Cassazione 3

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza  24 novembre 2014, n. 48649

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza del 7 aprile 2014, il Tribunale del riesame di Firenze, a seguito di ricorso ex art. 309 cod. proc. pen., ha confermato il provvedimento coercitivo del 7 marzo 2014, con il quale il Gip di Firenze ha applicato la misura della custodia in carcere nei confronti di B.D. , L.L. , A.J. e R.A. , mentre ha riformato l’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di G.N. sostituendo nei suoi confronti la misura di maggior rigore con gli arresti domiciliari. Giova evidenziare che, nei confronti dei quattro cittadini stranieri, la misura custodiale è stata emessa in relazione a diverse violazioni della legge sugli stupefacenti, segnatamente, nei confronti: di B.D. per i reati ex art. 73 d.P.R. n. 309/1990 di cui ai capi 6), 7), 23) e 27) ed ex art. 74 quale stabile fornitore di cui al capo 1); di L.L. e R.A. per associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico di cui al capo 1), il primo quale mero partecipe, il secondo con il ruolo di capo o promotore; di A.J. per i reati ex art. 73 d.P.R. n. 309/1990 di cui ai 7), 14), 18), 23) e 27) e per partecipazione all’associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico di cui al capo 1). Nei confronti di G.N. , maresciallo dell’Arma dei Carabinieri, la misura cautelare è stata applicata in relazione al reato di cui agli artt. 81 cpv, 319 e 321 cod. pen..
Con riguardo ai ricorsi presentati da B.D. , L.L. , A.J. e R.A. , il Tribunale ha affrontato, in via preliminare, le eccezioni in rito, con le quali le difese avevano eccepito la nullità dell’ordinanza custodiale per insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza conseguente dalla inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche ed ambientali richiamate a sostegno del titolo coercitivo, per avere il pubblico ministero omesso di fornire copia dei file audio delle registrazioni delle intercettazioni prima della celebrazione della udienza di riesame, seppure la copia fosse stata tempestivamente richiesta dalla difesa. In merito a tale eccezione, il Tribunale ha evidenziato come il P.M. non abbia rifiutato né ritardato il rilascio di copia delle registrazioni ma anzi abbia tempestivamente inoltrato la richiesta alla polizia giudiziaria e che soltanto la difficoltà di trasposizione del numero notevole di intercettazioni richieste dei difensori aveva impedito il rilascio della copia in tempo utile per l’udienza del riesame. D’altra parte, come chiarito dalla Corte di cassazione, l’obbligo del pubblico ministero di consentire il tempestivo accesso alle registrazioni scatta soltanto allorché il difensore specifichi che esso è finalizzato alla presentazione di un’istanza di riesame, precisazione nella specie omessa. Infine, il Tribunale ha notato che la richiesta dei difensori di avere copia dei file audio non era volta a contestare l’attribuzione delle conversazioni agli assistiti ed, in ogni caso, anche se i file audio fossero stati trasmessi tempestivamente, le difese non sarebbero state comunque in grado di procedere all’ascolto integrale delle conversazioni prima della celebrazione della udienza ex art. 309 cod. proc. pen..
Nel merito, il Tribunale ha evidenziato come, alla luce degli elementi raccolti dalle indagini – in particolare dalle captazioni – risulti fondato a carico dei ricorrenti il giudizio di gravità indiziaria in ordine al reato associativo loro contestato ed ha ritenuto sussistente il pericolo di reiterazione di analoghe i (Ndr: testo originale non comprensibile) di reati, stimato fronteggiabile con la sola misura carceraria, non essendo superata la presunzione ex art. 275 comma 3, cod. proc. pen..
Quanto a G.N. , il Tribunale ha confermato il giudizio di gravità indiziaria alla luce delle risultanze delle intercettazioni telefoniche che delineano compiutamente il fatto corruttivo, consistito nell’avere l’indagato intercesso al fine di consentire la regolarizzazione di B.D. e nell’avere ottenuto in cambio la cessione gratuita di un’auto Renault Clio. Il Collegio ha evidenziato come la difesa si sia limitata a contestare genericamente i gravi indizi di colpevolezza senza offrire una lettura alternativa delle conversazioni richiamate dal Gip, peraltro aventi un significato univoco, ed ha nondimeno ritenuto che la misura degli arresti domiciliari possa essere adeguata ad evitare la reiterazione dei reati.
