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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 11 novembre 2014, n. 46404. Il reato di truffa la falsa rappresentazione ad opera del difensore alla parte assistita della necessità di elargire somme a favore di terzi, asseritamente a titolo di deposito cauzionale, seguita dall'incameramento delle stesse direttamente in capo al legale, ravvisandosi in esso l'elemento tipico dell'ingiusto profitto

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 11 novembre 2014, n. 46404   REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. PETTI Ciro – Presidente Dott. TADDEI Margherita B. – Consigliere Dott. DAVIGO Piercamillo – Consigliere Dott. RAGO Geppino – Consigliere Dott. PELLEGRINO...

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Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 24 novembre 2014, n. 48649. La difesa è titolare di un diritto "incondizionato" ad avere accesso alle registrazioni delle conversazioni intercettate, cui corrisponde un obbligo del pubblico ministero di attivarsi al fine di consentirne l'esercizio, e che la copia cartacea dei brogliacci così come la copia dei file audio, allorché la relativa richiesta sia finalizzata ad esperire il diritto di difesa nel procedimento incidentale de libertate, devono essere rilasciate in tempo utile perché tale diritto possa essere in quella sede esercitato, salvo che vi sia una situazione di impossibilità oggettiva ed insuperabile di dare tempestivamente ed utilmente corso alla richiesta di copia medesima. La difesa ha un pieno diritto ad ottenere copia (cartacea o digitale) dei brogliacci o delle trascrizioni informalmente redatte dalla polizia giudiziaria durante le operazioni di registrazione delle captazioni, piuttosto che dei file audio delle registrazioni delle intercettazioni (telefoniche e/o ambientali), posti a base del provvedimento cautelare o delle registrazioni, copie che devono essere rilasciate con urgenza allorché siano necessarie al fine di svolgere la difesa nel giudizio di impugnazione avverso il provvedimento limitativo della libertà personale fondato sulle risultanze delle captazioni medesime. Il diritto al pronto rilascio delle copie non può dirsi propriamente incondizionato ed assoluto, laddove incontra un limite – del tutto ragionevole – nei casi in cui, per la complessità delle operazioni di duplicazione, per la tardività della richiesta difensiva ovvero per altre ragioni, l'inquirente si trovi nella impossibilità di duplicare gli atti e, quindi, di metterli a disposizione della difesa prima della celebrazione della udienza di riesame, situazione di impossibilità di cui nondimeno il pubblico ministero ha l'onere di dare congrua motivazione, al fine di rendere effettivo il controllo, su di essa, da parte dei giudici della cautela.

Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza  24 novembre 2014, n. 48649 Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 7 aprile 2014, il Tribunale del riesame di Firenze, a seguito di ricorso ex art. 309 cod. proc. pen., ha confermato il provvedimento coercitivo del 7 marzo 2014, con il quale il Gip di Firenze ha...

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Corte di Cassazione, sezione II, 13 novembre 2014, n. 46868. Se l'introduzione in commercio di oggetti seriali – privi di marchi – costituenti riproduzione morfologica di oggetti protetti da marchio integri o meno gli estremi del delitto di cui agli artt. 473 – 474 ovvero di cui all'art. 517 c.p.

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE II SENTENZA 13 novembre 2014, n. 46868 Ritenuto in fatto Con sentenza in data 28/2/2014, la Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Nola, in data 22/9/2009, dichiarato prescritto il delitto di cui al capo A (artt. 473 e 474 cod. pen.), riduceva la...

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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 11 novembre 2014, n. 46412. Prelevare furtivamente merce dallo scaffale di un centro commerciale depositarla prima dell'uscita, scappare e difendersi con un coltello per cercare di rimanere impuniti integra il reato di tentativo di rapina impropria e non quello di rapina aggravata dall'uso dell'arma

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 11 novembre 2014, n. 46412 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. GENTILE Mario – Presidente Dott. LOMBARDO Luigi – rel. Consigliere Dott. PELLEGRINO Andrea – Consigliere Dott. BELTRANI Sergio – Consigliere Dott. RECCHIONE...

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Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 21 novembre 2014, n. 48433. Condannato per il delitto di cui all'art. 73 del d.P.R. n. 309/1990, relativamente alla detenzione, in concorso con altri, di 38 bustine contenenti marijuana, per un peso lordo di circa 42 grammi (120,7 dosi singole medie). A seguito dell'intervento sopravvenuto della sentenza della Corte costituzionale n. 32/2014, la sanzione inflitta all'imputato, nel caso si specie, risulta incompatibile con i criteri legali di determinazione, in quanto fissata in misura eccedente rispetto ai valori edittali che devono ormai considerarsi vigenti (in particolare, quanto al massimo, rispetto al limite di sei anni per la reclusione). Infatti, con decisione integralmente confermata dalla Corte d'appello, il Giudice di primo grado aveva indicato il valore di partenza della sanzione detentiva in sette anni, aumentato fino ad otto anni per la ritenuta recidiva, e diminuito fino a cinque anni e quattro mesi per l'applicazione dell'art. 442 cod. proc. pen. La sentenza impugnata va dunque annullata con rinvio, affinché la competente Corte territoriale provveda ad una nuova determinazione del trattamento sanzionatorio, da operarsi con riferimento ai valori edittali vigenti riguardo alla illecita detenzione di sostanza stupefacente del genere marijuana.

Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 21 novembre 2014, n. 48433 Ritenuto in fatto 1. È impugnata la sentenza del 13/01/2014 con la quale la Corte d’appello di Napoli ha confermato la sentenza del Giudice per le indagini preliminari dei locale Tribunale, in data 04/11/2013, di condanna nei confronti di F.R. per il delitto...

