Cassazione toga rossa

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE VI

SENTENZA 25 marzo 2015, n.12656

Ritenuto in fatto

 

Con ordinanza del 13 ottobre 2014, il Gip presso il Tribunale di Latina ha applicato a D.E. , L.S. , R.A. , C.V. , G.A. e T.P. , in relazione al reato di peculato commesso in concorso tra loro (sub capo A), la misura degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico e col divieto di comunicare con qualunque mezzo telefonico o telematico con persone diverse da coloro che coabitano con loro o li assistono, nonché il sequestro preventivo delle quote sociali della società INDECO s.r.l. interamente partecipata da GREEN HOLDING S.p.A. A tenore della imputazione provvisoria, agli indagati è contestato di avere, D. quale Presidente del consiglio d’amministrazione e L. e R. quali componenti del consiglio di amministrazione della INDECO s.r.l. – esercente l’attività di discarica in Borgo Montello -, C. e G. quali componenti del consiglio di amministrazione della società GREEN HOLDING S.p.A., T. quale amministratore di fatto della medesima società, distratto la somma di oltre 34 milioni di Euro stanziata a copertura degli obblighi di chiusura e di bonifica ai sensi dell’art. 13 d.lgs n. 37/2003 da impiegare nel ciclo trentennale del post mortem dei bacini di discarica esauriti ed incamerata dalla INDECO attraverso l’addebito agli enti e agli impianti conferenti RSU e RSAU della quota tariffaria determinata dalla Regione Lazio, pari – da ultimo – a Euro 13,925 per tonnellata; reato commesso in Latina dal 2005 sino alla data odierna.

Nel ritenere condivisibile l’impostazione accusatoria, il primo giudice ha evidenziato che, come emerso dalle indagini e delineato nella consulenza tecnica del pubblico ministero, le somme destinate alla gestione post mortem non erano state accantonate a tale fine dalla società INDECO, ma distratte a favore delle società ad essa collegate – segnatamente la capogruppo GREEN HOLDING, la REA DALMINE S.p.A. e la MARZANO S.r.l. – nonché successivamente trasferite dalla GREEN HOLDING a tre società lussemburghesi (ADAMI SA, DOUBLE GREEN SA E GREEN LUXEMBURG); che la INDECO non aveva prestato le garanzie per i finanziamenti erogati alle società del gruppo né la fideiussione bancaria richiesta ai fini dell’autorizzazione della gestione dell’impianto di smaltimento. Il giudice riteneva dunque sussistenti il pericolo di reiterazione di analoghe condotte criminose ed il pericolo di inquinamento probatorio, applicando agli indagati la misura degli arresti domiciliari richiesta dall’inquirente.

Con ordinanza del 6 novembre 2014, il Tribunale del riesame di Roma ha annullato l’ordinanza custodiale nei confronti di T.P. e R.A. .

Il Collegio ha evidenziato che: 1) la gestione di una discarica pubblica assentita da un’autorizzazione amministrativa costituisce esercizio di un pubblico servizio in senso oggettivo, in considerazione delle prescrizioni che la regolano e per il rilievo degli interessi collettivi coinvolti, sicché il gestore riveste la qualità di incaricato di un pubblico servizio; 2) alla luce degli artt. 10, 13, 14 e 15 d.lgs n. 36/2003, la gestione delle discariche è subordinata all’autorizzazione della Regione sulla base di una serie di requisiti oggettivi e strutturali; i rifiuti possono essere allocati in discarica solo dopo il trattamento; il prezzo d’ingresso include una quota destinata all’assolvimento degli obblighi connessi al periodo post gestione e la garanzia per l’attivazione e la gestione della discarica riguarda anche le procedure di chiusura e deve essere trattenuta per almeno due anni o per trent’anni a seconda della tipologia di discarica; 3) il prezzo per lo smaltimento del rifiuto in discarica, coprendo sia i costi di gestione attiva del servizio sia gli oneri di gestione post mortem dell’invaso perde la caratteristica dell’altruità ed il gestore è tenuto soltanto ad un tacere, cioè alla prestazione di un’attività che si realizza nell’obbligo di fornire un determinato servizio a fronte di un corrispettivo predeterminato; 4) non può ritenersi pertanto sussistente in capo al gestore un obbligo di accantonare le somme che riceve in via anticipata, dovendo egli solo garantire l’adempimento dell’obbligo contrattuale di gestione post operativa; 5) il sistema approntato dal legislatore al fine di garantire l’adempimento degli obblighi di gestione successiva alla chiusura dell’invaso non è la fatturazione separata e l’accantonamento in bilancio, ma la prestazione di idonee garanzie a tutela degli interessi della pubblica amministrazione; 6) l’art. 14 del citato decreto non prevede infatti nessuna sanzione a carico dei gestori in caso di utilizzazione delle somme per altri fini, ma impone solo l’obbligo di prestare fideiussione o garanzia assicurativa, cui è appunto subordinato il rilascio della concessione; 7) il gestore non è dunque tenuto a conservare fisicamente intatta la somma nel proprio conto corrente, avendo semmai un obbligo di prevederla fra le poste attive e quindi anche sotto forma di credito. Sulla scorta di tali premesse, il Tribunale ha concluso che l’erogazione di finanziamenti a società collegate non può costituire condotta distrattiva atteso che, da un lato, il gestore ha e conserva la libera disponibilità delle somme ricevute per la gestione post mortem della discarica; dall’altro lato, l’investimento finanziario non comporta la sottrazione del denaro con conseguente acquisizione al patrimonio personale degli indagati. In ultimo, il Tribunale ha comunque posto in luce che – come emerge dagli accertamenti effettuati dai consulenti del pubblico ministero – la INDECO sta attualmente provvedendo alla gestione post mortem dei bacini esauriti, sicché allo stato non è rilevabile nessuna violazione contrattuale.

