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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 23 giugno 2015, n. 12948. In forza dell’autonomia dell’usufrutto rispetto alla nuda proprietà, l’eventuale giudicato di condanna del nudo proprietario alla demolizione di opere eseguite in violazione del diritto dell’attore in negatoria servitutis, non spiega alcun effetto riflesso sulla posizione dell’usufruttuario che sia rimasto estraneo alla lite. Ne legittima, semmai, l’intervento adesino autonomo o litisconsortile, e non quello ad adiuvandum.

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 23 giugno 2015, n. 12948 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Presidente Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere Dott....

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Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 13 maggio 2015, n. 9816. L’art. 424, 1 comma c.c., stabilisce che le disposizioni sulla tutela dei minori e quelle sulla curatela dei minori emancipati si applicano rispettivamente alla tutela degli interdetti e alla curatela degli inabilitati. E poiché al curatore del minore emancipato non si applica l’art. 379 c.c. né altra norma prevede indennità di sorta in suo favore, ugualmente il curatore dell’inabilitato non ha diritto ad alcuna indennità, nemmeno (come osservato in dottrina) in considerazione dell’entità del patrimonio o della difficoltà dell’amministrazione, secondo quanto è previsto invece per il tutore dall’art. 379 c.c.. Ciò corrisponde alla diversità dei due istituti di protezione dell’incapace e delle funzioni svolte al riguardo, ove si consideri che il curatore, a differenza del tutore, non rappresenta né si sostituisce all’incapace, ma si limita a sostenerlo integrandone la volontà, in modo da dare vita all’esterno ad una manifestazione unitaria

Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 13 maggio 2015, n. 9816 Svolgimento del processo Il 30.3.2011 l’avv. C.C.A. , curatore dell’inabilitata O.M.B. , chiedeva al giudice tutelare del Tribunale di Busto Arsizio, sez. distaccata di Gallarate, la liquidazione di un’indennità ai sensi dell’art. 379 c.c. per l’importo complessivo di Euro 67.839,63, di cui 16.468,85...

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Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza 4 maggio 2015, n. 8870. L’art. 82 del r.d. 22 gennaio 1934, n. 37 – secondo cui gli avvocati, i quali esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del tribunale al quale sono assegnati, devono, all’atto della costituzione nel giudizio stesso, eleggere domicilio nel luogo dove ha sede l’autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso, intendendosi, in caso di mancato adempimento di detto onere, lo stesso eletto presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria adita – trova applicazione in ogni caso di esercizio dell’attività forense fuori del circondario di assegnazione dell’avvocato, come derivante dall’iscrizione al relativo ordine professionale, e, quindi, anche nel caso in cui il giudizio sia in corso innanzi alla corte d’appello e l’avvocato risulti essere iscritto all’ordine di un tribunale diverso da quello nella cui circoscrizione ricade la sede della corte d’appello, ancorché appartenente allo stesso distretto di quest’ultima. Tuttavia, a partire dalla data di entrata in vigore delle modifiche degli artt. 125 e 366 c.p.c., apportate dall’art. 25 della legge 12 novembre 2011, n. 183, esigenze di coerenza sistematica e d’interpretazione costituzionalmente orientata inducono a ritenere che, nel mutato contesto normativo, la domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria, innanzi alla quale è in corso il giudizio, ai sensi dell’art. 82 del r.d. n. 37 del 1934, consegue soltanto ove il difensore, non adempiendo all’obbligo prescritto dall’art. 125 c.p.c. per gli atti di parte e dall’art. 366 c.p.c. specificamente per il giudizio di cassazione, non abbia indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine

Suprema Corte di Cassazione sezione VI ordinanza 4 maggio 2015, n. 8870     Svolgimento del processo e motivi della decisione I. – Il Consigliere, nominato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha depositato in cancelleria la seguente relazione in base agli artt. 380-bis e 375 c.p.c.: “I. – L’avv. P.F., con studio professionale in Gorizia,...

