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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 12 febbraio 2015, n. 2758. In caso di illecito lesivo dell'integrità psico-fisica della persona, la riduzione della capacità lavorativa generica, quale potenziale attitudine all'attività lavorativa da parte di un soggetto che non svolge attività produttive di reddito, né è in procinto presumibilmente di svolgerla, è risarcibile quale danno biologico, che ricomprende tutti gli effetti negativi del fatto lesivo che incidono sul bene della salute in sé considerato. Qualora, invece, a detta riduzione della capacità lavorativa generica si associ una riduzione della capacità lavorativa specifica che, a sua volta, dia luogo ad una riduzione della capacità di guadagno, detta diminuzione della produzione di reddito integra un danno patrimoniale. Ne consegue che non può farsi discendere in modo automatico dall'invalidità permanente la presunzione del danno da lucro cessante, derivando esso solo da quella invalidità che abbia prodotto una riduzione della capacità lavorativa specifica. Detto danno patrimoniale deve essere accertato in concreto attraverso la dimostrazione che il soggetto leso svolgesse – o presumibilmente in futuro avrebbe svolto – un'attività lavorativa produttiva di reddito, ed inoltre attraverso la prova della mancanza di persistenza, dopo l'infortunio, di una capacità generica di attendere ad altri lavori, confacenti alle attitudini e condizioni personali ed ambientali dell'infortunato, ed altrimenti idonei alla produzione di altre fonti di reddito, in luogo di quelle perse o ridotte. La prova del danno grava sul soggetto che chiede il risarcimento e può essere anche presuntiva, purché sia certa la riduzione della capacità di guadagno. Il diritto al risarcimento del danno patrimoniale da lucro cessante non può farsi discendere in modo automatico dall'accertamento dell'invalidità permanente, poiché esso sussiste solo se tale invalidità abbia prodotto una riduzione della capacità lavorativa specifica. A tal fine, il danneggiato è tenuto a dimostrare, anche tramite presunzioni, di svolgere un'attività produttiva di reddito e di non aver mantenuto, dopo l'infortunio, una capacità generica di attendere ad altri lavori confacenti alle sue attitudini personal

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 12 febbraio 2015, n. 2758 Svolgimento del processo C.G. , mentre attraversava la strada sulle strisce pedonali, fu investita dall’autovettura condotta dal proprietario V.N. che aveva effettuato il sorpasso di un autobus, fermo proprio per consentire il passaggio dei pedoni. Nel sinistro la C. riportò lesioni personali in...

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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 9 febbraio 2015, n. 2400. E' costituzionalmente legittimo il divieto di contrarre matrimonio tra persone dello stesso sesso, ed è rimessa alla piena discrezionalità del Parlamento individuare forme di garanzia, basate sull’art. 2 della Costituzione, e di riconoscimento delle unioni tra persone omosessuali.

  SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE I CIVILE sentenza 9 febbraio 2015, n. 2400 Svolgimento del processo Con il decreto impugnato la Corte d’Appello di Roma, confermando la pronuncia di primo grado, ha rigettato la domanda proposta da A.A. e P.G.D.S. finalizzata a poter procedere alle pubblicazioni di matrimonio da loro richieste e negate dall’ufficiale...

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Consiglio di Stato, sezione III, sentenza 6 febbraio 2015, n. 605. Va ritenuto corretto il provvedimento del Ministero della salute, di concerto con quelli delle politiche agricole e dell'ambiente, con cui è stata vietata la coltivazione della varietà di mais OGM MON 810, sul presupposto che, non prevedendo l'autorizzazione 98/294/CE alcuna misura di gestione, e non avendo la Commissione ritenuto di intervenire per imporne l'attuazione, ai sensi dell'art. 53 del regolamento n. 178/2002, il mantenimento della coltura di detta varietà di mais transgenico senza adeguate misure di gestione non tutelasse a sufficienza l'ambiente e la biodiversità. Del resto, l'applicazione del principio di precauzione postula l'esistenza di un rischio potenziale per la salute e per l'ambiente, ma non richiede l'esistenza di evidenze scientifiche consolidate sulla correlazione tra la causa, oggetto di divieto o limitazione, e gli effetti negativi che ci si prefigge di eliminare o ridurre; e comporta che quando non sono conosciuti con certezza i rischi connessi ad un'attività potenzialmente pericolosa, l'azione dei pubblici poteri debba tradursi in una prevenzione anticipata rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche, anche nei casi in cui i danni siano poco conosciuti o solo potenziali

