Cassazione 14

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza  8 ottobre 2015, n. 40370

Ritenuto in fatto

G.G., a mezzo del proprio difensore di fiducia, ha proposto ricorso per Cassazione avverso l’ordinanza emessa in data 25.09.2014 con la quale il Tribunale del riesame di Palermo, provvedendo sulla richiesta di riesame proposta dal G., ha confermato il decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP del Tribunale di Termini Imerese nell’ambito di un procedimento a carico del G. per il reato di cui all’art. 44 lett c) DPR 380/81, 181 digs 42/04 e 734 c.p., in relazione alla realizzazione di un parcheggio contiguo ed accessorio al proprio ristorante, su area di demanio marittimo sottoposta a vincolo di inedificabilità assoluta, nonché a vincolo di notevole interesse paesaggistico e di tutela paesaggistica, in mancanza di permesso di costruire, in difformità dell’autorizzazione n. 10057 valida fino al 15.10.2013 limitata a consentire la sosta nel proprio lotto esclusivamente ai cittadini che gliene facessero richiesta.
Con l’istanza di riesame, il G. aveva chiesto la revoca del decreto di sequestro deducendo l’insussistenza del periculum in mora atteso l’avvenuto completamento delle opere. Rilevava inoltre che, prima della costruzione del parcheggio, l’area si trovava in stato di abbandono e degrado igienico ambientale; per di più il parcheggio avrebbe contribuito a decongestionare il traffico estivo nella zona. I giudici del riesame, premesso che il periculum in mora richiesto per l’emissione del sequestro preventivo deve consistere nella concreta, imminente probabilità che il perdurare della disponibilità del bene possa aggravare le conseguenze del reato ipotizzato o agevolare la commissione di altri reati, non avevano ritenuto condivisibile l’assunto della insussistenza di tale requisito atteso l’avvenuto completamento dei lavori, richiamando a tale riguardo i principi enunciati dalle Sezioni Unite secondo cui il sequestro preventivo di cose pertinenti al reato può essere adottato anche nel caso di ipotesi criminosa già perfezionatasi: con riguardo ai reati edilizi, è ammissibile il sequestro preventivo di immobile costruito abusivamente anche nel caso che i lavori siano ultimati.
Nel caso in esame, i giudici avevano ritenuto che la natura di reato permanente della condotta di costruzione in zona sottoposta a vincolo paesaggistico comporta che, pur se ultimati gli interventi, sono suscettibili di protrarre nel tempo ed approfondire di intensità le conseguenza del reato determinando e radicando il danno all’ambiente ed al quadro paesaggistico che il vincolo ambientale mira a salvaguardare tutto ciò in conformità con il principio di diritto secondo cui la realizzazione di opere edilizie in zona sottoposta a vincolo paesaggistico ha natura permanente per cui solo con il sequestro preventivo che toglie al soggetto autore dell’abuso la disponibilità del bene cessa la permanenza. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per Cassazione il G., a mezzo del proprio difensore, per violazione delle legge in relazione all’art. 321 c.p.p.
Assume la difesa l’assoluta carenza di motivazione in ordine al requisito del periculum in mora, sotto il profilo della concretezza del pericolo derivante dalla permanenza della struttura realizzata in zona sottoposta a vincolo paesaggistico.
Osserva la difesa di aver documentato come lo stesso ente di tutela dei beni paesaggistici, con proprio nulla osta del 28.01.2011, aveva espresso la propria approvazione agli assessorati dei Beni Culturali e del Territorio e Ambiente della regione Sicilia ed al Comune di Santa Flavia circa la realizzazione di un parcheggio pubblico in variante rilevando che “la fascia di territorio compresa fra le due arterie è fortemente antropizzata e l’area interessata dal progetto è in totale stato di abbandono e in forte stato di degrado igienico – ambientale”.
Orbene la fascia di territorio cui faceva riferimento la nota dell’ente tutela del paesaggio, era ritenuta fortemente degradata e bisognosa di opere di sistemazione. Trattasi della particella 367 appartenente al Gutilla al pari della particella 462, che, come risulta dalla fotografie prodotte nel procedimento di riesame, versava anch’essa in totale stato di abbandono prima dell’intervento attuato dal ricorrente. Orbene i giudici del riesame non hanno tenuto conto del parere espresso dall’ente tutela del paesaggio quando invece tale documentazione ed il corredo fotografico imponeva di valutare, con esame particolarmente approfondito, se fosse veramente sussistente l’ulteriore lesione del bene protetto derivante dall’uso dell’opera abusiva e di escludere tale lesione una volta accertata l’assoluta compatibilità di tale uso con gli interessi tutelati dal vincolo, dovendosi tenere conto della natura stessa del vincolo e della situazione di forte degrado ambientale preesistente alla realizzazione dell’opera. I giudici del riesame, non solo non hanno tenuto conto che la particella 367 non era più sottoposta a vincolo mantenendo il vincolo cautelare anche sulla stessa, ma, soprattutto, sono venuti meno al fondamentale obbligo di motivazione non effettuando la doverosa valutazione circa l’aggravamento delle conseguenza del reato derivante dall’uso dell’immobile anche con riferimento all’ecosistema protetto dal vincolo paesaggistico oltre che sotto il profilo urbanistico.

