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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 31 luglio 2015, n. 16213. Il carattere distintivo tra il contratto autonomo di garanzia e la fideiussione

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 31 luglio 2015, n. 16213 Svolgimento del processo 1. — La Banca Mediterranea S.p.a., in qualità di avente causa della Banca Popolare Cooperativa di Pescopagano, convenne in giudizio il Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato. proponendo opposizione avverso il decreto emesso il 26 settembre 1998, con cui il...

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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 22 luglio 2015, n. 15360. Con riferimento alla pubblicazione su un quotidiano della foto tessera

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 22 luglio 2015, n. 15360 Svolgimento del processo 1. – P.G.M. convenne in giudizio la R.T.I. – Reti Televisive Italiane S.p.a., per sentirla condannare al pagamento di un indennizzo ed al risarcimento dei danni derivanti dall’uso abusivo della sua immagine, posto in essere nell’ambito di un servizio televisivo...

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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 12 novembre 2014, n. 24160. La corresponsione degli interessi anatocistici presuppone che si tratti di interessi accumulatisi per almeno sei mesi alla data di proposizione della domanda e che la parte ne faccia richiesta in giudizio con una domanda specificamente rivolta ad ottenere la condanna al pagamento di quegli interessi che gl'interessi già scaduti produrranno da quel momento . Qualora la domanda sia ambigua e suscettibile di essere interpretata sia come volta ad ottenere il riconoscimento degli interessi anatocistici sia come richiesta degli interessi moratori destinati a maturare dopo la domanda e fino all'effettivo pagamento, il giudice del merito, stante la necessaria specificità della richiesta di anatocismo, non può ritenere proposta la domanda di tali interessi, ogni qualvolta l'esposizione degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto che costituiscono le ragioni della domanda, alla quale egli deve far riferimento per risolvere quell'ambiguità, non fornisca argomenti in tal senso, incorrendo altrimenti nel vizio di violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 12 novembre 2014, n. 24160 Svolgimento del processo 1. — La Si fra Sud S.r.l., appaltatrice dei lavori di recupero di alcuni fabbricati siti in (omissis), ad essa affidati con contratti del 26 luglio 1984 e del 22 ottobre 1985, convenne in giudizio il Comune di Napoli, chiedendone...

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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 17 ottobre 2014, n. 22044. L'articolo 345 c.p.c., comma 3, nel subordinare l'ammissione di nuovi mezzi di prova in grado d'appello alla condizione che il collegio li ritenga indispensabili ai fini della decisione ovvero, in via alternativa, che la parte dimostri di non averli potuti proporre in primo grado per causa ad essa non imputabile, stabilisce sul piano generale il principio dell'inammissibilita' di mezzi di prova "nuovi", cioe' di mezzi di prova la cui ammissione non sia stata richiesta in precedenza. Il requisito dell'indispensabilita' prescritto dall'articolo 345, comma 3, cit. costituisce infatti un quidpluris rispetto a quello della rilevanza, cui l'articolo 184 c.p.c., comma 1, (nel testo, applicabile ratione temporis al giudizio in esame, anteriore alle modificazioni introdotte dal Decreto Legge 14 marzo 2005, n. 355, convertito in Legge 14 maggio 2005, n. 80) condiziona in via generale l'ammissione dei mezzi di prova, presupponendo che, in quanto di per se' sufficiente a provocare un ribaltamento della decisione, il mezzo istruttorio sia dotato di un'influenza causale piu' incisiva rispetto a quella che le prove dedotte o prodotte in primo grado hanno sulla decisione finale della controversia

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 17 ottobre 2014, n. 22044 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. RORDORF Renato – Presidente Dott. DI AMATO Sergio – Consigliere Dott. DIDONE Antonio – Consigliere Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere...

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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 7 ottobre 2014, n. 21107. La pubblica amministrazione non può raccogliere su internet informazioni sulla vita sessuale di un proprio dipendente per verificare se la sua condotta sia o meno compatibile con l'«immagine» dell'ente. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, sentenza 21107/2014, accogliendo il ricorso del Garante della privacy ed annullando il licenziamento di un dipendente «destituito» perché trovato a prostituirsi sul web mediante annunci a pagamento.

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 7 ottobre 2014, n. 21107 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere Dott. DE...

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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 10 ottobre 2014, n. 21494. L'intento perseguito attraverso l'elargizione, consistente nel beneficiare il destinatario attraverso l'acquisto a del bene anziché con la mera somministrazione di una somma di denaro, rappresenta soltanto il criterio per l'individuazione dell'oggetto della liberalità, costituito nel primo caso dal bene e nel secondo dall'importo in denaro, e l'elemento di differenziazione tra la fattispecie della donazione indiretta, ricorrente nella prima ipotesi, e quella diretta, configurabile nella seconda. Tale criterio assume rilievo ai fini dell'individuazione della forma necessaria per la realizzazione dello scopo di liberalità, che nel caso della donazione diretta è costituita dall'atto pubblico, richiesto a pena di nullità dall'art. 782 cod. civ., mentre per la donazione indiretta è quella prescritta per il negozio tipico utilizzato per il conseguimento del predetto scopo, in quanto l'art. 809 cod. civ., nel dichiarare applicabili le norme che disciplinano la donazione agli altri atti di liberalità realizzati con negozi diversi da quelli previsti dall'art. 769, non richiama anche l'art. 782; l'applicazione di tale principio consente pertanto di affermare la validità della donazione indiretta, ancorché posta in essere in forma diversa dall'atto pubblico, ma non esclude la necessità della relativa prova, che nel caso dell'acquisto effettuato con denaro del donante presuppone la dimostrazione dell'effettiva dazione del relativo importo all'alienante o al donatario.

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 10 ottobre 2014, n. 21494 Svolgimento del processo 1. – M.A. convenne in giudizio la moglie P.F. , chiedendo accertarsi che un appartamento ed un box auto siti in (…), alla strada (omissis) , acquistati dalla donna in comunione con il fratello P.M. , costituivano, per la quota...