Consiglio di Stato sezione III sentenza 6 febbraio 2015, n. 605 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE SEZIONE TERZA ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 4252 del 2014, proposto da: Gi.Fi., rappresentato e difeso dagli avv. Fr.Lo., Ma.Cl., con domicilio eletto presso...

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Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 10 febbraio 2015, n. 714. In materia di accesso della parte datoriale alle dichiarazioni rese dai lavoratori in occasione di ispezioni eseguite presso il luogo di lavoro, ai fini del corretto bilanciamento tra i diritti contrapposti, entrambi costituzionalmente garantiti, alla tutela degli interessi giuridici ed alla riservatezza dei lavoratori e delle dichiarazioni da loro rese in sede ispettiva, il diritto di difesa, per quanto privilegiato in ragione della previsione di cui all'art. 24, comma 7, L. n. 241 del 1990, deve essere contemperato con la tutela di altri diritti, tra cui quello alla riservatezza, anche dei lavoratori che hanno reso dichiarazioni in sede ispettiva (art. 2, comma 1, lett. c), D.M. n. 757 del 1994). Ciò allo scopo di prevenire eventuali ritorsioni o indebite pressioni da parte delle società datrici di lavoro o di quelle obbligate in solido con le medesime e per preservare, in tal modo, l'interesse generale ad un compiuto controllo della regolare gestione dei rapporti di lavoro. In via generale, pertanto, deve attribuirsi tutela prevalente alla necessità di riservatezza delle suddette dichiarazioni contenenti dati sensibili, la cui divulgazione potrebbe comportare azioni discriminatorie o indebite pressioni nei confronti dei lavoratori, i quali devono essere posti in grado di collaborare con le autorità amministrative e giudiziarie, nonché di presentare esposti e denunce, senza temere negative conseguenze nell'ambiente di lavoro in cui vivono

Consiglio di Stato sezione VI sentenza 10 febbraio 2015, n. 714 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE SEZIONE SESTA ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 6240 del 2014, proposto dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali in persona del Ministro pro-tempore,...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 28 gennaio 2015, n. 3953. ha La tipologia di attività edilizia, introdotte dal c.d. decreto "Sblocca Italia", rientra nella ristrutturazione edilizia e non realizzabile mediante semplice denuncia di inizio attività (oggi, SCIA), atteso il mutamento di destinazione d'uso (da qualificarsi come "rilevante" ai sensi del nuovo art. 23 ter del d.P.R. n. 380/2001, introdotto dalla legge di conversione del predetto decreto, ossia dalla L. 11 novembre 2014, n. 164), che l'intervento è finalizzato ad attuare

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 28 gennaio 2015, n. 3953 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FIALE Aldo – Presidente Dott. GRILLO Renato – Consigliere Dott. AMORESANO Silvio – Consigliere Dott. GAZZARA Santi – Consigliere Dott. SCARCELLA Alessio...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 28 gennaio 2015, n. 3918. Il reato di emissione di fatture relative ad operazioni inesistenti è configurabile anche in assenza di utilizzazione delle stesse, rendendosi, pertanto, non necessari la dichiarazione fiscale o il conseguimento dell'evasione.

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 28 gennaio 2015, n. 3918 REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FIALE Aldo – Presidente Dott. AMORESANO Silvio – rel. Consigliere Dott. SAVINO Mariapia Gaetan – Consigliere Dott. GAZZARA Santi – Consigliere Dott. MENGONI...