Ritenuto in diritto

Come più volte affermato da questa stessa Corte, in materia di sequestro preventivo per reati paesaggistici, la sola esistenza di una struttura abusiva integra il requisito dell’attualità e concretezza del pericolo indipendentemente dall’essere l’edificazione ultimata o meno, in quanto il rischio di offesa al territorio ed all’equilibrio ambientale, a prescindere dall’effettivo danno al paesaggio e dall’incremento del carico urbanistico, perdura in stretta connessione con l’utilizzazione della costruzione ultimata.
Il periculum in mora è in re ipsa per il solo fatto che è stata costruita un’opera abusiva senza autorizzazione in area protetta dal vincolo paesaggistico in quanto il danno all’ambiente è dato alla sola presenza e utilizzazione dell’opera, diversamente da quanto accade per il sequestro preventivo operato in relazione a reati edilizi per i quali, ai fini della valutazione del periculum in mora, occorre avere riguardo alla incidenza che l’opera ultimata ha sull’assetto del territorio (ex pluris Cass. Sez. III n. 42363/2013; Cass. Sez. III n. 24539/2013).
In proposito, infatti, le Sezioni Unite di questa Corte Suprema in relazione ai reati edilizi ed urbanistici, hanno ritenuto ammissibile il sequestro preventivo di una costruzione abusiva già ultimata, affermando che il sequestro preventivo di cosa pertinente al reato è consentito anche nel caso di ipotesi criminosa già perfezionatasi, purché il pericolo della libera disponibilità della cosa stessa – che va accertato e adeguatamente motivato dal giudice – presenti i requisiti della concretezza e dell’attualità e le conseguenze del reato, ulteriori rispetto alla sua consumazione, abbiano connotazione di antigiuridicità, consistano nel volontario aggravarsi o protrarsi dell’offesa al bene protetto che sia in rapporto di stretta connessione con la condotta penalmente illecita e possano essere definitivamente rimosse con l’accertamento irrevocabile del reato. Dunque spetta al giudice di merito, con adeguata motivazione, compiere una attenta valutazione del pericolo derivante dal libero uso della cosa pertinente all’illecito penale (Cass. Sez. Un. n. 12878/2003).
In particolare, vanno approfonditi la reale compromissione degli interessi attinenti al territorio ed ogni altro dato utile a stabilire in che misura il godimento e la disponibilità attuale della cosa, da parte dell’indagato o di terzi, possa implicare una effettiva ulteriore lesione del bene giuridico protetto, ovvero se l’attuale disponibilità del manufatto costituisca un elemento neutro sotto il profilo della offensività (Cass. Sez. III n. 24539/2013).
In altri termini, il giudice deve determinare in concreto, il livello di pericolosità che l’impiego della cosa appare in grado di raggiungere in ordine all’oggetto della tutela penale, in correlazione al potere processuale di intervenire con la misura preventiva cautelare.
Per esempio, nel caso di ipotizzato aggravamento del c.d. carico urbanistico, va accertata in concreto tale evenienza sotto il profilo della consistenza reale e dell’intensità del pregiudizio paventato, tenendo conto della situazione esistente al momento dell’adozione del provvedimento coercitivo. Diversa è invece la situazione con riferimento ai reati paesaggistici, poiché per tali reati, al fine della legittimità del provvedimento di sequestro preventivo, la sola esistenza di una struttura abusiva, realizzata senza autorizzazione in area sottoposta a vincolo paesaggistico integra il requisito dell’attualità del pericolo, indipendentemente dal fatto che l’edificazione sia stata o meno ultimata, in quanto il rischio di offesa al territorio ed all’equilibrio ambientale a prescindere dall’effettivo danno al paesaggio – perdura in stretta connessione all’utilizzazione della costruzione ultimata (Cass. Sez. III n. 32247/2003; Cass. Sez. III n. 43880/2004; Cass. Sez. II n. 23681/2008; Cass. Sez. III n. 30932/2009).
In applicazione dei principi appena enunciati le conclusioni alle quali è pervenuta l’ordinanza impugnata devono ritenersi del tutto corrette. Di conseguenza, il ricorso va dichiarato inammissibile ed il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali oltre alla somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali oltre alla somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

 

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