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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 10 marzo 2016, n. 9934. Il compito del direttore dello stabilimento non si esaurisce nella predisposizione di adeguati mezzi di prevenzione e protocolli operativi, essendo lo stesso tenuto ad accertare che le disposizioni impartite vengano nei fatti eseguite e ad intervenire per prevenire il verificarsi di incidenti, attivandosi per far cessare eventuali manomissioni o modalità d’uso pericoloso da parte dei dipendenti

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 10 marzo 2016, n. 9934 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FIALE Aldo – Presidente Dott. MOCCI Mauro – Consigliere Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere Dott. LIBERATI Giovanni – rel. Consigliere Dott....

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 15 febbraio 2016, n. 6118. È valida la notifica via Pec all’avvocato domiciliatario del decreto di citazione a giudizio diretto

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 15 febbraio 2016, n. 6118 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FIALE Aldo – Presidente Dott. GRILLO Renato – Consigliere Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere Dott. ROSI Elisabetta – Consigliere Dott. DI STASI...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 11 febbraio 2016, n. 5726. Ciò che legittima il ricorso al sequestro probatorio è la idoneità della cosa ad accertare il fatto-reato, non essendo sufficiente invece il mero carattere pertinenziale che, anche da un punto di vista logico (pienamente recepito infatti dal legislatore attraverso l’impiego della locuzione “cose pertinenti al reato necessarie per l’accertamento dei fatti”), non reca necessariamente in sé una tale idoneità

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 11 febbraio 2016, n. 5726 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FIALE Aldo – Presidente Dott. GRILLO Renato – Consigliere Dott. ROSI Elisabetta – Consigliere Dott. ANDREAZZA Gastone – rel. Consigliere Dott. DI...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 25 gennaio 2016, n. 3100. Nei casi in cui a più imputati siano contestati gli stessi reati e il loro titolo di custodia cautelare sia comune, la natura unitaria e cumulativa del procedimento realizza l’effetto estensivo della revoca della sospensione dei termini della misura concessa ad uno di loro nei confronti degli altri coimputati, a meno che la decisione non sia fondata su motivi personali

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 25 gennaio 2016, n. 3100 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FIALE Aldo – Presidente Dott. MOCCI Mauro – rel. Consigliere Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere Dott. LIBERATI Giovanni – Consigliere Dott....

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 10 febbraio 2016, n. 5515. Configurabile il reato contestato di cui all’art. 609 bis c.p. (l’imputato, coinvolto in un sinistro stradale, dopo avere offeso e minacciato l’agente di polizia municipale, intervenuta per effettuare gli accertamenti di rito e sottoporre l’imputato all’etilometro, dicendole “stronza, stai zitta..ciucciami il cazzo che ti faccio godere…a quale ufficio appartieni che ti vengo a cercare”, ebbe a palpeggiarle il basso gluteo nuovamente pronunciando la frase scurrile appena riportata) innanzitutto perché la condotta contemplata da tale norma comprende, secondo il costante indirizzo di questa Corte, oltre ad ogni forma di congiunzione carnale, qualsiasi atto idoneo, secondo canoni scientifici e culturali, a soddisfare il piacere sessuale o a suscitarne lo stimolo, a prescindere dalle intenzioni dell’agente, purché questi sia consapevole della natura oggettivamente “sessuale” dell’atto posto in essere con la propria condotta cosciente e volontaria , sicché anche il palpeggiamento dei glutei non può non rientrare, quand’anche fugace o repentino, nella nozione di “atti sessuali”

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 10 febbraio 2016, n. 5515 Ritenuto in fatti 1. S.E.D.E. ha proposto ricorso nei confronti della sentenza della Corte di Appello di Genova di conferma, quanto all’affermazione di responsabilità, della sentenza del G.i.p. dei Tribunale di Genova in data 10/02/2014 di condanna per i reati di cui agli...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 4 febbraio 2016, n. 4649. L’art. 38 cod. proc. pen., nel disciplinare i termini e le forme per la presentazione della dichiarazione di ricusazione, stabilisce, al primo comma, che “La dichiarazione di ricusazione può essere proposta, nell’udienza preliminare, fino a che non siano conclusi gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti; nel giudizio, fino a che non sia scaduto il termine previsto dall’art. 491 comma 1; in ogni altro caso, prima del compimento dell’atto da parte del giudice”. II secondo comma della medesima disposizione, nel completare la disciplina relativa ai termini di presentazione della dichiarazione di ricusazione, prevede che “Qualora la causa di ricusazione sia sorta o sia divenuta nota dopo la scadenza dei termini previsti dal comma 1, la dichiarazione può essere proposta entro tre giorni. Se la causa è sorta o è divenuta nota durante l’udienza, la dichiarazione di ricusazione deve essere in ogni caso proposta prima del termine dell’udienza”. Le due previsioni, tra loro complementari, devono, onde renderle tra loro compatibili, essere riferite alla derivazione della dedotta causa di ricusazione da atti processuali (come tale da ritenersi conosciuta dall’imputato), o da situazioni esterne al processo (con la conseguente applicabilità del termine di tre giorni stabilito dalla prima parte del comma 2 dell’art. 38 cod. proc. pen.), in quanto la previsione dei primo comma, nello stabilire termini fissi con riferimento alle varie fasi processuali (con la clausola di chiusura dell’ultima parte dei primo comma, circa la necessaria presentazione della dichiarazione prima dei compimento dell’atto da parte del giudice), presuppone la conoscenza della causa di ricusazione da parte dell’imputato (a cui carico pone l’onere di presentare la dichiarazione entro detti termini), e dunque la sua derivazione ex actis; la previsione dei secondo comma della medesima disposizione, alternativa e complementare rispetto a quella del primo comma, contiene una ulteriore clausola di chiusura della disciplina relativa al termine di presentazione della dichiarazione di ricusazione, da riferirsi alle diverse ipotesi nelle quali, successivamente alla scadenza dei termini di cui al prima comma, la causa sia sorta o divenuta nota, cioè alla ipotesi in cui la causa non emerga ex actis (con la conseguente presunzione di conoscenza da parte dell’imputato), ma aliunde, da situazioni esterne al processo sorte o divenute note successivamente alla scadenza dei termini stabiliti dal primo comma, con la conseguente impossibilità di presentare la dichiarazione nel rispetto di detti termini e la previsione della possibilità di presentarla, indipendentemente dalla fase processuale, entro tre giorni o, se sia sorta o divenuta nota durante l’udienza, prima della conclusione della stessa. Ne consegue l’applicabilità dei termini stabiliti dalla prima parte del comma 2 dell’art. 38 cod. proc. pen. solo allorquando la causa di ricusazione sia sorta o divenuta nota dopo la scadenza dei termini previsti dal comma 1, in ragione della sua derivazione da situazioni esterne al processo.

