non ha tenuto conto di quanto emergeva gia’ dagli atti (l’informativa della Guardia di Finanza del 26 giugno 2013 e’ ad ulteriore chiarimento); tanto che il decreto di sequestro preventivo individuava e quantificava il danno erariale complessivo in euro 2.810.544,00 per (OMISSIS) ed in euro 414.438,00 per (OMISSIS) (pag. 13 decreto GIP). Il Tribunale ha proceduto alla correzione “automatica” dell’ammontare dell’imposta evasa senza neppure specificare l’errore di calcolo in cui sarebbe incorso il GIP nella quantificazione. Relativamente agli indagati il Tribunale si e’ limitato a richiamare genericamente gli accertamenti della Guardia di Finanza e le dichiarazioni rese da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), senza specificare da quali elementi emergesse il fumus commissi delicti e senza tener conto dei rilievi difensivi (riportati analiticamente nei motivi a sostegno della richiesta di riesame, depositati all’udienza camerale del 19 giugno 2013), in particolare in ordine alla inutilizzabilita’ delle richiamate dichiarazioni. L’ordinanza impugnata va, pertanto, annullata, con rinvio al Tribunale di Pisa, che argomentera’ adeguatamente in ordine all’esistenza del “fumus” ed alla quantificazione dell’imposta evasa, tenendo conto degli elementi offerti dall’accusa e delle deduzioni della difesa”.

3. Il Tribunale di Pisa, in funzione di giudice di rinvio, con ordinanza del 24/10/2014 ha annullato il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari presso il medesimo Tribunale nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), indagati come detto per il delitto di cui all’articolo 416 c.p., Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articoli 2 e 8 (capo A) e per il delitto di cui all’articolo 110 c.p., articolo 81 c.p., comma 2, e Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2 (capo B), ritenendo insussistente il fumus dei delitti.

4. Propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pisa censurando il provvedimento impugnato per i seguenti motivi:

a) violazione degli articoli 63 e 191 c.p.p.. Secondo il Procuratore ricorrente, il Tribunale ha ritenuto inutilizzabili le dichiarazioni rese da (OMISSIS), che sono di particolare interesse investigativo in quanto illustrano il meccanismo delle restituzioni di denaro contante alle societa’ sponsor, su una valutazione ex post, richiamando gli elementi probatori emersi dalla successiva attivita’ di indagine o, quantomeno, dagli indizi forniti dalla stessa (OMISSIS) nel corso della sua escussione. Considerato che il delitto di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8 si caratterizza per il dolo specifico consistente nel fine di garantire ad altri l’evasione dell’imposta e si consuma al momento dell’emissione della fattura o dell’ultima tra piu’ fatture, il Procuratore ricorrente assume che la condotta della (OMISSIS), in quanto collocatasi temporalmente in una fase posteriore rispetto all’emissione di fatture false da parte del (OMISSIS), non consentirebbe di chiamarla a rispondere di concorso nel reato, escludendo l’applicabilita’ dell’articolo 63 c.p.p. alle dichiarazioni dalla stessa rese.

Si tratterebbe, in ogni caso, di inutilizzabilita’ nei confronti di chi ha reso le dichiarazioni e non come fonti di prova della responsabilita’ di terzi;

b) violazione dell’articolo 324, comma 5, in relazione all’articolo 125 c.p.p., comma 3. Il Procuratore ricorrente lamenta che il Tribunale abbia omesso di motivare per quale ragione, una volta espunte le dichiarazioni di (OMISSIS), gli ulteriori atti d’indagine fossero insufficienti a livello di fumus dei delitti contestati, essendovi invece esaustivi elementi probatori a carico dei (OMISSIS) evincibili dalla informativa del 14 giugno 2012 e dai relativi allegati trasmessi al Tribunale in data 8 luglio 2014.