2. Avverso il provvedimento ha presentato ricorso l’Avv. Maria Cristina Masetti, difensore di fiducia di B.D. , L.L. , A.J. e R.A. , chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi.
2.1. Violazione di legge processuale in relazione agli artt. 178, lett. c), e 268 cod. proc. pen., per omessa consegna al difensore di copia dei supporti informatici contenenti le registrazioni delle conversazioni telefoniche ed ambientali intercettate poste a base della richiesta di misura cautelare. Lamenta il ricorrente che il pubblico ministero non ha giustificato il rifiuto di consegnare tempestivamente le copie richieste e che tale lacuna motivazionale gravante in capo al pubblico ministero non poteva essere colmata dal Tribunale del riesame.
D’altra parte, la richiesta di avere copia delle registrazioni, essendo depositata immediatamente dopo la notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza camerale ex art. 309 del codice di rito, implicava di fatto la rilevanza della domanda difensiva ai fini della discussione in quella sede procedimentale; in ogni caso, la richiesta di avere accesso agli atti è da ritenere non condizionata, piena ed assoluta, in quanto espressione del diritto di difesa.
2.2. Vizio di motivazione in relazione alla posizione di B. , per avere il Tribunale dato atto che, nei confronti di tale ricorrente, grava un’ulteriore ordinanza cautelare e che lo stesso reiterava le condotte nel mentre si trovava sottoposto agli arresti domiciliari per altra causa, con ciò travisando le risultanze processuali dal momento che il Gip ha rigettato la richiesta di applicazione di misura cautelare in relazione ai fatti consumati in epoca successiva alla data del 24 aprile 2012.
2.3. Violazione di legge processuale in relazione alla posizione di B. , per carenza assoluta di motivazione in ordine alle imputazioni provvisorie di cui ai capi 6) e 23), non avendo il Tribunale speso nessuna parola a sostegno del giudizio di gravità indiziaria; per avere il Collegio argomentato in ordine al reato di cui al capo 24), invece non contestato all’indagato.
2.4. Violazione di legge processuale e vizio di motivazione quanto alla posizione di L.L. , per avere il Tribunale ritenuto provata la sua partecipazione all’associazione per delinquere sebbene egli fosse giunto in Italia solo tre giorni prima di essere arrestato, circostanza che di per sé sola doveva escludere il suo coinvolgimento nella compagine associativa, e per avere ritenuto sussistenti le esigenze cautelari, con motivazione del tutto apodittica; quanto ad A.J. , per avere il Tribunale ritenuto provata la partecipazione di tale indagato con ruolo apicale all’associazione per delinquere, nonostante le puntuali e contrarie censure difensive.
3. Avverso il provvedimento ha presentato ricorso l’Avv. Antonio Bonacci, difensore di fiducia di G.N. , chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:
3.1. violazione di legge penale e vizio di motivazione in relazione agli artt. 273, 274, 275, 284, 292, 299 e 309 cod. proc. pen., per avere il Tribunale del riesame ritenuto integrati i gravi indizi di colpevolezza senza considerare le specifiche doglianze mosse con il ricorso in merito al contenuto delle telefonate intercettate, al distacco temporale fra di esse (dal aprile al settembre 2012) ed alle spiegazioni fornite a chiarimento dallo stesso G. ; per avere il Tribunale omesso di fornire un’adeguata motivazione in ordine alla attualità delle esigenze cautelari, trascurando il tempo trascorso dal fatto (trattandosi di vicende emerse nell’anno 2012) e la possibile qualificazione del fatto come corruzione per l’esercizio della funzione, punita con diversi parametri edittali.
4. Il Procuratore generale ha chiesto che i ricorsi di B. , L. e A. siano accolti, con conseguente annullamento con rinvio del provvedimento, e che i ricorsi di R. e G. siano dichiarati inammissibili.
L’avv. Maria Cristina Masetti, quale difensore di B.D. , L.L. , A.J. e R.A. ed in sostituzione dell’Avv. Antonio Bonacci difensore di G.N. , ha insistito per l’accoglimento dei ricorsi.

Considerato in diritto

1. I ricorsi sono tutti fondati, sebbene per ragioni diverse.
2. I ricorsi presentati da B.D. , L.L. , A.J. e R.A. sono fondati in relazione al mancato, o comunque intempestivo, rilascio di copia delle registrazioni.