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Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 24 novembre 2014, n. 48744. Non sussistono gli estremi della fattispecie costitutiva del reato di somministrazione di bevande alcooliche a persona in stato di manifesta ubriachezza, qualora quest'ultima abbia direttamente prelevato la bevanda dal frigobar (servendosi da sé: cosiddetto selfservice), in quanto, in tal caso, la richiesta della merce avviene attraverso un comportamento concludente ed il cliente può consumarla prima ancora di pagarla, con la conseguenza che né il titolare né il gestore del negozio prestano alcun consenso in ordine al prelievo ed al consumo della bevanda e, pertanto, essi non rivestono una posizione di garanzia nei confronti dei clienti. E ovvio, che, ricorrendo la eadem ratio, il principio va applicato anche alla ipotesi contravvenzionale ex art. 689 cp, atteso che non sono indifferenti né la condotta di colui che fruisce della bevanda, né le modalità con le quali è venuto in possesso della stessa, modalità che certamente possono dipendere da "situazioni ambientali", essendo evidente, ad esempio, che ben diversa è l'ipotesi in cui la bevanda venga consegnata dal gestore del locale (o da un suo dipendente), da quella in cui sia lo stesso consumatore ad appropriarsene, prelevandola, come nel caso di cui alla ricordata sentenza, da un frigobar, ovvero dagli scaffali di un supermercato

Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 24 novembre 2014, n. 48744 Ritenuto in fatto 1. Il GdP di Termoli con la sentenza di cui in epigrafe ha dichiarato ndp a carico di P.A. in relazione al reato di cui all’articolo 590 cp per essere esso estinto per remissione di querela; ha assolto la predetta...

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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 20 novembre 2014, n. 48298. Le condizioni e i presupposti per l'applicazione di una misura cautelare restrittiva della libertà personale siano apprezzati e motivati dal giudice sulla base della situazione concreta, alla stregua dei ricordati principi di adeguatezza, proporzionalità e minor sacrificio, così da realizzare una piena individualizzazione della coercizione cautelare. Ed è del tutto evidente che i postulati della flessibilità e della individualizzazione che caratterizzano l'intera dinamica delle misure restrittive della libertà, non possono che assumere connotazioni "bidirezionali", nel senso di precludere tendenzialmente qualsiasi automatismo. L'ordinanza impugnata, nel caso di specie, non ha fatto corretta applicazione di tali principi. Infatti, richiamando le esigenze cautelari in precedenza descritte, le ha apoditticamente definite di eccezionale rilevanza sulla base degli stessi elementi (la falsa versione dei fatti concordata da riferire agli inquirenti, la predisposizione del piano di fuga in Albania, il precedente tentativo di aborto realizzato in occasione della prima gravidanza) utilizzati per ritenerle configurabili i parametri descritti dall'art. 274, lett. a), b), e), c.p.p.. Muovendo da tale impropria sovrapposizione il Tribunale, con automatismo argomentativo, ha ritenuto unica misura adeguata la custodia cautelare in carcere senza preventivamente porre in correlazione logica fra loro le regole generali poste dal codice a presidio della coercizione cautelare e le peculiarità del caso concreto.

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza  20 novembre 2014, n. 48298 Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 4 giugno 2014 il Tribunale di Milano, costituito ex art. 309 c.p.p., respingeva l’istanza di riesame avanzata da N.K. e, per l’effetto, confermava l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa nei suoi confronti il 9 maggio...

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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 20 novembre 2014, n. 48314. Ai sensi dell'art. 146 c.p., co. 1, n. 1, l'esecuzione della pena, quando deve aver luogo nei confronti di donna incinta, deve essere differita. Tale disposizione è stata completata in termini molto significativi con la modifica all'ordinamento penitenziario approvata con l. 10 ottobre 1986, n. 663, che ha introdotto (art. 13 della novella) l'art. 47-ter, il cui comma I-ter ha riconosciuto al tribunale di sorveglianza la possibilità, ricorrendo le ipotesi di cui agli artt. 146 e 147 c.p. eppertanto le ipotesi del rinvio obbligatorio ovvero facoltativo della pena, di disporre l'applicazione della detenzione domiciliare. La conseguenza dell'inserimento nel sistema normativo di questa nuova regola è che il differimento obbligatorio ha perso questo suo carattere, giacché ormai superato il quadro iniziale collegato alla disciplina codicistica, la quale, come è noto, prevedeva l'alternativa secca tra carcerazione e libertà. Questo attraverso il riconoscimento di un potere discrezionale al tribunale di sorveglianza di concessione della misura penitenziaria della detenzione domiciliare in luogo della sospensione della esecuzione della pena, senza peraltro alcuna indicazione dei criteri di valutazione applicando i quali il tribunale dovrà decidere il caso concreto, salva comunque la considerazione, attesa la natura delle disposizioni in esame, che il legislatore ha inteso fornire la giurisdizione di sorveglianza di uno strumento flessibile, tale da consentire il superamento di circostanze negative collegate alla pericolosità sociale del soggetto, comunque in ogni caso bilanciando il diritto alla salute del condannato con le esigenze di tutela della collettività

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 20 novembre 2014, n. 48314 Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Il Tribunale di sorveglianza di Roma, con ordinanza del 9 gennaio 2014, applicava nei confronti di B.L. , in espiazione del cumulo di pene di cui al provvedimento del P.M. del 7.1.2013 con fine pena...