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 4 febbraio 2016, n. 4649 Ritenuto di fatto 1. Con ordinanza del 20 luglio 2015 la Corte d’appello di Bologna ha dichiarato inammissibile la dichiarazione di ricusazione del Giudice per le indagini preliminari dei Tribunale di Reggio Emilia presentata da A.N., condannandolo al pagamento della somma di euro...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 13 gennaio 2016, n. 891. La sentenza di patteggiamento è sentenza vincolata relativamente al solo profilo del trattamento sanzionatorio e non anche a quello relativo alla confisca, per il quale la discrezionalità del Giudice si riespande come in una normale sentenza di condanna, sì che, ove accordo tra le parti su tale punto vi sia comunque stato, il Giudice stesso non è obbligato a recepirlo o a recepirlo per intero

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 13 gennaio 2016, n. 891 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FIALE Aldo – Presidente Dott. AMORESANO Silvio – Consigliere Dott. ROSI Elisabetta – Consigliere Dott. MENGONI Enrico – rel. Consigliere Dott. ANDRONIO...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 27 gennaio 2016, n. 3539. La materia fiscale è preposta a sanzionare condotte che pregiudicano l’interesse fiscale al buon esito della riscossione coattiva, mentre quella fallimentare l’interesse del ceto creditorio di massa al soddisfacimento dei propri singoli diritti; ne deriva che è configurabile il concorso tra il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e quello di bancarotta fraudolenta per distrazione

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE III SENTENZA 27 gennaio 2016, n. 3539 Ritenuto in fatto Con ordinanza in data 17/09/2015 il Tribunale di Udine, nella parte che qui rileva, ha rigettato l’istanza di riesame proposta da C.R.D. avverso il decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente emesso nei suoi confronti in data 19-20/06/2015...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 25 gennaio 2016, n. 3098. L’art. 10-ter d.lgs. n. 74 del 2000 configura reato omissivo proprio (di mera condotta e, dunque, c.d. formale) e di danno, il cui oggetto specifico della tutela penale è costituito dall’interesse dello Stato alla percezione dei tributi ed i cui elementi costitutivi sono: a) la situazione tipica da cui sorge l’obbligo di agire; b) la condotta omissiva (non tacere quod debetur) la quale deve risolversi in un mancato versamento che raggiunge o supera la soglia quantitativa richiesta per l’integrazione del fatto tipico; c) il termine, esplicito o implicito, alla cui scadenza l’inadempimento dell’obbligo assume rilevanza e si consuma l’illecito; d) il dolo generico, con la conseguenza che, per la commissione del reato, è sufficiente la coscienza e volontà di non versare all’Erario l’imposta sul valore aggiunto legalmente dovuta. Ne consegue che tale coscienza e volontà deve investire anche la soglia di punibilità (ora di Euro duecentocinquantamila a seguito del d.lgs. n. 158 del 2015), che è un elemento costitutivo del fatto di reato, contribuendo a definirne il disvalore e che dunque deve rientrare, in uno agli elementi costitutivi del fatto tipico, nel fuoco del dolo, con la sottolineatura che la prova del dolo è insita in genere nella presentazione della dichiarazione annuale, dalla quale emerge quanto è dovuto a titolo di imposta, e che deve, quindi, essere saldato o almeno contenuto non oltre la soglia, ora, di Euro duecentocinquantamila, entro il termine lungo previsto. Il debito verso il fisco relativo ai versamenti Iva è collegato al compimento delle operazioni imponibili sicché ogni qualvolta il soggetto d’imposta effettua tali operazioni riscuote già (dall’acquirente del bene o del servizio) l’Iva dovuta e deve, quindi, tenerla accantonata per l’Erario, organizzando le risorse disponibili in modo da poter, alla scadenza, adempiere all’obbligazione tributaria. Nel caso in cui manchi un elemento costitutivo, di natura oggettiva, del reato contestato, l’assoluzione dell’imputato va deliberata con la formula “il fatto non sussiste”, non con quella “il fatto non è previsto dalla legge come reato”, che riguarda la diversa ipotesi in cui manchi una qualsiasi norma penale cui ricondurre il fatto imputato

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 25 gennaio 2016, n. 3098 Ritenuto in fatto 1. V.P. ricorre per cassazione impugnando per saltum la sentenza indicata in epigrafe con la quale il tribunale di Grosseto ha assolto l’imputata con la formula il fatto non è previsto dalla legge come reato. Alla ricorrente era stato addebitato...