2.1. In linea generale, giova premettere che, come affermato da questa Suprema Corte a Sezioni Unite, la richiesta del difensore volta ad accedere, prima del loro deposito ai sensi del comma 4 dell’art. 268 cod. proc. pen., alle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate e sommariamente trascritte dalla polizia giudiziaria nei c.d. brogliacci di ascolto, utilizzati ai fini dell’adozione di un’ordinanza di custodia cautelare, determina l’obbligo per il pubblico ministero di provvedere in tempo utile a consentire l’esercizio del diritto di difesa nel procedimento incidentale “de libertate”, obbligo il cui inadempimento può dar luogo a responsabilità disciplinare o penale del magistrato del P.M. (Cass. Sez. U, n. 20300 del 22/04/2010, Lasala, Rv. 246908). Ancora, questo giudice di legittimità ha di recente ribadito che l’ingiustificato diniego del pubblico ministero a che il difensore dell’indagato abbia accesso alle registrazioni delle comunicazioni o conversazioni intercettate, i cui risultati siano stati utilizzati per l’emissione di un provvedimento cautelare, determina un vizio del procedimento di acquisizione della prova nel giudizio cautelare, con la conseguente impossibilità di utilizzazione degli elementi acquisiti (Cass. Sez. 2, n. 32490 del 07/07/2010, Russo Rv. 248187).
Nell’ampia motivazione della ricordata sentenza del 22 aprile 2010, le Sezioni Unite hanno chiarito che il pubblico ministero non è tenuto a trasmettere al Tribunale del riesame anche le registrazioni delle conversazioni intercettate, posto che, ai sensi dell’art. 309 c.p.p., comma 5, egli ha l’onere di trasmettere solo gli atti da lui prodotti con la richiesta di applicazione della misura cautelare; è inoltre da escludere la necessità sia del deposito previsto dall’art. 268 c.p.p. in vista della utilizzazione, a fini cautelari, dei risultati delle registrazioni, sia della trasmissione in unione alla richiesta ex art. 291 cod. proc. pen. dei verbali e delle registrazioni delle intercettazioni, dovendosi ravvisare una sorta di “presunzione d’esistenza e di conformità”, senza la necessità di un controllo giurisdizionale sulla effettiva sussistenza di tale documentazione, dalla quale discende la validità della prova. Ne discende che l’utilizzazione a fini cautelari di tale materiale conoscitivo, sia da parte del Gip, sia da parte del tribunale investito del giudizio di riesame, prescinde dall’inoltro della relativa documentazione (i verbali contenenti le trascrizioni sommarie e le bobine registrate), potendo i giudici della cautela trarre i propri elementi di convincimento a fondamento del provvedimento coercitivo anche dai c.d. “brogliacci”, ovvero da atti che riportino in forma riassuntiva il contenuto delle captazioni.
Tanto premesso quanto ai presupposti di utilizzabilità delle risultanze delle intercettazioni, le Sezioni Unite hanno affermato che la difesa è titolare di un diritto “incondizionato” ad avere accesso alle registrazioni delle conversazioni intercettate, cui corrisponde un obbligo del pubblico ministero di attivarsi al fine di consentirne l’esercizio, e che la copia cartacea dei brogliacci così come la copia dei file audio, allorché la relativa richiesta sia finalizzata ad esperire il diritto di difesa nel procedimento incidentale de libertate, devono essere rilasciate in tempo utile perché tale diritto possa essere in quella sede esercitato, salvo che vi sia una situazione di impossibilità oggettiva ed insuperabile di dare tempestivamente ed utilmente corso alla richiesta di copia medesima.
Tirando le fila del ragionamento svolto da questa Corte regolatrice a composizione allargata, la difesa ha un pieno diritto ad ottenere copia (cartacea o digitale) dei brogliacci o delle trascrizioni informalmente redatte dalla polizia giudiziaria durante le operazioni di registrazione delle captazioni, piuttosto che dei file audio delle registrazioni delle intercettazioni (telefoniche e/o ambientali), posti a base del provvedimento cautelare o delle registrazioni, copie che devono essere rilasciate con urgenza allorché siano necessarie al fine di svolgere la difesa nel giudizio di impugnazione avverso il provvedimento limitativo della libertà personale fondato sulle risultanze delle captazioni medesime. Il diritto al pronto rilascio delle copie non può dirsi propriamente incondizionato ed assoluto, laddove incontra un limite – del tutto ragionevole – nei casi in cui, per la complessità delle operazioni di duplicazione, per la tardività della richiesta difensiva ovvero per altre ragioni, l’inquirente si trovi nella impossibilità di duplicare gli atti e, quindi, di metterli a disposizione della difesa prima della celebrazione della udienza di riesame, situazione di impossibilità di cui nondimeno il pubblico ministero ha l’onere di dare congrua motivazione, al fine di rendere effettivo il controllo, su di essa, da parte dei giudici della cautela.
