Corte di Cassazione bis

Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza 23 giugno 2015, n. 12948

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Presidente

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere

Dott. ABETE Luigi – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15347/2014 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente –

e contro

(OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza non definitiva n. 3028/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 09/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/03/2015 dal Consigliere Dott. FELICE MANNA;

udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore del ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato (OMISSIS), con delega orale dell’Avvocato (OMISSIS) difensore della resistente, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo e per l’assorbimento dei restanti motivi del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

All’esito del doppio grado di merito, la Corte d’appello di Roma, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Cassino, con sentenza n. 698/03 condannava (OMISSIS) a rimuovere una sopraelevazione realizzata su di un fabbricato di sua proprieta’, perche’ eretta a distanza inferiore a quella legale rispetto alla confinante proprieta’ dell’attore, (OMISSIS).

Contro tale pronuncia proponeva opposizione di terzo ai sensi dell’articolo 404 c.p.c., innanzi alla medesima Corte d’appello, (OMISSIS), madre di (OMISSIS), che assumendosi usufruttuaria dell’immobile su cui gravava la disposta demolizione, e quindi litisconsorte necessaria nel lato passivo, lamentava di non essere stata evocata in giudizio.

Resisteva (OMISSIS); aderiva (OMISSIS).

Con sentenza non definitiva n. 3028/14 la Corte capitolina accoglieva l’opposizione, dichiarando inefficace nei confronti della (OMISSIS) la sentenza opposta, e disponeva con separata ordinanza per la fase rescissoria.

Osservava la Corte distrettuale (richiamando Cass. nn. 17581/07 e 7541/02) che l’usufruttuario e’ legittimato passivo e litisconsorte necessario quando nei confronti del fondo (preteso dominante), su cui e’ costituito il diritto di usufrutto, sia proposta, come appunto nella specie, azione negatoria diretta ad ottenere la condanna alla rimozione delle opere realizzate in danno del fondo dell’attore; e che tale statuizione, in quanto destinata ad incidere necessariamente sul diritto di godimento dell’usufruttuario, non potrebbe essere eseguita ove il predetto non avesse partecipato al giudizio.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre (OMISSIS), in base a tre motivi, successivamente illustrati da memoria.

Resiste con controricorso (OMISSIS).

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Col primo motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1012 c.c., comma 2, articoli 102 e 354 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3. Sostiene parte ricorrente, richiamandosi espressamente a Cass. nn. 5900/10, 8008/11 e 21341/11, che la legittimazione passiva all’azione di demolizione di opere edilizie eseguite in violazione delle distanze legali compete unicamente al proprietario attuale del manufatto; e che anche nel caso in cui sull’immobile gravi un diritto di usufrutto, la legittimazione passiva rispetto all’azione di riduzione in pristino, conseguente all’esecuzione di opere illegittime, perche’ realizzate in violazione delle distanze legali, spetta unicamente al nudo proprietario, potendosi riconoscere all’usufruttuario il solo interesse a spiegare nel giudizio intervento volontario ad adiuvandum, ai sensi dell’articolo 105 c.p.c., comma 2, volto a sostenere le ragioni del nudo proprietario alla conservazione del suo immobile, anche quando le opere realizzate a distanza illegittima abbiano riguardato sopravvenute accessioni sulle quali si sia esteso il godimento spettante all’usufruttuario in conformita’ dell’articolo 983 c.c..

Peraltro, aggiunge il ricorrente, dagli atti di causa (e in particolare dalle relazioni del c.t.u.) si ricava che le opere della cui demolizione si controverte consistono nella sopraelevazione a fini abitativi del sottotetto di un fabbricato, che hanno creato un manufatto edilizio del tutto nuovo, su cui la (OMISSIS) non puo’ vantare alcun diritto. Quest’ultima non sarebbe, inoltre, svantaggiata dall’esecuzione della sentenza di condanna, poiche’ demolita la sopraelevazione ella si ritroverebbe a godere dell’immobile nel suo stato originario.

2. – Il secondo motivo espone la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1012 c.c., comma 2 e articolo 2909 c.c. e dell’articolo 354 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, per non aver considerato, secondo l’orientamento espresso da Cass. n. 7541/02, che la mancata partecipazione al giudizio dell’usufruttuario del fondo servente puo’ comportare soltanto che la sentenza, non potendo pregiudicarne i diritti, resta a lui inopponibile e non produce effetti lesivi sino all’estinzione dell’usufrutto, rimanendo cosi’ insuscettibile di essere eseguita prima che tale diritto sia cessato.