Il Procuratore della Repubblica del Tribunale di Latina ha proposto ricorso avverso l’ordinanza e ne ha chiesto l’annullamento per inosservanza o erronea applicazione dell’art. 314 cod. pen. Evidenzia il ricorrente che il Tribunale ha erroneamente escluso la configurabilità nella specie del reato di peculato sulla base di una distorta lettura delle norme dettate il d.lgs n. 36 del 2003, atteso che: 1) la fideiussione richiesta alla società di gestione della discarica ai fini del rilascio della relativa autorizzazione è una fideiussione a garanzia dell’accantonamento e non dell’esecuzione della prestazione della gestione post operativa della discarica, che una prestazione di natura prettamente pubblicistica: la fideiussione non supplisce e non può supplire all’inadempimento dell’obbligo di gestione post mortem della discarica, essendo volta a garantire che il gestore proceda l’accantonamento delle somme da impiegare nella gestione trentennale dopo la chiusura degli invasi; si tratta di una garanzia aggiuntiva e non sostitutiva dell’accantonamento; 2) nel caso in oggetto, non sono state prestate le garanzie trentennali; 3) la quota destinata alla gestione post mortem non si può qualificare come corrispettivo, ma piuttosto come fondo di dotazione in capo ad un soggetto che svolge un pubblico servizio, ed è dunque volta a creare una provvista da destinare alle attività di gestione post operativa, fondamentali per la salvaguardia del territorio e la tutela ambientale. Ne consegue che la destinazione di tali quote – per un ammontare complessivo di oltre 34 milioni di Euro – verso le società del gruppo riferibili agli stessi soggetti deve essere qualificata come condotta appropriativa, integrante il reato di peculato.

Nella memoria depositata nella cancelleria di questa Corte, l’Avv. Salvatore Pino, difensore di fiducia di T.P. , ha chiesto che il ricorso del pubblico ministero sia rigettato.

Il Procuratore generale ha chiesto che l’ordinanza impugnata sia annullata con rinvio.

L’Avv. Angelo Luigi Matteo Giarda per R.A. e l’Avv. Pino Salvatore per T.P. hanno insistito per il rigetto del ricorso.

 

Considerato in diritto

 

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

Il ricorso si incentra sulla contestata natura di corrispettivo della quota ricevuta dalla INDECO s.r.l., società esercente l’attività di gestione della discarica di Borgo Montello, ai fini della gestione post mortem della discarica medesima (quota pari a Euro 13,925 per tonnellata di rifiuti versati in discarica, per un ammontare complessivo di oltre 34 milioni di Euro) e, dunque, sulla possibilità di configurare rispetto a tali risorse finanziarie – in ipotesi d’accusa vincolate alla sopra delineata finalità pubblica e dunque indisponibili -, laddove destinate al finanziamento di altre società del gruppo e non accantonate all’uopo, una condotta distrattiva/appropriativa integrante l’incriminazione di peculato.

