Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 11 dicembre 2015, n. 49145 Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Reggio Calabria riformava parzialmente la sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale della medesima città del 15 ottobre 2012 che, all’esito di giudizio abbreviato, aveva dichiarato T.R. responsabile di...
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Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 23 novembre 2015, n. 46359. Integra il delitto di calunnia la condotta dell’imputato che non si limiti a ribadire l’insussistenza delle accuse a suo carico, ma rivolga all’accusatore, di cui conosca l’innocenza, accuse specifiche, circostanziate e determinata di un fatto concreto e dunque idonee a determinare la possibilità dell’inizio di un’indagine penale nei suoi confronti, atteso che, in tale ipotesi, non ricorrono le condizioni richieste perchè si configuri il legittimo esercizio del diritto di difesa e quindi la causa di giustificazione di cui all’art. 51 cod. pen. Ricorrono dunque gli estremi del reato di calunnia quando l’imputato, travalicando il rigoroso rapporto funzionale tra la sua condotta e la confutazione dell’imputazione, non si limiti a ribadire la insussistenza delle accuse a suo carico, ma assuma ulteriori iniziative dirette a coinvolgere altri, di cui conosce l’innocenza, nella incolpazione, specifica e circostanziata, di un fatto concreto e da ciò derivi la possibilità di inizio di un’indagine penale da parte dell’autorità
Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 23 novembre 2015, n. 46359 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROTUNDO Vincenzo – Presidente – Dott. MOGINI Stefano – Consigliere – Dott. CALVANESE Ersilia – Consigliere – Dott. SCALIA Laura – Consigliere...
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 30 novembre 2015, n. 47282. Riconosciuta l’applicabilità della scriminante specifica di cui all’art. 598, primo comma, cod. pen. (“Offese in scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle autorità giudiziarie o amministrative”) al delitto previsto dall’art. 343 cod. pen. (“Oltraggio a un magistrato in udienza”), escludendo ogni distinzione a seconda che ii destinatario delle espressioni offensive sia una parte privata (imputato; difensore; parte civile) o il pubblico Ministero. L’espresso orientamento muove dagli esiti interpretativi raggiunti dalla Corte di legittimità sui contenuti della scriminante dell’esercizio dei diritto di critica nei delitti contro l’onore, scriminante che come tale deve essere sostenuta dalla correttezza e dalla continenza delle espressioni utilizzate. Da siffatta premessa, la giurisprudenza di legittimità si è fatta portatrice della necessità che allorché la fattispecie contestata sia quella dell’oltraggio a un magistrato in udienza (art. 343 cod. pen.), le espressioni di dissenso portate all’operato di un magistrato dall’imputato, e più in generale da una parte privata, nel processo, siano scriminate dalla esimente speciale di cui all’art. 598, secondo comma, cod. pen., se rispettose del principio della continenza. Quest’ultimo resta in modo poi specifico contrassegnato, quanto a contenuti, dalla diretta ed immediata riferibilità dell’espressione utilizzata all’oggetto della controversia e dalla rilevanza funzionale della prima alle argomentazioni poste a fondamento della tesi prospettata dalla parte nel processo
Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 30 novembre 2015, n. 47282 Ritenuta in fatto 1. Con sentenza pronunciata in data 18.10.2013, la Corte di Appello di Trento, rigettando l’impugnazione proposta da A.B. avverso la sentenza emessa dal Tribunale della medesima città il 09.07.2012, ha confermato la condanna dei prevenuto alla pena di un anno...
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 17 giugno 2015, n. 25386. In tema di rapporti tra il reato di sottrazione di minorenne e il reato di elusione di un provvedimento giudiziario, una volta esclusa la significatività di determinate condotte e la inesistenza di altre condotte ai fini del reato di cui all’articolo 388 cod. pen., non vi è alcuna necessità che il giudice motivi sulla mancata configurabilità del reato di sottrazione di minore, ipotizzato quale conseguenza delle stesse condotte
Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 17 giugno 2015, n. 25386 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROTUNDO Vincenzo – Presidente Dott. DI STEFANO Pierluig – rel. Consigliere Dott. CAPOZZI Angelo – Consigliere Dott. DE AMICIS Gaetano – Consigliere...