3. – Col terzo motivo di ricorso e’ allegata la violazione degli articoli 353 e 354 c.p.c., in relazione al n. 3 (rectius, 4) dell’articolo 360 c.p.c., per violazione del principio del doppio grado di giurisdizione. La Corte d’appello, afferma il ricorrente, dopo aver dichiarato la nullita’ della propria sentenza n. 689/03, ha ritenuto di poter esaminare il merito dell’impugnazione disponendo con separata ordinanza la rimessione della causa sul ruolo, in applicazione del conforme principio enunciato da Cass. nn. 17/11 e 5208/87. Tali precedenti, osserva il ricorrente, si riferiscono tuttavia a situazioni diverse e peculiari: il primo riguardando un caso in cui il litisconsorte necessario era stato pretermesso solo nel giudizio d’appello; il secondo essendo relativo ad una situazione diversa dall’opposizione di terzo ex articolo 404 c.p.c..

4. – Il primo motivo e’ fondato.

4.1. – In passato la giurisprudenza di questa Corte aveva ritenuto, in tema di negatoria servitutis qualificata ai sensi del cpv. dell’articolo 949 c.c., che la domanda diretta alla rimozione di opere eseguite a distanza inferiore a quella legale dovesse essere necessariamente proposta nei confronti del nudo proprietario, oltre che dell’usufruttuario, del fondo sul quale le opere sono state realizzate, in quanto la sentenza emessa nei confronti soltanto del secondo sarebbe inutiliter data, in quanto non eseguibile in danno del proprietario (Cass. nn. 7541/02, 35/00, 5887/82 e 959/81; contra, pero’, n. 3441/74, con riferimento ad un’azione diretta alla costituzione di servitu’ coattiva esercitata nei confronti del solo nudo proprietario). Cio’ in quanto la richiesta cessazione della turbativa o della molestia inerente all’esercizio di una determinata servitu’ richiede, inscindibilmente, il preliminare accertamento negativo di tale vantato diritto; e pertanto se tale domanda e’ spiegata nei confronti dell’autore della turbativa o della molestia che non sia il proprietario del preteso fondo dominante, il giudizio deve essere necessariamente integrato nei confronti del predetto proprietario (Cass. n. 1185/73).

Tale orientamento, che comporta in tema di actio negatoria servitutis un litisconsorzio necessario tra usufruttuario e nudo proprietario, agli inizi di questo decennio ha subito una variazione nell’ipotesi di azione proposta contro il solo nudo proprietario, a seguito di Cass. n. 5900/10. Quest’ultima ha osservato che l’usufrutto vale soltanto a giustificare un eventuale intervento volontario ad adiuvandum ex articolo 105 c.p.c., comma 2, da parte dell’usufruttuario, in considerazione dell’interesse di lui a sostenere le ragioni del nudo proprietario alla conservazione dell’immobile, cosi’ come incrementato dalle opere oggetto di domanda di demolizione, opere sulle quali il godimento dell’usufruttuario si espande ai sensi dell’articolo 983 c.c., comma 1.

Siffatta situazione soggettiva, non puo’ tuttavia legittimare passivamente l’usufruttuario rispetto alle pretese restitutorie, da far valere nei confronti del proprietario, anche nei casi in cui l’opera sia stata realizzata da altri soggetti, tenuti a risponderne solo a titolo risarcitorio (v. Cass. 2968/01, 5520/98, 13072/95 e 2722/93, citate da Cass. n. 5900/10). Non avendo, infatti, la facolta’ di disporre del bene, l’usufruttuario non puo’ essere considerato responsabile dell’intervento additivo, ne’ della mancata eliminazione delle opere relative, ove illegittime, a meno che non abbia in qualche modo concorso, quale autore o coautore materiale (tale l’ipotesi considerata in Cass. n. 35/00), alla relativa realizzazione, nel qual caso egli deve risponderne solo sul piano risarcitorio, alla stregua di qualsiasi corresponsabile dell’illecito.

Quest’ultimo orientamento si e’ poi consolidato grazie ad altre due pronunce, nn. 8008/11 e 21341711 (quest’ultima non massimata), sicche’, allo stato, il parziale contrasto con l’indirizzo precedente non pare sincrono e tale, dunque, da doverne investire le S.U..

4.2. – L’orientamento espresso da Cass. n. 5900/10 va sostanzialmente confermato, salvo una necessaria (e diversa) puntualizzazione sulla natura della posizione dell’usufruttuario.

