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Il titolare di una carta di credito ha l’obbligo di custodire la carta e, in caso di furto o smarrimento, anche quello di darne tempestiva comunicazione alla banca per bloccarne l’utilizzo. Se ciò non avviene, all’istituto di credito emittente spetta un risarcimento per un importo pari agli acquisti fatti dal ladro nelle more della denuncia. Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 7 aprile 2016, n. 6751.

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 7 aprile 2016, n. 6751 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FORTE Fabrizio – Presidente Dott. BERNABAI Renato – rel. Consigliere Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere...

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In tema di società di capitali, la revoca della delega all’amministratore delegato, decisa dal consiglio di amministrazione, deve essere assistita da «giusta causa», anche in applicazione analogica dell’art. 2383, comma 3, c.c., sussistendo, in caso contrario, il diritto del revocato al risarcimento dei danni eventualmente patiti. Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 15 aprile 2016, n. 7587.

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 15 aprile 2016, n. 7587 Svolgimento del processo 1. La Corte d’Appello di Brescia ha accolto l’impugnazione proposta da (…) scarl (ora (omissis) scarl) avverso la sentenza del Tribunale di Bergamo che, in accoglimento della domanda proposta da F.E. , amministratore delegato in carica della società, aveva condannato...

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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 5 aprile 2016, n. 6560. La banca è tenuta, in via generale, ad una condotta diligente improntata alla conformità alle regole che presidiano la circolazione e l’incasso dei titoli in virtù di un obbligo professionale reciprocamente applicabile anche nei rapporti tra istituti bancari (la cd. diligenza dell’accorto banchiere), ma la speciale responsabilità, estesa anche alla condotta incolpevole, incombente sulla banca negoziatrice che abbia erroneamente consentito la riscossione, pur senza colpa, dell’importo di un assegno circolare da parte di chi non ne era titolare, può trovare applicazione esclusivamente nel rapporto tra tale istituto e l’intestatario effettivo. Solo sulla banca negoziatrice incombe l’obbligo, derivante dalla normativa speciale sopra richiamata, di pagare all’effettivo legittimato l’importo dell’assegno circolare pur se già corrisposto senza colpa ad un terzo presentatosi all’incasso. La regola non trova applicazione quando, come nella specie, la banca trattaria abbia agito nei confronti della negoziatrice dopo aver provveduto nuovamente a pagare l’importo dell’assegno circolare all’effettivo titolare verosimilmente in virtù del rapporto causale sottostante, non essendovi tenuta in virtù del peculiare regime giuridico di protezione del titolo in questione

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 5 aprile 2016, n. 6560 Svolgimento del processo La Banca Popolare di Sondrio aveva emesso un assegno circolare non trasferibile all’ordine di C.L. e lo aveva spedito a quest’ultimo il 14/4/2000. Qualche tempo dopo il C. aveva lamentato di non aver ricevuto l’assegno ma la banca gli aveva...

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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 23 marzo 2016, n. 5757. Escluso il collocamento della minore presso il padre, malgrado gli accertati comportamenti della mamma per distruggere la figura paterna, se il rapporto padre figlia si è inasprito

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 23 marzo 2016, n. 5757 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FORTE Fabrizio – Presidente Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere...

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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 4 febbraio 2016, n. 2194. Il provvedimento con il quale il giudice decide la cancellazione di espressioni sconvenienti od offensive contenute negli scritti difensivi (articolo 89 del Cpc), in considerazione della forma per esso prevista (l’ordinanza) e del suo scopo (assicurare che l’esercizio del diritto di critica non ecceda le esigenze richieste dalla garanzia del contraddittorio e non vulneri il prestigio e il decoro dei soggetti del processo), ha carattere meramente ordinatorio e costituisce oggetto di un potere discrezionale, esercitabile dal giudice anche di ufficio, rispetto al quale l’eventuale istanza della parte ha carattere meramente sollecitatorio. Deriva da quanto precede, pertanto, che tale provvedimento, anche se contenuto nel provvedimento che definisce il giudizio, non può costituire oggetto di impugnazione e non è, al riguardo, configurabile la violazione dell’articolo 112 del Cpc in relazione a una pronuncia non dovuta da parte del giudice del merito

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 4 febbraio 2016, n. 2194 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FORTE Fabrizio – Presidente Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere Dott....

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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 23 febbraio 2016, n. 3479. In tema di dichiarazione giudiziale di paternità naturale deve escludersi qualsiasi subordinazione della ammissione degli accertamenti immuno-ematologici all’esito della prova storica sulla esistenza di un rapporto sessuale tra il presunto padre e la madre del riconoscendo. Il principio della libertà di prova sancito, in materia, dall’articolo 269 del Cc – infatti – non tollera surrettizie limitazioni, né mediante la fissazione di una sorta di gerarchia assiologia tra i mezzi di prova idonei a dimostrare la paternità naturale, né, conseguentemente, mediante la imposizione al giudice di una sorta di ordine cronologico nella loro ammissione e assunzione, a seconda del tipo di prova dedotta, avendo – per converso – tutti i mezzi di prova pari valore per espressa disposizione di legge. Una diversa interpretazione si risolverebbe in un sostanziale impedimento all’esercizio del diritto di azione, garantito dall’articolo 24 della Costituzione, in relazione a una azione volta alla tutela di diritti fondamentali attinenti allo status

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 23 febbraio 2016, n. 3479 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FORTE Fabrizio – Presidente Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere Dott. DIDONE Antonio – Consigliere Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere Dott....

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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 4 febbraio 2016, n. 2195. In tema di spese relative alle parti comuni di un bene, come l’obbligo di partecipare a esse incombe su tutti i comunisti in quanto appartenenti alla comunione e in funzione delle utilità che la cosa comune deve a ciascuno di essi garantire, così il diritto al rimborso pro quota delle spese necessarie per consentire l’utilizzazione del bene comune secondo la sua destinazione spetta al partecipante alla comunione che le abbia anticipate per gli altri in forza della previsione dell’articolo 1110 del Cc, le cui prescrizioni debbono ritenersi applicabili, oltre che a quelle per la conservazione, anche alle spese necessarie perché la cosa comune mantenga la sua capacità di fornire l’utilità sua propria secondo la peculiare destinazione impressale. Invero le spese per la conservazione, nel caso di inattività degli altri comproprietari – da accertarsi in fatto – possono essere anticipate da un partecipante al fine di evitare il deterioramento della cosa, cui egli stesso e tutti gli altri hanno un oggettivo interesse e di essere può essere chiesto il rimborso

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 4 febbraio 2016, n. 2195 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FORTE Fabrizio – Presidente Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere Dott....

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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza del 2 febbraio 2016, n. 1964. Il termine annuale di decadenza per la proposizione della azione di disconoscimento della paternità decorre dalla conoscenza, da parte del marito, della relazione adulterina idonea al concepimento (Nella specie, contratto il matrimonio il 4 novembre, il figlio era nato il successivo 8 marzo, mentre l’azione di disconoscimento era stata proposta unicamente dopo 10 anni di matrimonio. )

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 2 febbraio 2016, n. 1964 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FORTE Fabrizio – Presidente Dott. DIDONE Antonio – Consigliere Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere Dott. ACIERNO...