In altri termini, il diritto del difensore della persona sottoposta a provvedimento limitativo della libertà personale ad avere copia (cartacea o digitale) delle registrazioni delle intercettazioni può essere limitato, mai nell’an, ma solo nel quando, in ragione di difficoltà obbiettivamente riscontrabili – di natura tecnica piuttosto che organizzativa, dipendenti dal numero degli atti o dei file da ricercare e duplicare, dalla difficoltà di individuare le captazioni da riprodurre o altro – di cui l’inquirente è tuttavia tenuto a fornire adeguata giustificazione, suscettibile di verifica da parte del Gip e, soprattutto, del Collegio investito del giudizio di riesame. Giustificazione delle ragioni del mancato o dell’intempestivo rilascio delle copie che, nel caso di specie – almeno da quanto si evince dagli atti trasmessi -, il pubblico ministero non risulta avere esplicitato.
2.2. Né la eccezione difensiva potrebbe ritenersi superata – come invece sostenuto dal Tribunale del riesame – dal fatto che il difensore non avesse esplicitamente indicato l’urgenza delle copie e la rilevanza di esse ai fini della discussione del ricorso ex art. 309 del codice di rito.
Ritiene il Collegio che la tempistica, il tenore della richiesta di copia dei file audio delle registrazioni e le iniziative del difensore rendessero per il pubblico ministero non revocabile in dubbio la stretta interrelazione fra la richiesta ostensione e la discussione dell’udienza del ricorso per riesame e, quindi, nella sostanza, l’urgenza del rilascio delle copie. Ed invero, la richiesta di avere copia degli atti veniva depositata nella Segreteria del P.M. il giorno successivo alla notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza di ricorso ex art. 309 cod. proc. pen. – notificata lo stesso giorno anche all’inquirente -; nella richiesta v’era espressa indicazione che si trattava di atti posti a fondamento dell’ordinanza cautelare appena eseguita nei confronti dell’assistito – titolo coercitivo emesso proprio su iniziativa dello stesso pubblico ministero richiesto di rilasciare le copie in oggetto – e si precisava che le copie erano necessarie ai fini dello svolgimento del diritto di difesa; il difensore, nei giorni successivi, faceva accesso nella Segreteria del P.M. al fine di sollecitare il rilascio delle copie.
Il Collegio ben conosce il precedente di questa Corte richiamato dal giudice a quo, con il quale si è affermato il principio secondo il quale l’obbligo per il pubblico ministero di provvedere tempestivamente al rilascio delle copie delle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate presuppone che il difensore abbia specificato che l’accesso è finalizzato alla presentazione di un’istanza di riesame (Cass. Sez. 2, n. 35692 del 17/04/2013, Conte Rv. 256461). Giova nondimeno notare come la fattispecie concreta oggetto della suddetta pronuncia fosse affatto diversa da quella di specie, atteso che, in tale caso, il pubblico ministero, con provvedimento motivato in ragione della complessità delle indagini, aveva affidato l’incarico ad un consulente tecnico concedendo allo stesso un termine di giorni dieci per la trasposizione delle immagini e che il difensore, presente in sede di conferimento dell’incarico e dunque anche all’assegnazione di tale termine, nulla aveva obbiettato né prospettato in relazione all’urgenza della richiesta ai fini del procedimento incidentale del riesame. Situazione che invece non ricorre nella ipotesi in oggetto, nella quale – vista la tempistica del deposito della istanza (il giorno successivo alla notifica dell’avviso di fissazione della udienza ex art. 309), l’espresso riferimento all’esigenza di conoscere gli atti posti a base del titolo coercitivo ed i comportamenti concludenti serbati dal difensore (segnatamente gli accessi nella Segreteria del P.M.) – evidente risultava la strumentante della richiesta ostensione degli atti ai fini della discussione dell’udienza del riesame.