L’articolo 1012 c.c., comma 1, prevede – esclusivamente a tutela del nudo proprietario – che se durante l’usufrutto un terzo commette usurpazione sul fondo o altrimenti offende le ragioni del proprietario, l’usufruttuario e’ tenuto a fargliene denuncia e, omettendola, e’ responsabile dei danni che eventualmente siano derivati al proprietario. Il comma 2 di detto articolo, invece, inverte la prospettiva e legittima attivamente l’usufruttuario alle azioni confessorie o negatorie, imponendogli tuttavia di chiamare in causa il proprietario. Quest’ultima disposizione costituisce una logica conseguenza del carattere essenzialmente autonomo dell’usufrutto rispetto alla nuda proprieta’, nel senso che il primo non dipende dalla seconda, l’uno e l’altra essendo distinti diritti reali che confluiscono sulla medesima res. Significativamente, invece, nell’ipotesi del contratto di locazione, da cui deriva il diritto del conduttore, l’omologo articolo 1586 c.c., comma 2, dettato in tema di pretese di terzi sulla cosa locata, pone una regola inversa, ossia l’assunzione della lite da parte del locatore e l’estromissione del conduttore, salvo questi abbia interesse a rimanere nel giudizio.

Autonomo l’usufrutto rispetto alla nuda proprieta’, e’ di necessita’ logica affermare che l’eventuale giudicato di condanna del nudo proprietario alla demolizione di opere eseguite in violazione del diritto dell’attore in negatoria servitutis, non spiega alcun effetto riflesso sulla posizione dell’usufruttuario che sia rimasto estraneo alla lite. E dunque ne legittima, semmai, l’intervento adesivo autonomo o litisconsortile, e non quello ad adiuvandum.

4.3. – A conclusioni del tutto identiche si perviene procedendo dai principi elaborati sul litisconsorzio necessario, il quale fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, ricorre solo quando, per la particolare natura o configurazione del rapporto giuridico dedotto in giudizio e per la situazione strutturalmente comune a una pluralita’ di soggetti, la decisione non puo’ conseguire il proprio scopo se non e’ resa nei confronti di tutti loro (cfr. ex pluribus, Cass. nn. 6381/08, 4890/06, 4714/04, 3023/04 e 11612/97).

Nel caso di azione negatoria, la sentenza d’accoglimento della domanda proposta contro il solo nudo proprietario e di condanna di quest’ultimo alla rimozione delle opere illegittimamente realizzate, non e’, ove resa contro il solo nudo proprietario e non anche contro l’usufruttuario, inutiliter data. Essa e’ eseguibile nei confronti del primo (o dei suoi eredi o aventi causa: articolo 2909 c.c.) una volta che, estintosi l’usufrutto, la nuda proprieta’ si consolidi divenendo piena. A ben vedere, e’ solo per mere ragioni d’opportunita’ – come tali inidonee a fondare in materia un’affermazione avente validita’ teoretica – che la precedente giurisprudenza di questa Corte, per evitare una pronuncia di condanna ineseguibile ad tempus, aveva ritenuto necessario il litisconsorzio tra il nudo proprietario e l’usufruttuario. Ma si tratta, appunto, di un commodum, cioe’ di una situazione non necessaria che al piu’ legittimerebbe (oltre all’intervento volontario, anche) la chiamata in causa iussu iudicis dell’usufruttuario, ai sensi dell’articolo 107 c.p.c..

Ne’ varrebbe dedurre l’inconveniente della possibile prescrizione dell’actio indicati, in attesa dell’estinzione dell’usufrutto, atteso che inopponibilita’ e ineseguibilita’ della sentenza nei confronti dell’usufruttuario equivalgono a impedimenti di diritto ai sensi dell’articolo 2935 c.c..

5. – L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento del secondo – strettamente connesso – mezzo, e del terzo, poiche’ la cassazione della sentenza non definitiva sul rescindente determina l’effetto espansivo esterno sugli atti processuali della fase rescissoria.

6. – Per quanto sopra, la sentenza impugnata va cassata senza rinvio.

7. – Sussistono giusti motivi, nel testo dell’articolo 92 c.p.c., comma 2, previgente alle modifiche apportate dalla Legge n. 69 del 2009, per compensare integralmente le spese del giudizio d’opposizione e del presente processo di cassazione, attesa la sia pur parziale controvertibilita’ della questione posta a base del ricorso.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo, assorbiti gli altri, cassa senza rinvio la sentenza impugnata e compensa le spese del giudizio d’opposizione e di quello di cassazione.

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