5. Con memorie difensive depositate il 16 aprile 2015 gli Avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), per gli indagati, hanno chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile o sia rigettato. In data 29 giugno 2015 e’ pervenuta nota di deposito con allegata copia della sentenza emessa dalla Corte di Cassazione n. 24837/2015.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ infondato.

2. Con riguardo al primo motivo di ricorso, e’ sufficiente osservare, per evidenziarne l’infondatezza, che secondo il provvedimento impugnato (OMISSIS), indipendentemente dalla sua mancata iscrizione nel registro degli indagati, ha concretamente contribuito alla realizzazione del reato, non potendo quindi essere qualificata al momento in cui ebbe a rilasciare le sue dichiarazioni, come mera persona informata sui fatti, bensi’ come soggetto indagabile. Come precisato dalla Corte di Cassazione (Sez. U, n. 15208 del 25/02/2010, Mills, Rv. 246584; Sez. 2, n. 51840 del 16/10/2013, Caterino, Rv. 258069), in tema di prova dichiarativa, allorche’ venga in rilievo la veste che puo’ assumere il dichiarante, spetta al giudice il potere di verificare, al di la’ del riscontro di indici formali – come l’eventuale gia’ intervenuta iscrizione nel registro delle notizie di reato – l’attribuibilita’ allo stesso della qualita’ di indagato nel momento in cui le dichiarazioni stesse vengano rese e il relativo accertamento si sottrae, se congruamente motivato, al sindacato di legittimita’. E nella fattispecie il provvedimento del Tribunale del riesame ha congruamente motivato, nell’attribuire alla (OMISSIS) la qualifica, sia pure non formale, di indagata.

2.1. In particolare – rilevato che lo stesso Tribunale, con il provvedimento di conferma del sequestro poi annullato dalla Sezione Terza di questa Corte, aveva individuato le ragioni della utilizzabilita’ delle predette dichiarazioni nella circostanza che, avendo la donna svolto il ruolo di mera esecutrice materiale delle direttive ricevute da altri, la stessa non potesse ritenersi soggetto indagabile, per cui correttamente ella era stata sentita quale persona informata sui fatti – il giudice del rinvio ha osservato che, in realta’, concreti elementi indiziari avrebbero dovuto indurre gli inquirenti a ritenere, al momento dell’esame ed allo stato delle indagini, la non estraneita’ della donna all’ipotesi accusatoria.

Detto giudice ha, invero, osservato che una tal conclusione doveva ritenersi giustificata: a) dalla posizione della (OMISSIS) all’interno della ” (OMISSIS)” (ritenuta, con altre societa’ sportive, coinvolta nella frode) in quanto titolare di una consistente quota societaria, persino superiore a quella del (OMISSIS); b) dalla piena conoscenza che la (OMISSIS) aveva delle ragioni per le quali il (OMISSIS) le avesse chiesto di prelevare il denaro. Circostanze, queste, che nessuno, neanche il Procuratore ricorrente, sostiene essere emerse solo a seguito delle dichiarazioni contestate e che devono ritenersi accertate fin dalle prime fasi delle lunghe e complesse indagini, anche bancarie e societarie, dalle quali erano evidentemente emersi, sia la posizione della donna rispetto alla ” (OMISSIS)” e gli interessi di cui la stessa fosse partecipe in ragione della consistente quota societaria di cui era titolare, sia i rapporti con il (OMISSIS). Erano, quindi, certamente note, ben prima che la (OMISSIS) fosse escussa, le molteplici operazioni bancarie che, tramite la stessa, avevano interessato la ” (OMISSIS)”; comprese, naturalmente, quelle relative ai versamenti di somme provenienti dalle societa’ sponsorizzatrici coinvolte, in tesi d’accusa, nella frode ipotizzata ed ai successivi prelievi in contanti; operazioni la cui corretta e discreta esecuzione in sostanza garantiva l’ordinario svolgimento ed il protrarsi dell’attivita’ delittuosa ipotizzata. Le circostanze emerse nel corso delle dichiarazioni rese dalla (OMISSIS), aggiunte alle molteplici operazioni bancarie, eseguite dalla stessa, di deposito delle somme versate dalle societa’ sponsorizzatrici, seguite dai prelievi in contanti di una quota parte di dette somme e dalla consegna delle stesse al (OMISSIS) (che ne curava la restituzione agli sponsor), giustificavano secondo il Tribunale la individuazione della (OMISSIS) quale persona indagabile. Mentre il Procuratore ricorrente, a giustificazione dell’opposta tesi, si confronta con il tema della responsabilita’ della (OMISSIS); tema che va oltre la questione oggetto di esame, che non attiene alla responsabilita’ del soggetto, bensi’ alla sua ben diversa qualita’ di persona indagabile al momento dell’esame.