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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 25 marzo 2015, n. 12601. In tema di truffa contrattuale, versandosi al cospetto di un delitto a cooperazione artificiosa della vittima, l’eventuale negligenza o scarsa accortezza del soggetto passivo del reato non riveste mai efficacia scriminante o anche solo attenuante

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 25 marzo 2015, n. 12601 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. PETTI Ciro – Presidente Dott. DE CRESCIENZO Ugo – Consigliere Dott. MANNA Anton – rel. Consigliere Dott. RAGO Geppino – Consigliere Dott....

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Corte di Cassazione, sezione II, ordinanza 12 marzo 2015, n. 4965. La Corte rimette la causa al Primo Presidente, affinché ne valuti l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite della seguente questione: se, nel caso in cui il regolamento edilizio determini solo la distanza fra le costruzioni, in assenza di qualunque indicazione circa il distacco delle stesse dal confine, il principio della prevenzione deve ritenersi operativo, non ostandovi alcun divieto di costruire in aderenza o sul confine, o se, invece, allorquando i regolamenti edilizi comunali stabiliscano una distanza minima assoluta tra costruzioni maggiore di quella prevista dal codice civile, detta prescrizione debba intendersi comprensiva di un implicito riferimento al confine, dal quale chi costruisce per primo deve osservare una distanza non inferiore alla metà di quella prescritta, con conseguente esclusione della possibilità di costruire sul confine e, quindi, dell'operatività del criterio cosiddetto “della prevenzione”.

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE II ORDINANZA 12 marzo 2015, n. 4965 Fatto e diritto – D.G.V. , proprietaria di un fondo edificato in comune di Ottaviano, conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Napoli Gu.Do. , proprietario di un terreno confinante su cui era stata realizzata una costruzione che l’attrice lamentava essere stata eretta...

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Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza 4 marzo 2015, n. 4292. L'ordinanza emessa in sede di reclamo ai sensi degli artt. 669 terdecies e 703, 3 comma c.p.c. in nessun caso può coniugare insieme i requisiti di definitività e decisorietà indispensabili affinché possa essere oggetto di ricorso per cassazione . Tale ordinanza rimane assorbita nella sentenza emessa all'esito dell'eventuale fase di cognizione piena instaurata con la richiesta di prosecuzione del giudizio, ai sensi del 4 comma dell'art. 703 c.p.c., fase definita con sentenza che costituisce, a sua volta, l'unico provvedimento decisorio sulla domanda; ovvero, in caso di mancata richiesta di prosecuzione del giudizio nel termine perentorio stabilito da quest'ultima norma, si pone un'ulteriore alternativa, che ugualmente esclude ogni ipotesi di ricorribilità per cassazione dell'ordinanza che provvede sul reclamo. La prima soluzione ipotizzabile è che a tale ordinanza si riconosca una stabilità puramente endoprocessuale ed un'efficacia soltanto esecutiva, come avviene per le (pur ontologicamente diverse) misure cautelari, giacché applicandosi l'art. 669-octies, ultimo comma c.p.c. (in base al rinvio agli artt. 669-bis e ss. in quanto compatibili: secondo comma dell'art. 703 c.p.c.), questa al pari di quelle è inidonea al giudicato è dunque, per definizione, non decisoria. La seconda ipotesi (da ritenersi preferibile, per ragioni di carattere sistematico) è che l'estinzione del giudizio possessorio per la mancata prosecuzione di esso ai sensi del 4 comma dell'art. 703 c.p.c., determini una preclusione pro iudicato (al pari di altre situazioni simili, come quella della seconda ipotesi del primo comma dell’art. 653 c.p.c., operante non solo per il decreto ingiuntivo, ma anche per l'ordinanza ingiuntiva incidentale ex art. 186-ter c.p.c). In tal caso, esclusa per incompatibilità l'applicazione dell'art. 669-octies ultimo comma c.p.c., la parte che non abbia raccolto la provocatio ad prosequendum contenuta nel 4 comma dell'art. 703 c.p.c., e, con essa, la possibilità di ottenere una sentenza sul c.d. merito possessorio, pone in essere una condotta acquiescente che rende irretrattabile l'ordinanza possessoria, munendola di una stabilità (non meramente endoprocessuale, ma) esterna, parificabile a quella della sentenza passata in giudicato.

Suprema Corte di Cassazione sezione VI ordinanza  4 marzo 2015, n. 4292 Svolgimento del processo e motivi della decisione 1. – Il Consigliere, nominato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha depositato in cancelleria la seguente relazione in base agli artt. 380 bis e 375 c.p.c.: “1. – Gli odierni ricorrenti, R.M.C. e G. , propongono...

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Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 3 marzo 2015, n. 4282. La disciplina dell'equa riparazione per mancato rispetto del termine ragionevole di cui all'art.6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, quale introdotta dagli artt. 2 e ss. della legge 24 marzo 2001, n. 89, non è applicabile ai giudizi in materia tributaria involgenti la potestà impositiva dello Stato, stante l'estraneità e irriducibilità di tali vertenze al quadro di riferimento delle liti in materia civile, cui ha riguardo la citata norma pattizia. Non è la natura pecuniaria delle obbligazioni a rendere sempre e comunque applicabile il richiamato art. 6 della Convenzione, ma solo il carattere civile delle stesse, cui si contrappongono le obbligazioni di natura pubblicistica, le quali derivino dall'applicazione di tributi o traggano in ogni caso origine da doveri pubblici, onde la conclusione secondo cui, rientrando la materia fiscale "ancora nel nocciolo duro delle prerogative attinenti alla sovranità statale ed (essendo) sotto questo profilo tuttora dominante la qualifica pubblicistica del rapporto obbligatorio di imposta tra Stato sovrano e contribuente", il contenzioso tributario non rientra nell'ambito dei diritti e delle obbligazioni di carattere civile, malgrado gli effetti patrimoniali che esso necessariamente produce nei confronti dei contribuenti. Vi fanno eccezione le cause riguardanti sanzioni tributarie assimilabili a sanzioni penali per il loro carattere afflittivo, che sia a tal punto significativo da farle apparire alternative a una sanzione penale ovvero a una sanzione che, in caso di mancato adempimento, sia commutabile in una misura detentiva; e quelle che pur essendo riservate alla giurisdizione tributaria sono riferibili alla "materia civile", in quanto riguardanti pretese del contribuente che non investano la determinazione del tributo ma solo aspetti consequenziali, ovvero le richieste di rimborso di somme, rifluenti nell'area delle obbligazioni privatistiche. Tra queste ultime non rientrano le controversie riguardanti il rimborso di imposte che il privato ritenga indebitamente trattenute, poiché il relativo diritto non è accertato secondo i principi di diritto civile sulla ripetizione di indebito, ma in base all'esistenza o meno del potere impositivo

Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 3 marzo 2015, n. 4282 In fatto Con ricorso ex art. 5-ter legge 89/01 del 22.3.2013 F.C. proponeva opposizione innanzi alla Corte d’appello di Perugia avverso il decreto col quale era stata respinta la sua domanda di equo indennizzo per l’eccessiva durata di un processo svoltosi davanti alla...

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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 14 gennaio 2015, n. 1381. Ai fini dell'art. 643 c.p. si richiede non solo l'abuso delle particolari condizioni del soggetto passivo, ma anche la sua induzione a compiere atti giuridici potenzialmente pregiudizievoli per sé o per altri, induzione intesa non già come semplice richiesta di compiere l'atto, bensì come apprezzabile attività di pressione morale, di suggestione o di persuasione, o comunque di spinta psicologica.

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE II   SENTENZA 14 gennaio 2015, n.1381 Ritenuto in fatto   Con sentenza 12.12.2013 la Corte d’Appello di Torino confermava la condanna emessa il 5.5.11 dal Tribunale della stessa sede nei confronti di T.L. alias M.L. (nata in (…)) e di I.P. per il delitto di circonvenzione di incapace continuata ed...