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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 26 ottobre 2015, n. 42993. La violenza idonea ad integrare il delitto di violenza sessuale è anche quella che induce la vittima in uno stato di soggezione, disagio o vergogna sì che ella si determina ad “assecondare” le richiesta del proprio abusatore per evitare danni maggiori, a sé stessa o ai figli. Si tratta, in altri termini, di condotta necessitata che, anzi, più che mai evidenzia la chiara assenza di consenso da parte della donna quando, «ormai sfinita e stanca», si era decisa ad accettare le iniziative sessuali dei marito. L’idoneìtà della violenza o della minaccia a coartare la vittima di abusi sessuali non va esaminata secondo criteri astratti ma valorizzando le circostanze concrete «sicché essa può sussistere anche in relazione ad una intimidazione psicologica attuata in situazioni particolari tali da influire negativamente sul processo mentale di libera determinazione della vittima, senza necessità di protrazione nel corso della successiva fase esecutiva

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 26 ottobre 2015, n. 42993 Ritenuto in fatto 1. Vicenda processuale e provvedimento impugnato – L’imputato è stato accusato di maltrattamenti e violenza sessuale in danno della propria moglie e, per tale motivo, è stato condannato in primo grado alla pena di quattro anni ed otto mesi di...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 22 ottobre 2015, n. 42458. La confisca prevista per il reato di esportazione abusiva di beni culturali va disposta, oltre che in caso di pronuncia di condanna, anche in ipotesi di proscioglimento per cause, come la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, che non riguardino la materialità del fatto e non interrompano il rapporto tra la “res” ed il reato

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 22 ottobre 2015, n. 42458 Ritenuto in fatto 1. A.E. ricorre personalmente per cassazione impugnando l’ordinanza indicata in epigrafe con la quale il Giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Roma, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha disposto la confisca dei beni culturali indicati nell’elenco allegato...

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Corte di Cassazione, sezione III, ordinanza 28 settembre 2015, n. 39188. Richiesto alle Sezioni Unite penali di fornire la propria interpretazione sul diritto o meno di assistenza da parte del difensore nella fase del sequestro eseguito dalla polizia giudiziaria per sua iniziativa

Suprema Corte di Cassazione sezione III ordinanza 28 settembre 2015, n. 39188 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FIALE Aldo – Presidente Dott. DI NICOLA Vito – Consigliere Dott. PEZZELLA Vincenzo – Consigliere Dott. SCARCELLA Alessio – rel. Consigliere Dott....

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 23 settembre 2015, n. 38539. L’amministratore che sia consapevole della situazione di sofferenza nella quale versi la società che non versi le imposte dovute ha l’obbligo – imposto dall’art. 2447 c.c., norma che prevede che «gli amministratori devono senza indugio convocare l’assemblea» dei soci – di provvedere ad una sollecita ricapitalizzazione, non potendo considerarsi tale se avvenuta successivamente alla scadenza del termine per adempiere l’obbligo tributario; ne consegue che, questi non può essere esonerato dalla responsabilità penale per il reato di omesso versamento (nella specie, di ritenute certificate) adducendo una causa di “forza maggiore” provocata da una crisi di liquidità, posto che le ritenute certificate rappresentano somme dovute dai soggetti che percepiscono i compensi e che, per maggiore economicità, sono, per volontà legislativa, trattenute e poi versate dal soggetto che eroga le retribuzioni il quale, in tal modo, opera come sostituto dell’Erario introitando le somme spettanti a quest’ultimo ma che deve, comunque, consegnarle, nel termine di legge, donde il sostituto di imposta che non vi ottemperi, può esser scriminato nella misura in cui si dimostri la sua impossibilità assoluta a farlo per ragioni a lui non ascrivibili

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 23 settembre 2015, n. 38539 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FIALE Aldo – Presidente Dott. AMORESANO Silvio – Consigliere Dott. MULLIRI Guicla – rel. Consigliere Dott. SCARCELLA Alessio – Consigliere Dott. MENGONI...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 9 settembre 2015, n. 36383. L’ordine di demolizione di un immobile abusivo si trasmette a chi lo ha ereditato per successione mortis causa. Esso deve essere eseguito nei confronti di tutti i soggetti che sono in rapporto col bene e vantano su di esso un diritto reale o personale di godimento, anche se del tutto estranei alla commissione del reato

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 9 settembre 2015, n. 36383 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FIALE Aldo – Presidente Dott. DI NICOLA Vito – Consigliere Dott. PEZZELLA Vincenzo – rel. Consigliere Dott. SCARCELLA Alessio – Consigliere Dott....