Orbene, ritiene il Collegio che il giudice della impugnazione cautelare abbia correttamente risposto in senso negativo al sopra delineato quesito ermeneutico.

In via preliminare, occorre rammentare che l’art. 14 Lgs. n. 36/2003 (Garanzie finanziarie) recita: ‘1. La garanzia per l’attivazione e la gestione operativa della discarica, comprese le procedure di chiusura, assicura l’adempimento delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione e deve essere prestata per una somma commisurata alla capacità autorizzata della discarica ed alla classificazione della stessa ai sensi dell’articolo 4. In caso di autorizzazione per lotti della discarica, come previsto dall’articolo 10, comma 3, la garanzia può essere prestata per lotti. 2. La garanzia per la gestione successiva alla chiusura della discarica assicura che le procedure di cui all’articolo 13 siano eseguite ed è commisurata al costo complessivo della gestione post-operativa. In caso di autorizzazione della discarica per lotti la garanzia per la post-chiusura può essere prestata per lotti. 3. Fermo restando che le garanzie di cui ai commi 1 e 2, nel loro complesso, devono essere trattenute per tutto il tempo necessario alle operazioni di gestione operativa e di gestione successiva alla chiusura della discarica e salvo che l’autorità competente non preveda un termine maggiore qualora ritenga che sussistano rischi per l’ambiente; a) la garanzia di cui al comma 1 è trattenuta per almeno due anni dalla data della comunicazione di cui all’articolo 12, comma 3; b) la garanzia di cui al comma 2 è trattenuta per almeno trenta anni dalla data della comunicazione di cui all’articolo 12, comma 3. 4. Le garanzie di cui ai commi 1 e 2 sono costituite ai sensi dell’articolo 1 della legge 10 giugno 1982, n. 348, e devono essere prestate in misura tale da garantire la realizzazione degli obiettivi indicati nei citati commi. 5. Nel caso di impianti di discarica la cui coltivazione ha raggiunto, alla data di entrata in vigore della presente decreto, l’80% della capacità autorizzata, il massimale da garantire secondo i parametri previsti è ridotto nella misura del 40%. 6. Le Regioni possono prevedere, per gli impianti realizzati e gestiti secondo le modalità previste dal presente decreto, che la garanzia finanziaria di cui al comma 2 non si applichi alle discariche per rifiuti inerti. 7. Gli oneri afferenti alle garanzie previste dal presente articolo, allorquando le regioni e gli enti di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, gestiscono direttamente la discarica, sono coperti dalla tariffa con le modalità di cui all’articolo 15’.

L’art. 15 Lgs. n. 36/2003 (Costi dello smaltimento dei rifiuti nelle discariche) dispone: ‘1. Il prezzo corrispettivo per lo smaltimento in discarica deve coprire i costi di realizzazione e di esercizio dell’impianto, i costi sostenuti per la prestazione della garanzia finanziaria ed i costi stimati di chiusura, nonché i costi di gestione successiva alla chiusura per un periodo pari a quello indicato all’art. 10 comma 1, lettera i)’.

Dal lineare dato testuale delle disposizioni sopra ricordate, e segnatamente dall’art. 15, si evince che nel ‘prezzo corrispettivo’ per lo smaltimento dei rifiuti in discarica rientrano, quale quota parte, oltre agli altri costi, tanto il costo stimato di gestione dell’impianto successivamente alla chiusura – il cd. post mortem -, quanto il costo sostenuto per la prestazione della garanzia finanziaria. Ancora, dal disposto dell’art. 14, commi 2 e 3, emerge chiaramente che ciò che deve essere trattenuto ‘per almeno trenta anni’ non è la quota parte del prezzo destinata a coprire i costi per la gestione successiva alla chiusura della discarica, bensì la garanzia costituita a tale scopo. Garanzia per la gestione del post mortem che, giusta il rimando espresso all’art. 14, comma 4, all’art. 1 della legge n. 348 del 1982, va costituita alternativamente mediante a) reale e valida cauzione; b) fidejussione bancaria; c) polizza assicurativa. Detta garanzia finanziaria è appunto volta a garantire che, una volta chiuso l’invaso, l’esercente il pubblico servizio sia in grado di adempiere all’obbligo di gestione post operativa della discarica.

La lettura delle disposizioni dettate nel decreto legislativo n. 36/2003 rende palese come, secondo la disciplina delineata dal legislatore nel dare attuazione alla direttiva 1999/31/CE in tema di discariche di rifiuti, il gestore abbia diritto a percepire, quale quota parte del prezzo del conferimento dei rifiuti in discarica, il ‘corrispettivo’ sia per la gestione successiva alla chiusura della discarica, sia per la costituzione delle garanzie, tese appunto ad assicurare gli adempimenti correlati alla gestione post operativa dell’invaso.

Il decreto legislativo testé esaminato prevede dunque che la quota parte del prezzo destinata a coprire le spese di gestione post mortem della discarica costituisca solo una componente della tariffa di conferimento del rifiuto, volta a remunerare i costi di un tacere da espletare alla chiusura dell’invaso, tacere il cui adempimento è garantito nei termini sopra delineati, id est dalle garanzie finanziarie previste dall’art. 1 L. n. 348/1982. Non a caso, il legislatore del 2003 ha previsto, all’art. 10, comma 3, che l’autorizzazione all’esercizio della discarica sia rilasciata subordinatamente alla prestazione delle garanzie finanziarie di cui all’articolo 14 e solo dopo l’accettazione da parte della Regione delle garanzie medesime, ciò all’evidente scopo di garantire che il concessionario del pubblico servizio di smaltimento dei rifiuti in discarica, non venga meno, alla chiusura dell’impianto, all’obbligo di bonificare il sito, per le chiare implicazioni in tema di tutela dell’ambiente e della salute.

Dalle considerazioni sopra svolte, discende che la suddetta quota parte della tariffa, allorché viene materialmente incassata dal gestore al momento del conferimento del rifiuto in discarica, entra nella immediata e piena disponibilità e titolarità del medesimo: si tratta infatti di somme ricevute dall’appaltatore quale corrispettivo per l’attività di fornitura di un servizio oggetto del contratto d’appalto e che sono, pertanto, disponibili da parte del concessionario. Va invero ribadito che in nessuna parte del decreto legislativo del 2003 è prescritto che detta quota parte debba rimanere fisicamente accantonata, essendo, di contro, previsto che la garanzia per l’adempimento della gestione post operativa dell’impianto sia assicurata dalle garanzie finanziarie cui è subordinato il rilascio dell’autorizzazione alla gestione dell’impianto e che (solo) queste debbano rimanere indisponibili per l’intervallo temporale di trenta anni dalla chiusura dell’invaso.

Né è possibile pervenire ad una diversa conclusione in considerazione del fatto che, nelle delibere della Giunta Regionale n. 630/2004 e n. 755/2008, nel determinare la quota di tariffa di accesso dei rifiuti nella discarica in oggetto e nel fissare la quota destinata all’assolvimento degli obblighi connessi al periodo di gestione della discarica successiva alla chiusura, sia previsto che detta quota rientra nel ‘prezzo corrispettivo per lo smaltimento’ e ‘dovrà essere fatturata distintamente ed accantonata in apposito rateo distinto al fine di consentire i necessari controlli’.

Ed invero, l’accantonamento in bilancio vale a creare nella contabilità dell’impresa uno stanziamento per la costituzione di fondi a copertura di spese future certe o probabili – segnatamente, nel caso in oggetto, degli oneri, certi, concernenti la fase di bonifica della discarica -, ma non comporta, di per sé, un vincolo assoluto di indisponibilità. Del resto, come si evince per tabulas dalla precisazione espressa delle sopra richiamate delibere regionali, la fatturazione separata e l’accantonamento sono volti a ‘consentire i necessari controlli’ e, dunque, a rendere possibili le verifiche dell’ente pubblico in ordine all’ammontare delle somme introitate dall’appaltatore quale remunerazione del tacere post operativo, non anche ad introdurre un vincolo assoluto di indisponibilità delle somme ricevute in via anticipata ai fini della gestione post mortem.

Giova ribadire come il vincolo di indisponibilità riguardi invece le garanzie prestate al fine di assicurare che l’appaltante non venga meno all’obbligo di gestione post mortem dell’invaso, e ciò pacificamente se si tratti di somme oggetto di accantonamento reale ai sensi dell’art. 1 lett. a) L. n. 348/1982 – che sono vincolate e non possono essere diversamente impiegate -, ma anche nel caso in cui si tratti di fideiussione bancaria o di polizza assicurativa ex art. 1 lett. b) e c), che non possono essere revocate né cedute, dovendo – come la cauzione reale – rimanere vincolate per i trenta anni successivi alla chiusura dell’impianto.