2.2. Il giudizio espresso dal Tribunale, in merito all’inutilizzabilita’ delle dichiarazioni di (OMISSIS) si presenta, dunque, in linea con la normativa di riferimento.

Tale inutilizzabilita’, d’altra parte, vale erga omnes, e non puo’ ritenersi, come vorrebbe il Procuratore ricorrente, relativa alla sola posizione della dichiarante, previa verifica, ovviamente, della sussistenza di tale qualita’, da condursi sulla base della situazione esistente al momento dell’assunzione delle dichiarazioni di cui trattasi (Sez. 2, n. 23211 del 09/04/2014, Morinelli, Rv.259654).

3. Ma anche il secondo motivo di ricorso e’ infondato.

3.1. Occorre ricordare che con il ricorso per cassazione ai sensi dell’articolo 325 c.p.p. puo’ essere dedotta la violazione di legge e non anche il vizio di motivazione. Ma, secondo la giurisprudenza della Corte di legittimita’, ricorre violazione di legge anche laddove la motivazione stessa sia del tutto assente o meramente apparente, non avendo i pur minimi requisiti per rendere comprensibile la vicenda contestata e l’iter logico seguito dal giudice del provvedimento impugnato. In tale caso, difatti, atteso l’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, viene a mancare un elemento essenziale dell’atto.

3.2. Ed in ossequio alle indicazioni contenute nella sentenza di annullamento, il Tribunale ha esaminato nel loro complesso le acquisizioni indiziarie e le allegazioni difensive al fine di valutare la sussistenza del fumus commissi delicti. L’ordinanza impugnata appare rispettosa delle indicazioni della sentenza di annullamento e non presenta motivazione apparente, avendo esaminato l’inidoneita’ delle dichiarazioni rese da (OMISSIS) ad ipotizzare un coinvolgimento dei ricorrenti nella frode fiscale nonche’ l’inefficacia sopravvenuta ai fini di verifica del fumus commissi delicti della documentazione sequestrata al (OMISSIS) una volta espunte le dichiarazioni della (OMISSIS). In particolare, il Tribunale si e’ soffermato sulle emergenze indiziarie richiamate nel ricorso, ritenendo plausibile la tesi difensiva in merito ai movimenti bancari facenti capo agli indagati ed evidenziando l’assenza di indizi della provenienza illecita delle somme ipotizzata dall’accusa; con riguardo alla documentazione extra-contabile, sono state esaminate le annotazioni “(OMISSIS)” e “(OMISSIS)” contenute nel materiale sequestrato al (OMISSIS) ed il Tribunale ha ritenuto che tali annotazioni non costituissero, venute meno le dichiarazioni della (OMISSIS), indizio dotato della necessaria gravita’ per fondare il provvedimento cautelare reale.

3.3. Le risultanze d’indagine esposte dal Procuratore ricorrente tendono, sostanzialmente, ad ottenere dalla Corte una nuova valutazione del compendio indiziario, non consentita in questa sede, ed evidenziano ulteriormente la pregnanza della motivazione offerta dal Tribunale che, contrariamente a quanto; dedotto nel ricorso, non risulta aver tralasciato di esaminare gli atti.

4. Per tali ragioni il ricorso deve essere rigettato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *