Corte_de_cassazione_di_Roma

Suprema Corte di Cassazione

sezione IV

sentenza 12 novembre 2014, n. 46820

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe – Presidente
Dott. ROMIS Vincenzo – Consigliere
Dott. IZZO Fausto – rel. Consigliere
Dott. PICCIALLI Patrizia – Consigliere

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), n. a (OMISSIS);

avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano del 7/5/2012 (n. 45/2012);

udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Fausto Izzo;

udite le conclusioni del Procuratore Generale, dott. Oscar Cedrangolo, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udite le conclusioni dell’Avv. Giuseppe Campanelli, per la parte civile (OMISSIS), che ha chiesto il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 7/5/2012 la Corte di Appello di Milano confermava la condanna inflitta in primo grado a (OMISSIS) per il delitto di lesioni colpose aggravate in danno dell’operaio (OMISSIS) (acc. in (OMISSIS)). Veniva inoltre confermata la condanna al risarcimento del danno da liquidare in separato giudizio civile.
All’imputato era stato addebitato che, in qualita’ di legale rapp.te della s.p.a. (OMISSIS) , in violazione degli articoli 21 e 22 del Decreto Legislativo 626 del 1994, non aveva adeguatamente formato ed informato il lavoratore (OMISSIS), carpentiere dedito all’armatura del primo solaio di una palazzina in costruzione, sul corretto utilizzo di una scala durante i lavori di banchinaggio; sicche’ detto lavoratore, utilizzando la scala senza nessun ancoraggio e su terreno sconnesso e scivoloso, cadeva dall’altezza di mt. 2,50, riportando lesioni che ne determinavano la incapacita’ alle ordinarie occupazioni per oltre quaranta giorni.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, lamentando:
2.1. la erronea applicazione della legge penale ed il difetto di motivazione in ordine alla pronuncia di condanna. Invero il giudice di merito, partendo dalla esplicita affermazione della impossibilita’ di ricostruire in modo certo la dinamica dell’incidente, era giunto a conclusioni errate, basando la sua decisione piu’ sulle deposizioni dei testi non presenti al fatto, piuttosto che su quella dell’unico teste presente (il (OMISSIS)), oltre la vittima. La incerta ricostruzione dell’incidente non aveva consentito di valutare la plausibile ipotesi ricostruttiva che l’infortunio fosse stato frutto di una condotta avventata ed imprevedibile dello stesso (OMISSIS), il quale si era esposto ad un c.d. rischio elettivo al quale una lavoratore come lui, esperto (operaio specializzato dal 1980), non doveva esporsi. Pertanto con motivazione basata sul travisamento dei fatti ed, in ogni caso illogica e contraddittoria, il giudice di merito aveva ritenuto la inidoneita’ della scala all’uso non aveva tenuto conto che la condotta del lavoratore era stata in contrasto con le disposizioni impartite dal responsabile della sicurezza.
2.2. La erronea applicazione della legge ed in particolare degli articoli 21 e 22 del Decreto del Presidente della Repubblica 626 del 1994. Invero circa l’attivita’ informativa, andava valutato che il (OMISSIS), assunto il giorno prima dell’incidente, era un operaio specializzato dal 1980, con oltre 30 anni di carriera, pertanto come carpentiere non doveva avere una particolare informazione e formazione sull’utilizzo di una scala. Inoltre per il cantiere teatro dell’incidente, era stato stipulato un contratto tra la (OMISSIS) s.p.a. e la s.a.s. (OMISSIS) con la nomina del geometra (OMISSIS), della (OMISSIS), quale addetto al Servizio di Prevenzione e Protezione dei rischi. Tale incarico costituiva una vera e propria delega, conferita all’ (OMISSIS), che mandava esente l’imputato dagli oneri che gli erano stati addebitati come omessi. In ogni caso, essendo la (OMISSIS) un’azienda di grandi dimensioni, era onere del giudice di merito valutare che nell’organigramma non vi fosse di fatto delegata ai compiti che, certamente, non potevano gravare sull’amministratore delegato. Infine, tenuto conto della genericita’ della formulazione della disposizione sulla formazione dettata del Decreto del Presidente della Repubblica 626, ben poteva ritenersi che in relazione ad un operaio specializzato, non esposto a rischi nuovi, la formazione doveva ritenersi gia’ effettuata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ infondato.
2. La Corte di merito ha confermato la pronuncia di condanna sulla base delle seguenti considerazioni:
– l’istruttoria svolta non aveva chiarito se l’infortunio si fosse verificato mentre il (OMISSIS) utilizzava la scala per svolgere il banchinaggio, ovvero se l’infortunio si era verificato mentre stava scendendo dal solaio;
– in ogni caso esso era riconducibile all’uso improprio della scala, che essendo ad un solo tronco, doveva essere ancorata in alto attraverso un filo di ferro, non essendo sufficiente l’ausilio di altro operaio dal basso, in quanto quest’ultimo poteva essere distolto dal compito di mantenere ferma la scala in occasione del passaggio a mano di attrezzi o materiali;
– l’adozione di cautele era vieppiu’ doverosa, tenendo conto che il terreno sconnesso e scivoloso esponeva a rischi e non consentiva l’utilizzo di altri mezzi quali il trabattello con ruote di movimentazione;
– se e’ vero che il compito di ancoraggio poteva essere svolto dallo stesso (OMISSIS) (assunto da due giorni), tale incombenza gli sarebbe venuta alla mente se fosse stato informato sui rischi e formato all’uso degli strumenti di lavoro; invece il datore di lavoro era venuto meno a tale onere, cosi’ violando esplicite norme prevenzionali;
– ne’ era provato che tali incombenze fossero state delegate ad altri, difettando l’allegazione di una specifica delega scritta, o dell’esistenza di una struttura organizzata con specifica ripartizione dei ruoli e che, in ogni caso, avesse svolto attivita’ di sorveglianza.