In questo senso si è pronunciata anche la Corte dei Conti Sezione delle Marche, in data 24 ottobre 2008, allorché, invitata ad esprimere un parere sul tema, ha evidenziato che ‘ove la garanzia fosse costituita in forma diversa dall’accantonamento reale le somme potrebbero essere diversamente impiegate ove, ad esempio, rimanessero vincolate ma nella disponibilità della società che si occupa della gestione, pur con il vincolo di restituzione e di indisponibilità (patrimonio vincolato, trust o altro)’.

Conclusivamente, nel sistema disegnato dal legislatore in attuazione della direttiva Europea in materia di rifiuti, l’adempimento degli obblighi di gestione successivi alla chiusura dell’invaso è assicurato non dalla fatturazione separata né dall’accantonamento in bilancio con rateo distinto, bensì dalle garanzie da prestare nelle modalità delineate dall’art. 1 lett. a) L. n. 348/1982, prestazione delle garanzie che – si ribadisce – costituisce conditio sine qua non del rilascio della concessione alla gestione della discarica. Qualora dette garanzie – come prospettato nel ricorso dal pubblico ministero – non fossero state prestate risulterebbe viziata ab origine l’autorizzazione alla gestione della discarica (per violazione dell’art. 10 del citato decreto n. 36 del 2013) e si aprirebbe lo scenario ad una diversa ricostruzione dei fatti oggetto di contestazione, oltre che ad una possibile diversa loro qualificazione giuridica.

Tirando le fila delle considerazioni sopra svolte, ritiene il Collegio che il denaro percepito quale corrispettivo per la gestione post operativa dell’invaso, in quanto incluso pro quota nel prezzo di conferimento dei rifiuti in discarica, sia entrato a far parte del patrimonio dell’appaltatore ed abbia perso la caratteristica dell’altruità e della finalizzazione esclusiva al soddisfacimento dell’interesse pubblico, con la conseguenza non può costituire oggetto della condotta appropriativa sub specie peculato.

Tale conclusione si pone del resto perfettamente in linea con i principi già affermati da questo giudice di legittimità, alla stregua dei quali, in tema di appalto pubblico di servizi, non è configurabile il delitto di peculato, ma eventualmente quelli di truffa o malversazione, nella condotta di indebita gestione e destinazione, da parte dell’appaltatore, di somme di provenienza pubblica, la cui ricezione costituisca il pagamento, da parte dell’appaltante soggetto pubblico, del corrispettivo per l’attività di fornitura di un servizio pattuito (Fattispecie relativa a distrazione di somme versate dallo Stato a cooperativa aggiudicataria di gara di appalto per la fornitura di beni e servizi a favore di immigrati clandestini, trattenuti presso centri di permanenza) (Cass. Sez. 6, n. 3724 del 19/12/2012, P.M. in proc. Paglia e altro, Rv. 254432; Sez. 6, n. 41579 del 05/06/2013 Lodeserto Rv. 256803).

Non può comunque sottacersi che, come dato atto dallo stesso Tribunale del riesame riportando gli esiti degli accertamenti compiuti dai consulenti del pubblico ministero, INDECO s.r.l. – oltre a provvedere all’accantonamento contabile della quota parte dei ricavi tariffari destinati alla copertura delle spese post mortem per i bacini ancora attivi – sta attualmente provvedendo alla gestione dei bacini esauriti e allo storno contabile del fondo oneri futuri per la gestione post operativa per un importo pari all’entità dei costi sostenuti nell’esercizio dei predetti incombenti di bonifica.

Sulla scorta delle considerazioni sopra svolte, ritiene il Collegio che non vi sia materia per la violazione di legge eccepita dalla parte pubblica ricorrente, laddove, sulla scorta delle evidenze emergenti dagli atti d’indagine, da un lato, non risulta configurabile nessuna distrazione di somme da parte dell’esercente il pubblico servizio (in termini di finanziamento alle società del gruppo) in quanto dette somme sono prive del requisito dell’altruità; dall’altro lato, non risulta, allo stato, rilevabile nessuna violazione contrattuale per inadempimento dell’obbligo di gestione degli invasi ormai inattivi, i cui costi dovrebbero essere coperti con le somme, in ipotesi d’accusa, oggetto di appropriazione.

P.Q.M.

 

 

rigetta il ricorso.

 

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