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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 30 marzo 2016, n. 6155. La frase “sta bene provvederò” apposta dal cliente in calce alla parcella redatta da un avvocato non configura riconoscimento di debito con conseguente inapplicabilità della presunzione posta dall’art. 1988 cod. civ. L’avvocato, ottenuto un determinato compenso con la società attraverso apposito decreto ingiuntivo non può pretendere, con una domanda riconvenzionale, di ottenere cifre maggiori che allargano inevitabilmente l’ambito della richiesta iniziale

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 30 marzo 2016, n. 6155 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere Dott....

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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 18 febbraio 2016, n. 3199. L’articolo 1668 del Cc, nell’enunciare il contenuto della garanzia prevista dall’articolo 1167 del Cc, attribuisce al committente, oltre all’azione prevista per l’eliminazione dei vizi dell’opera a spese dell’appaltatore o di riduzione del prezzo, anche quella di risoluzione del contratto, salvo il risarcimento del danno nel caso di colpa dell’appaltatore; sicché trattandosi di azioni comunque riferibili alla responsabilità connessa alla garanzia per vizi o difformità dell’opera e destinante a integrarne il contenuto, i termini di prescrizione e di decadenza si applicano anche all’azione di risoluzione del contratto di cui all’articolo 1668, secondo comma, del Cc, atteso che il legislatore ha inteso contemperare l’esigenza della tutela del committente a conseguire un’opera immune da difformità e vizi con l’interesse dell’appaltatore a un accertamento sollecito delle eventuali contestazioni in ordine a un suo inadempimento nell’esecuzione della prestazione

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 18 febbraio 2016, n. 3199 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere Dott. COSENTINO...

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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 14 marzo 2016, n. 4938. Alla nozione generale di imprenditore di cui all’art. 2082 c.c. non è coessenziale il fine di lucro, ovvero la necessità che l’attività sia svolta in modo tale che i ricavi eccedano i costi, giacché è sufficiente il cosiddetto “metodo economico”, ossia che i ricavi siano quanto meno pari ai costi (cfr. Cass. 24.3.2014, n. 6835, secondo cui lo scopo di lucro (c.d. lucro soggettivo) non è elemento essenziale per il riconoscimento della qualità di imprenditore commerciale, essendo individuabile l’attività di impresa tutte le volte in cui sussista una obiettiva economicità dell’attività esercitata, intesa quale proporzionalità tra costi e ricavi (cd. lucro oggettivo)). Dall’altro, che la figura dell”organismo di diritto pubblico”, di cui all’art. 3, 26 co., del dec. lgs. n. 163/2006, ricorre quando il soggetto è dotato di personalità giuridica (requisito personalistico), la sua attività è finanziata in prevalenza dalle pubbliche amministrazioni o direttamente controllata dalle stesse o orientata da un organo di gestione a prevalente designazione pubblica (requisito dell’influenza dominante) e – il che rileva in special modo in questa sede – le sue finalità non hanno carattere industriale o commerciale (requisito teleologico). Sulla scorta dell’operata duplice puntualizzazione si rappresenta che l’attività di trasporto pubblico urbano ed interurbano è appieno ascrivibile alla previsione di cui all’art. 2195, n. 3, c.c.

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 14 marzo 2016, n. 4938 Svolgimento del processo L’”Agenzia delle Entrate” notificava al “Gruppo Torinese Trasporti – G.T.T.” s.p.a. trentaquattro ordinanze – ingiunzioni di pagamento; si era acclarato, con riferimento agli anni 2002 e 2003, che la s.p.a. ingiunta, in violazione dell’art. 53, 9 co., del dec. lgs....

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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 10 marzo 2016, n. 4726. Non basta una delibera assembleare per realizzare una gabbia esterna all’edificio per installare e contenere un ascensore. Si devono valutare concretamente le lamentele del singolo condomino che – a opera in corso – si veda pregiudicata la visuale

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 10 marzo 2016, n. 4726 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere Dott. CRISCUOLO...

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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 24 febbraio 2016, n. 3656. Le sanzioni amministrative pecuniarie della Banca d’Italia per omesso controllo di operazioni sospette non soggiacciono alle garanzie del processo penale. Ad esse, infatti, non si applicano le conclusioni cui è approdata la Cedu nel caso Grande Stevens, in quanto molto meno afflittive delle sanzioni, sempre amministrative, emesse dalla Consob per «manipolazione del mercato»

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 24 febbraio 2016, n. 3656 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente Dott. MATERA Lina – rel. Consigliere Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere Dott. PICARONI Elisa – Consigliere Dott. SCARPA...

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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 29 febbraio 2016, n. 3917. Il praticante avvocato non è legittimato ad esercitare il patrocinio nel giudizio di appello che si svolge dinanzi al Tribunale in composizione monocratica nelle cause civili di competenza del giudice di pace

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 29 febbraio 2016, n. 3917 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere Dott. MATERA Lina – Consigliere Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere Dott....

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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 24 febbraio 2016, n. 3655. Il proprietario del veicolo, in quanto responsabile della circolazione dello stesso nei confronti delle pubbliche amministrazioni non meno che dei terzi, è tenuto sempre a conoscere l’identità dei soggetti ai quali ne affida la conduzione, onde dell’eventuale incapacità d’identificare detti soggetti necessariamente risponde, nei confronti delle une per le sanzioni e degli altri per i danni, a titolo di colpa per negligente osservanza del dovere di vigilare sull’affidamento in guisa da essere in grado di adempiere al dovere di comunicare l’identità del conducente. Se, dunque, l’onere di comunicazione previsto dall’art. 126 bis comma 2 c.d.s. è finalizzato ad assicurare la collaborazione del proprietario del veicolo – in quanto titolare della disponibilità di esso e quindi responsabile dell’immissione dello stesso nella circolazione – all’autorità preposta alla vigilanza sulla circolazione stradale, appare evidente che il “proprietario” al quale deve essere rivolto l’invito a comunicare i dati del conducente è esclusivamente il soggetto che risulti tale al momento della commissione della violazione, e non anche la diversa persona che, sulla base delle risultanze dei pubblici registri, risulti proprietaria solo al momento della notificazione dell’infrazione “primaria”, per avere acquistato il veicolo in epoca successiva alla commissione di tale infrazione. Il soggetto che sia divenuto proprietario del veicolo solo in data successiva alla commissione della violazione che comporti la decurtazione di punti, pertanto, non può essere considerato legittimo destinatario dell’invito alla comunicazione delle generalità del conducente; sicché nei suoi confronti non sorge alcun obbligo di comunicazione sanzionabile ai sensi del menzionato art. 126 bis c.d.s., non potendo il medesimo rispondere dell’errore commesso dall’autorità procedente nella consultazione dei pubblici registri.

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 24 febbraio 2016, n. 3655 Svolgimento del processo C.C. proponeva opposizione avverso il verbale dell’8-11-2008, con il quale gli agenti della Polizia Provinciale di Bologna gli avevano contestato la violazione dell’art. 126 bis c.d.s., per avere omesso di comunicare le generalità del conducente dell’auto di sua proprietà incorso,...