Sulla base di tali valutazioni, la corte di appello confermava la condanna di primo grado.
3. Cio’ premesso circa la ricostruzione dell’incidente operata dal giudice di merito, va osservato che quest’ultimo non ha dubbi circa il fatto che l’infortunio si sia verificato per il mancato ancoraggio della scala, l’incertezza di cui si discorre in sentenza riguarda solo il momento in cui la caduta e’ avvenuta: o durante l’utilizzo della scala per il banchinaggio oppure durante la discesa. L’accertamento preciso di tale circostanza e’ stato ritenuto irrilevante, perche’ pur sempre l’origine dell’incidente era la stessa e cioe’ l’anomalo utilizzo della scala.
La difesa dell’imputato ritiene che responsabilita’ dell’infortunio vada ricondotta alla esclusiva colpa della stessa vittima, la quale, come lavoratore esperto, non doveva scegliere di espletare le proprie mansioni con modalita’ pericolose.
Sul punto va ricordato come questa Corte ha piu’ volte ribadito che, in materia di infortuni sul lavoro, la condotta incauta del lavoratore infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l’evento quando sia comunque riconducibile all’area di rischio propria della lavorazione svolta: in tal senso il datore di lavoro e’ esonerato da responsabilita’ solo quando il comportamento del lavoratore, e le sue conseguenze, presentino i caratteri dell’eccezionalita’, dell’abnormita’, dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive di organizzazione ricevute (ex plurimis, Cass.4, n. 21587/07, ric. Pelosi, rv. 236721). Nel caso di specie, il (OMISSIS) ha patito l’infortunio mentre svolgeva la sua ordinaria attivita’ di lavoro utilizzando mezzi di lavoro messigli a disposizione dall’azienda.
Pertanto la circostanza che la persona offesa, presa dalla routine del lavoro e da un eccesso di sicurezza, abbia utilizzato la scala senza un ancoraggio, non costituisce comportamento abnorme idoneo ad interrompere il nesso causale tra la condotta omissiva del datore di lavoro e l’evento, condotta connotata da colpa, tenuto conto che le cautele omesse era proprio preordinate ad evitare il rischio specifico (lesione alla mano sinistra) che poi concretamente si e’ materializzato nell’infortunio in danno del (OMISSIS). Ne consegue che anche tale motivo di censura e’ infondato.
4. Ma vi e’ di piu’. La configurazione anche una minima colpa in capo alla vittima, presuppone che questi conoscesse perfettamente i rischi del lavoro a cui era occupato ed il corretto utilizzo dei mezzi fornitigli. Ma la contestazione a carico del (OMISSIS) e’ proprio costituita, come indicato nel capo di imputazione, dal deficit formativo ed informativo.
Va ricordato che l’articolo 21 del Decreto Legislativo 626 del 1994 (ora articoli 36 e 37 Decreto Legislativo 81 del 2008), prevede che il datore di lavoro provveda affinche’ ciascun lavoratore riceva un’adeguata informazione su i rischi per la sicurezza e la salute connessi all’attivita’ dell’impresa in generale e sulle le misure e le attivita’ di protezione e prevenzione adottate in azienda.
Inoltre, ai sensi dell’articolo articolo 22, deve garantire che il lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro ed alle proprie mansioni. Tale formazione deve avvenire in occasione dell’assunzione e del trasferimento o cambiamento di mansioni.
Nel caso che ci occupa il giudice di merito ha evidenziato come il (OMISSIS), assunto da due giorni, non avesse ricevuto alcuna informazione e formazione, adempimenti questi necessari e non superflui, tenuto conto che l’utilizzo della scala doveva essere effettuato in un contesto di cantiere pericoloso, per la presenza di terreno di appoggio sconnesso e scivoloso.
Ne’ risulta che il (OMISSIS) abbia delegato altri di tali incombenze.
Invero, come rilevato dal giudice di merito, nessuna delega scritta e’ presente in atti, ne’ l’attribuzione di tali compiti si desume dall’organizzazione aziendale.
Inoltre, tale delega non puo’ ritenersi attribuita al geometra (OMISSIS), addetto al Servizio di Prevenzione e Protezione, considerato che tale carica attribuisce un mero ruolo di consulenza, tanto che questa Corte di legittimita’ ha affermato che gli obblighi di vigilanza e di controllo gravanti sul datore di lavoro non vengono meno con la nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, il quale ha una funzione di ausilio diretta a supportare e non a sostituire il datore di lavoro nell’individuazione dei fattori di rischio nella lavorazione, nella scelta delle procedure di sicurezza e nelle pratiche di informazione e di formazione dei dipendenti (cfr. Cass. Sez. 4, Sentenza n. 50605 del 05/04/2013 Ud. (dep. 16/12/2013), Rv. 258125).
In ogni caso, anche in presenza di una delega, a carico del datore di lavoro permane sempre l’obbligo di vigilare e di controllare che il delegato usi correttamente la delega, secondo quanto la legge prescrive (cfr. Cass. Sez. 4, Sentenza n. 39158 del 18/01/2013 Ud. (dep. 23/09/2013), Rv. 256878). Nel caso di specie i controlli sulla sicurezza sono stati assolutamente carenti, considerato che nel corso delle indagini e’ emersa la generale inadeguatezza della sicurezza del cantiere e la presenza di lavoratori assunti in nero .
Alla luce di quanto esposto il ricorso e’ infondato e deve essere rigettato.
Segue, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed a quelle sostenute dalla parte civile, che si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processali oltre alla rifusione delle spese in favore della parte civile che liquida in complessivi euro 2.500,00 oltre accessori come per legge.

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