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 8 ottobre 2015, n. 40370. In materia di sequestro preventivo per reati paesaggistici, la sola esistenza di una struttura abusiva integra il requisito dell’attualità e concretezza del pericolo indipendentemente dall’essere l’edificazione ultimata o meno, in quanto il rischio di offesa al territorio ed all’equilibrio ambientale, a prescindere dall’effettivo danno al paesaggio e dall’incremento del carico urbanistico, perdura in stretta connessione con l’utilizzazione della costruzione ultimata. Il periculum in mora è in re ipsa per il solo fatto che è stata costruita un’opera abusiva senza autorizzazione in area protetta dal vincolo paesaggistico in quanto il danno all’ambiente è dato alla sola presenza e utilizzazione dell’opera, diversamente da quanto accade per il sequestro preventivo operato in relazione a reati edilizi per i quali, ai fini della valutazione del periculum in mora, occorre avere riguardo alla incidenza che l’opera ultimata ha sull’assetto del territorio

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza  8 ottobre 2015, n. 40370 Ritenuto in fatto G.G., a mezzo del proprio difensore di fiducia, ha proposto ricorso per Cassazione avverso l’ordinanza emessa in data 25.09.2014 con la quale il Tribunale del riesame di Palermo, provvedendo sulla richiesta di riesame proposta dal G., ha confermato il decreto...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 30 settembre 2015, n. 39365. Le regole dettate dall’art. 192 comma terzo cod. proc. pen. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone. La valutazione delle dichiarazioni testimoniali del minore persona offesa di reati sessuali presuppone un esame della sua credibilità in senso onnicomprensivo, dovendo tenersi conto a tal riguardo dell’attitudine, in termini intellettivi ed affettivi, a testimoniare, della capacità a recepire le informazioni, ricordarle e raccordarle, delle condizioni emozionali che modulano i rapporti col mondo esterno, della qualità e natura delle dinamiche familiari e dei processi di rielaborazione delle vicende vissute, con particolare attenzione a certe naturali e tendenziose affabulazioni

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 30 settembre 2015, n. 39365 Ritenuto in fatto Con sentenza 20.6.2013 la Corte d’Appello di Brescia ha confermato la colpevolezza di N.M. per una serie di episodi di violenza sessuale (toccamenti vari in parti intime, abbracci, baci) in danno di quattro sue allieve di karaté tutte di età...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 22 settembre 2015, n. 38373. In tema di omicidio tentato, la prova del dolo, in assenza di esplicite ammissioni da parte dell’imputato, ha natura indiretta, dovendo essere desunta da elementi esterni e, in particolare, da quei dati della condotta che, per la loro non equivoca potenzialità offensiva, siano i più idonei ad esprimere il fine perseguito dall’agente. Ne consegue che, ai fini dell’accertamento della sussistenza dell`animus necandi”, assume valore determinante l’idoneità dell’azione, che va apprezzata in concreto, con una prognosi formulata “ex post”, con riferimento alla situazione che si presentava all’imputato al momento del compimento degli atti, in base alle condizioni umanamente prevedibili dei caso. In tale delitto, pur avendo valenza concorrente i due profili dell’intenzione dell’agente e dell’idoneità degli atti, quest’ultimo prevale rispetto a un’intenzione del soggetto agente solo in parte denunciata, concorrendo alla configurazione del tentativo soprattutto criteri di natura oggettiva, come la natura del mezzo usato, la parte dei corpo attinta e la gravità delle lesioni inferte

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza  22 settembre 2015, n. 38373 Ritenuto in fatto 1.Con sentenza del 28/11/2013, il Tribunale di Lodi dichiarava A.S. colpevole dei delitti di duplice violenza sessuale aggravata, a danno di M.G.G. e D.M., e lesioni personali aggravate, a danno di quest’ultima, assolvendolo, invece, dall’imputazione di tentato omicidio pluriaggravato, a...