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Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 22 dicembre 2015, n. 25780. Quando il lavoratore denuncia l’illegittimità dell’esercizio dello ius variandi a causa di demansionamento o dequalificazione, ha l’onere di allegare gli elementi di fatto significativi circa l’inesatto adempimento dell’obbligo di adibizione a mansioni corrispondenti alla categoria e qualifica di appartenenza o a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte; al datore di lavoro incombe invece l’onere di provare l’esatto adempimento del suo obbligo, o attraverso la prova della mancanza in concreto di qualsiasi dequalificazione o demansionamento, ovvero attraverso la prova che l’una o l’altro siano state giustificate dal legittimo esercizio dei poteri imprenditoriali o disciplinari ovvero, in base al principio generale di cui all’art. 1218 cod. civ., comunque da una impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile

Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 22 dicembre 2015, n. 25780 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VENUTI Pietro – Presidente Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere Dott. BERRINO Umberto – Consigliere Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere Dott. TRICOMI Irene...

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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 22 dicembre 2015, n. 25764. Il soggetto che possiede un bene per un certo numero di anni per cui può diventarne legittimo proprietario grazie all’usucapione, non può vedersi interrotto il termine nel caso dovesse inviare una lettera con l’intenzione di voler in futuro diventare proprietario del bene dal presunto titolare

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 22 dicembre 2015, n. 25764 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente Dott. MATERA Lina – Consigliere Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere Dott. SCALISI Antonino...

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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 4 dicembre 2015, n. 24755. La reintegrazione della quota di legittima, conseguente l’esercizio dell’azione di riduzione, va effettuata con beni in natura, salvi i casi eccezionalmente previsti dall’art. 560 secondo e terzo comma cod. proc. civ. per la riduzione dei legati e delle donazioni”; – “Quando la riduzione riguarda le disposizioni a titolo universale con le quali sono stati nominati eredi testamentari, il legittimario pretermesso, ottenendo la reintegrazione della quota di legittima, acquista la qualità di erede pro-quota, che lo rende partecipe della comunione ereditaria nella misura della frazione prevista dagli artt. 537 e segg. cod. civ. Ne deriva che il giudice, nell’accogliere la domanda di riduzione, deve dichiarare, non quale sia il valore economico della quota di eredità spettante al legittimario, ma quali siano i beni ereditari e quale sia la quota di partecipazione del legittimario alla proprietà degli stessi. La divisione disposta con testamento, nella quale il testatore non abbia contemplato le posizioni di alcuno dei legittimari è nulla, ai sensi dell’art. 735 cod. civ., e tale nullità può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse ed è rilevabile d’ufficio dal giudice. Al legittimario che ottiene la reintegrazione della quota di riserva mediante l’attribuzione di beni in natura spetta la corresponsione, da parte dell’erede testamentario, dei frutti dei beni ereditari con decorrenza dal momento dell’apertura della successione e nella misura corrispondente alla quota astratta di eredità spettante al legittimario su tali beni. Nel reintegrare la quota di legittima in natura, mediante il riconoscimento della partecipazione del legittimario alla comunione ereditaria nei limiti della frazione prevista dalla legge, il giudice deve disporre la trascrizione, nei pubblici registri immobiliari, della quota di comproprietà sui beni ereditari, adeguatamente individuati, spettante al legittimario e – correlativamente – delle quote di comproprietà spettanti agli eredi testamentari”. Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza  4 dicembre 2015, n. 24755 Ritenuto in fatto 1. – M.S., M.L.B. e M.M. – nella qualità di eredi legittimane del comune padre Ma.Sc., il quale, con testamento olografo, aveva lasciato ai suoi figli maschi la proprietà di tutti i suoi beni mobili e immobili e alla moglie...

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Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 22 gennaio 2016, n. 3073. In tema di cronaca giudiziaria la verità della notizia mutuata da un’indagine o da un provvedimento giudiziario sussiste, ai fini della scriminante di cui all’art. 51, c.p., ogni qualvolta essa sia fedele al contenuto del provvedimento stesso, senza alterazioni o travisamenti. Il limite della verità deve essere restrittivamente inteso, dovendosi verificare la rigorosa corrispondenza tra quanto narrato e quanto realmente accaduto, perché il sacrificio della presunzione di innocenza non può esorbitare da ciò che sia necessario ai fini informativi. In tema di diffamazione a mezzo stampa, ai fini dell’operatività dell’esimente dell’esercizio del diritto di cronaca, soltanto modeste e marginali inesattezze che concernano semplici modalità del fatto senza modificarne la struttura essenziale, non determinano il superamento della verità del fatto stesso, non potendosi ritenere certamente irrilevante per la reputazione di un soggetto, l’attribuzione allo stesso di un fatto-reato, diverso da quello effettivamente accertato nel corso delle indagini

Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 22 gennaio 2016, n. 3073 Fatto e diritto 1. Con sentenza pronunciata il 28.5.2014 la corte di appello di Roma, in riforma della sentenza pronunciata dal tribunale di Roma in data 11.7.2012, assolveva, tra gli altri, M.P. e G.M. dai reati loro rispettivamente contestati ai capi E); 2)...

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Consiglio di Stato, sezione III, sentenza 20 gennaio 2016, n. 193. L’inserimento nella busta amministrativa di elementi economici comunque conoscibili da parte della Commissione, non costituisce elemento di individuazione dell’offerta economica che deve essere formulata con l’applicazione di un ribasso rispetto alla base d’asta, né può comunque, determinare un illegittimo condizionamento nella autonoma valutazione dell’offerta tecnica

Consiglio di Stato sezione III sentenza 20 gennaio 2016, n. 193 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 7003 del 2015, proposto da: Me. It. S.p.A.,; contro Az. Os. Br.. n.c. nei confronti di Ne....

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Consiglio di Stato, sezione III, sentenza 20 gennaio 2016, n. 197. Lo scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose, art. 14 ex 3 del D. lgs. 267/2000, non ha natura di provvedimento sanzionatorio, ma preventivo; conseguentemente, per l’emanazione del relativo provvedimento di scioglimento, è sufficiente la presenza di elementi che consentano di individuare la sussistenza di un rapporto tra l’organizzazione mafiosa e gli amministratori dell’ente considerato infiltrato

Consiglio di Stato sezione III sentenza 20 gennaio 2016, n. 197 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 8853 del 2015, proposto da: Presidenza del Consiglio dei Ministri; contro An. Pa.; nei confronti di Comune...

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Consiglio di Stato, sezione III, sentenza 22 gennaio 2016, n. 209. La revisione dei prezzi di cui all’art. 6, l. 24 dicembre 1993 n. 537 e all’art. 115 del codice dei contratti si applica solo alle proroghe contrattuali, come tali previste ab origine negli atti di gara ed oggetto di consenso “a monte”, ma non anche agli atti successivi al contratto originario con cui, mediante specifiche manifestazioni di volontà, è stato dato corso tra le parti a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorché di contenuto identico a quello originario per quanto concerne la remunerazione del servizio, senza che sia stata avanzata alcuna proposta di modifica del corrispettivo, che pure la parte privata era libera di formulare. La proroga del termine finale di un appalto, infatti, comporta il solo differimento del termine di scadenza del rapporto, mentre il rinnovo del contratto costituisce una nuova negoziazione con la controparte, ossia un rinnovato esercizio dell’autonomia negoziale attraverso cui vengono liberamente pattuite le condizioni del rapporto

Consiglio di Stato sezione III sentenza 22 gennaio 2016, n. 209 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 3768 del 2015, proposto da: Co. St. Eu. Mu.; contro INPS – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale...