assegni protesti

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 5 aprile 2016, n. 6560

Svolgimento del processo

La Banca Popolare di Sondrio aveva emesso un assegno circolare non trasferibile all’ordine di C.L. e lo aveva spedito a quest’ultimo il 14/4/2000. Qualche tempo dopo il C. aveva lamentato di non aver ricevuto l’assegno ma la banca gli aveva comunicato che il titolo risultava incassato. Il C. sporgeva allora denuncia ai Carabinieri deducendo di non aver mai incassato l’assegno e disconoscendo la sottoscrizione per quietanza ivi apposta. Veniva accertato che l’assegno era stato pagato a persona diversa dal legittimo prenditore, dal Monte dei Paschi di Siena e la Banca Popolare di Sondrio aveva dovuto rinnovare il pagamento in favore di Leonardo C. . L’importo versato era stato richiesto senza esito alla banca Monte dei Paschi di Siena ed era seguito il giudizio instaurato dalla Banca Popolare di Sondrio.
Il Monte dei Paschi, convenuto, esponeva che il 26/4/2000 una persona qualificatasi per C.L. e identificata con la patente di guida apriva un deposito a risparmio versando la somma di un milione di lire oltre all’assegno circolare. L’operazione era eseguita solo dopo avere ottenuto riscontro positivo di bene emissione dalla Popolare di Sondrio ed avere acquisito anche il codice fiscale. Le somme in oggetto venivano prelevate 12 giorni dopo il deposito senza che nelle more fosse pervenuta alcuna segnalazione o denuncia di furto dell’assegno.
Il Tribunale accoglieva la domanda rilevando che il comportamento complessivamente tenuto dal Monte dei Paschi non era stato improntato alla doverosa diligenza professionale esigibile dal banchiere. In particolare, affermava il Tribunale che la condotta della banca non era censurabile in ordine all’apertura del conto ma lo diventava in ordine al versamento dell’assegno circolare che richiede ben più incisive cautele. Quest’ultima operazione presentava notevoli anomalie che avrebbero dovuto indurre ad una più sicura identificazione del prenditore, dal momento che C. non era cliente, aveva versato sul deposito soltanto un milione di lire; la patente di guida è più facilmente falsificabile, il tempo trascorso per il prelievo era stato molto breve essendo finalizzato esclusivamente a consentire lo scambio in stanza di compensazione ed, infine, la notevole distanza tra luogo di emissione e luogo di presentazione. In particolare, era agevole riscontrare che l’assegno circolare recava come indirizzo del prenditore B. , mentre il presentatore era nato a (…) e residente a (omissis) , come poteva rilevarsi da un esame non superficiale della patente.
La Corte d’Appello di Torino, su impugnazione del Monte dei Paschi, riformava integralmente la pronuncia di primo grado sulla base delle seguenti affermazioni:
non condivisibile l’assunto secondo il quale l’identificazione nella specie doveva essere duplicata e che doveva essere eseguita con due diversi metri di diligenza, dal momento che la diligenza del buon banchiere nella specie non è suscettibile di graduazioni. Peraltro i tempi dell’accredito dell’assegno avrebbero potuto consentire in caso di celere contestazione della banca il suo sollecito storno.
La patente è un documento d’identità del tutto idoneo all’identificazione e quello presentato non presentava alterazioni. Non esiste una graduatoria di attendibilità dei documenti d’identificazione.
Le ulteriori argomentazioni relative ad una pregressa residenza in B. , rispetto all’attuale in (omissis) non inducono a perplessità sulla autenticità del documento d’identificazione. Inoltre la banca negoziatrice nulla poteva e doveva essere tenuta a sapere in ordine al rapporto sottostante tra banca emittente e effettivo beneficiario.
Il titolo non presentava alterazione e sullo stesso il prenditore era indicato con dati corrispondenti a quelli indicati sul documento di riconoscimento esibito anch’esso ictu oculi privo di contraffazioni.
Secondo l’orientamento costante della giurisprudenza di legittimità il comportamento della banca è risultato esente da colpa non essendo la banca tenuta a predisporre un’attrezzatura qualificata con strumenti meccanici o chimici ai fini della scoperta della contraffazione.
Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione la Banca Popolare di Sondrio con quattro motivi. Ha resistito con controricorso il Monte dei Paschi di Siena.

Motivi della decisione

Nel primo motivo di ricorso viene dedotta l’omessa od insufficiente motivazione in ordine alla esclusione della negligenza a carico della banca negoziatrice, non risultando esaminati i molteplici profili che avevano indotto il Tribunale ad opposta conclusione.
La censura è inammissibile perché priva di sintesi fattuale ex art. 366 bis cod. proc. civ. ultima parte ratione temporis applicabile.
Nel secondo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 43 r.d. n. 1736 del 1933 come richiamato dall’art. 86 e degli artt. 1189 e 1992 cod. civ. per avere la Corte d’Appello ritenuto che anche per colui che richiede il pagamento di un assegno circolare valgono i principi generali in tema d’identificazione del portatore dei titoli a legittimazione nominativa e non invece la disciplina normativa puntuale contenuta nell’art. 43 legge assegno che esclude l’effetto liberatorio nel pagamento eseguito ad altri per errata identificazione anche se incolpevole.
Nel terzo motivo viene dedotta la violazione dell’art. 86 legge assegni sotto il profilo degli specifici obblighi che la norma pone a carico della banca negoziatrice in funzione della tutela dei diritti di coloro che sono interessati alla corretta circolazione dell’assegno. Viene richiamata dalla parte ricorrente la pronuncia, relativa agli obblighi professionali del banchiere n. n. 14712 del 2007 delle Sezioni Unite di questa Corte, evidenziando le anomalie ed il deficit di diligenza già sottolineate dal tribunale.
Nel quarto motivo viene dedotta l’omessa o insufficiente motivazione della sentenza impugnata per avere ritenuto sufficiente l’identificazione idonea ad aprire il deposito e non quella più rigorosa relativa al pagamento dell’assegno circolare: la censura è inammissibile in quanto priva della sintesi fattuale richiesta ex art. 366 bis, ultima parte, cod. proc. civ., ratione temporis applicabile.
Il secondo e terzo motivo di ricorso devono essere trattati congiuntamente in quanto logicamente connessi.
La trattazione delle censure impone la risposta al seguente quesito: la disciplina normativa speciale relativa all’assegno circolare (art. 43, secondo comma, del r.d. n. 1736 del 1933 richiamato dal successivo art. 86), secondo la quale la banca che ha effettuato il pagamento in favore di persona diversa dal legittimato non è liberata dalla propria obbligazione finché non paghi nuovamente all’ordinatario esattamente individuato, è applicabile anche alla fattispecie dedotta nel presente giudizio, riguardante non una domanda proposta dall’effettivo titolare dell’assegno circolare ma dalla banca emittente nei confronti della banca girataria all’incasso?
Al riguardo deve rilevarsi che nelle pronunce richiamate nel ricorso e nella memoria di parte ricorrente, il rapporto dedotto in giudizio non ha ad oggetto un domanda rivolta dalla banca che ha emesso l’assegno circolare (trattaria) alla banca (negoziatrice) che ne ha consentito l’incasso a persona diversa dall’effettivo titolare, trattandosi di azioni proposte dall’effettivo intestatario dell’assegno circolare.
Il principio di diritto espresso da tali pronunce anche di recente è il seguente:
“L’art. 43, secondo comma, legge assegni (r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736), nel disporre che colui che paga a persona diversa dal prenditore, o dal banchiere giratario per l’incasso, risponde del pagamento, disciplina in modo autonomo il pagamento dell’assegno non trasferibile, con deviazione dalla regola generale che libera il debitore che esegua il pagamento in buona fede in favore del creditore apparente (art.1189 cod. civ.). Ne consegue che, in caso di pagamento di un assegno bancario non trasferibile in favore di chi non era legittimato, la banca non è liberata dall’originaria obbligazione finché non paghi al prenditore esattamente individuato, e ciò a prescindere dalla sussistenza dell’elemento della colpa nell’errore sulla identificazione dello stesso prenditore, trattandosi di ipotesi di obbligazione ex lege”. (Cass. 18186 del 2014; in precedenza tra le altre Cass. 7949 del 2010).
Tale principio costituisce una specificazione più rigorosa (in quanto relativa all’assegno circolare) del più ampio principio espresso dalle S.U. con la pronuncia n. 14712 del 2007 delle S.U. secondo il quale:
La responsabilità della banca negoziatrice per avere consentito, in violazione delle specifiche regole poste dall’art. 43 legge assegni (r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736), l’incasso di un assegno bancario, di traenza o circolare, munito di clausola di non trasferibilità, a persona diversa dal beneficiario del titolo, ha – nei confronti di tutti i soggetti nel cui interesse quelle regole sono dettate e che, per la violazione di esse, abbiano sofferto un danno – natura contrattuale, avendo la banca un obbligo professionale di protezione (obbligo preesistente, specifico e volontariamente assunto), operante nei confronti di tutti i soggetti interessati al buon fine della sottostante operazione, di far si che il titolo stesso sia introdotto nel circuito di pagamento bancario in conformità alle regole che ne presidiano la circolazione e l’incasso.
Alla luce dei principi esposti la banca è tenuta, in via generale, ad una condotta diligente improntata alla conformità alle regole che presidiano la circolazione e l’incasso dei titoli in virtù di un obbligo professionale reciprocamente applicabile anche nei rapporti tra istituti bancari, come indicano le Sezioni Unite (la cd. diligenza dell’accorto banchiere) ma la speciale responsabilità, estesa anche alla condotta incolpevole, incombente sulla banca negoziatrice che abbia erroneamente consentito la riscossione, pur senza colpa, dell’importo di un assegno circolare da parte di chi non ne era titolare, può trovare applicazione esclusivamente nel rapporto tra tale istituto e l’intestatario effettivo. Solo sulla banca negoziatrice incombe l’obbligo, derivante dalla normativa speciale sopra richiamata, di pagare all’effettivo legittimato l’importo dell’assegno circolare pur se già corrisposto senza colpa ad un terzo presentatosi all’incasso. La regola non trova applicazione quando, come nella specie, la banca trattaria abbia agito nei confronti della negoziatrice dopo aver provveduto nuovamente a pagare l’importo dell’assegno circolare all’effettivo titolare verosimilmente in virtù del rapporto causale sottostante, non essendovi tenuta in virtù del peculiare regime giuridico di protezione del titolo in questione, tenuto conto che dalla lettura degli atti processuali non emerge che L’azione proposta, nella specie, dalla banca trattaria, pur potendosi qualificare di responsabilità latu sensu contrattuale, nella peculiare configurazione che ne danno le S.U., nella citata pronuncia n. 14712 del 2007, non esclude l’accertamento del requisito soggettivo della condotta colpevole, ancorché sulla base del parametro più rigoroso degli obblighi dell’accorto banchiere. Tale indagine di fatto, relativa alla imputabilità soggettiva dell’errore identificativo del comportamento della banca negoziatrice, è stata svolta incensurabilmente dalla Corte territoriale, tenendo conto di tutti gli elementi di fatto che avevano indotto il Tribunale ad una soluzione contraria.
In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
Le spese del procedimento di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento di legittimità da quantificarsi in Euro 2000 per compensi; Euro 200 per esborsi oltre accessori di legge.

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