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 14 maggio 2015, n. 20140. In tema di produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti, l’aggravante dell’ingente quantità, di cui all’art. 80, comma 2, d.P.R. n. 309/1990, non è di norma ravvisabile quando la quantità sia inferiore a 2.000 volte il valore massimo, in milligrammi (valore-soglia), determinato per ogni sostanza nella tabella allegata al d.m. 11/4/2006, ferma restando la discrezionale valutazione del giudice di merito, quando tale quantità sia superata
Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 14 maggio 2015, n. 20140 Considerato in fatto 1. P.D. è imputato di avere illecitamente detenuto 8 kg di marijuana (principio attivo gr. 1143,61), quantità da considerarsi ingente, in (omissis). In esito a giudizio abbreviato il 21.9.09 il GUP di Bologna, con motivazione depositata lo stesso giorno ma...
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 25 marzo 2015, n. 12642. L’obbligo di astensione da parte dei consiglieri comunali sussiste ogniqualvolta vi sia una correlazione immediata e diretta fra la posizione del consigliere e l’oggetto della deliberazione, il che normalmente non ricorre nei casi di provvedimenti normativi o di carattere generale
Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 25 marzo 2015, n. 12642 REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROTUNDO Vincenz – Presidente Dott. CAPOZZI Angelo – Consigliere Dott. DI SALVO Emanuel – Consigliere Dott. BASSI A. – rel. Consigliere Dott. PATERNO’...
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 25 marzo 2015, n. 12657. L’erogazione di finanziamenti a società collegate non può costituire condotta distrattiva atteso che, da un lato, il gestore ha e conserva la libera disponibilità delle somme ricevute per la gestione post mortem della discarica; dall’altro lato, l’investimento finanziario non comporta la sottrazione del denaro con conseguente acquisizione al patrimonio personale degli indagati
Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 25 marzo 2015, n. 12657 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROTUNDO Vincenz – Presidente Dott. CAPOZZI Angelo – Consigliere Dott. DI SALVO Emanuel – Consigliere Dott. BASSI A. – rel. Consigliere Dott....
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 25 marzo 2015, n.12656. Sono sottoposti a vincolo di indisponibilità le garanzie finanziarie prestate dall’appaltatore quale condizione per l’ottenimento dell’autorizzazione alla gestione di un servizio pubblico di discarica rifiuti, in quanto volte a garantire la copertura dei costi per la gestione dell’impianto dopo la chiusura. Al contrario, la componente del corrispettivo pagato per ciascun rifiuto, anche se diretta a compensare i costi necessari per l’ottenimento delle garanzie finanziarie, entra immediatamente nella piena disponibilità dell’appaltatore, non avendo alcun carattere di altruità rispetto al patrimonio del gestore
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE VI SENTENZA 25 marzo 2015, n.12656 Ritenuto in fatto Con ordinanza del 13 ottobre 2014, il Gip presso il Tribunale di Latina ha applicato a D.E. , L.S. , R.A. , C.V. , G.A. e T.P. , in relazione al reato di peculato commesso in concorso tra loro...
Corte di Cassazione, sezione VI, 10 febbraio 2015, n. 6101. In tema di delitto di oltraggio a pubblico ufficiale, la frase "non rompermi i coglioni" e "non rompere le scatole a mia moglie" ha un evidente contenuto oltraggioso e lesivo dei prestigio dei pubblico ufficiale, cui è rivolta, anche se si tratta di espressione usata frequentemente, tanto più se rivolta da un detenuto ad una persona addetta alla sua sorveglianza, verso la quale egli ha il dovere di serbare un comportamento riguardoso; ancora, un'espressione intrinsecamente offensiva – quale, nella specie, "si tolga dalle scatole"-, anche se viene usata nel linguaggio comune, non perde il carattere di antigiuridicità quando è pronunciata in circostanze tali che, esulando dai limiti della critica o della protesta garbata, trasmodi in aperto vilipendio della persona destinataria e della pubblica amministrazione da essa rappresentata. Infine, per la sussistenza del delitto di oltraggio a pubblico ufficiale non si richiede il dolo specifico essendo sufficiente la consapevolezza, nel soggetto attivo, dei significato oltraggioso delle parole usate. Tale consapevolezza è in re ipsa quando l'espressione, pur se entrata in uso corrente, non ha perso il suo significato di disprezzo dell'operato altrui (nella specie l'imputato aveva esclamato "a quest'ora mi avete rotto i coglioni, io debbo andare a casa").
Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 10 febbraio 2015, n. 6101 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 18.3.2014 – a seguito di richiesta di decreto penale formulata dal P.M. – il G.I.P. del Tribunale di Cagliari, ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., ha assolto perché il fatto non costituisce reato Z. P.B....