Ne discende che l’inquirente avrebbe dovuto fornire adeguata giustificazione scritta della difficoltà/impossibilità di procedere al rilascio tempestivo delle copie degli atti richiesti, così da consentirne, se del caso, il sindacato in sede di gravame.
2.3. Né l’inosservanza di tale obbligo motivazionale facente capo all’inquirente può ritenersi legittimamente sanata dalle argomentazioni svolte dal Collegio cautelare nell’ordinanza impugnata.
Ed invero, nella fase delle indagini preliminari, il materiale captativo si trova nella esclusiva disponibilità del P.M., sicché spetta solo e soltanto all’organo requirente il rilascio delle richieste duplicazioni – attraverso i propri diretti collaboratori o la P.G. delegata -, ed eventuali difficoltà, o l’impossibilità, di dare tempestivamente corso alla richiesta possono essere conosciute, o conoscibili, soltanto dall’accusa: se ne inferisce che l’esplicitazione delle ragioni della mancata o tardiva ostensione degli atti spetta in via esclusiva alla parte pubblica, funzionalmente competente alla gestione del materiale d’indagine quale dominus delle investigazioni, e non è validamente emendabile dall’organo giudicante, al quale è rimesso soltanto il controllo sulla congruità della giustificazione dell’omesso rilascio delle copie eventualmente fornita dal titolare delle indagini.
Ne discende che la mancata ostensione delle registrazioni, non giustificata da un’adeguata motivazione da parte dell’organo della pubblica accusa, determina l’inutilizzabilità del dato probatorio. Secondo le chiare indicazioni fornite nella sentenza delle Sezioni Unite sopra ricordata, l’ingiustificato diniego di accesso alle registrazioni comporta difatti un vizio del procedimento di acquisizione della prova nel giudizio cautelare, con la conseguente impossibilità per il giudice di utilizzare gli elementi acquisiti con procedimento invalido.
Il provvedimento impugnato deve pertanto essere annullato con rinvio con riguardo alla posizione di B.D. , L.L. , A.J. e R.A. : il Tribunale, nel giudizio di rinvio, potrà utilizzare gli esiti delle captazioni solo ove risulti che le registrazioni delle conversazioni siano state poste a disposizione della difesa ovvero se risulti aliunde che il pubblico ministero abbia congruamente giustificato l’impossibilità di soddisfare in modo tempestiva la richiesta ostensione.
Gli ulteriori motivi dedotti dalla difesa di tali indagati sono assorbiti.
3. Fondato è il ricorso presentato da G.N. con riguardo al vizio di motivazione in ordine al giudizio sulle esigenze cautelari.
In via preliminare deve essere precisato che, secondo il costante insegnamento di questa Corte in tema di misure cautelari personali, non è affetta da vizio di motivazione l’ordinanza del Tribunale del riesame che, confermando in tutto o in parte il provvedimento impugnato, ne recepisce le argomentazioni, perché in tal caso i due atti si integrano reciprocamente e le eventuali carenze di motivazione dell’uno sono sanate dalle argomentazioni utilizzate dall’altro (Cass. Sez. 2, n. 774 del 28/11/2007, Beato, Rv. 238903).
Tenuto ben fermo tale criterio ermeneutico, si deve ritenere che la motivazione del provvedimento cautelare – valutate congiuntamente l’ordinanza genetica e quella emessa a seguito di giudizio ex art. 309 cod. proc. pen. – espliciti in modo adeguato gli elementi posti a fondamento del giudizio di gravità indiziaria in ordine al reato di corruzione ascritto al ricorrente, laddove si da conto delle emergenze delle captazioni e viene operata una ricostruzione ragionata dei fatti, da ritenere correttamente sussunti – almeno in questa prima fase del procedimento – nella fattispecie astratta oggetto di contestazione provvisoria.
A diversa conclusione si deve, di contro, pervenire con riguardo al giudizio in punto di esigenze cautelari: ed invero, né nell’ordinanza del Gip, né nella ordinanza del Tribunale del riesame, sono esplicitate le ragioni per le quali, ferma la gravità del fatto ascritto al pubblico ufficiale (Comandante del Nucleo CC presso l’Ispettorato del Lavoro di Arezzo), i giudici della cautela abbiano ritenuto sussistente il periculum libertatis connesso al rischio di reiterazione criminosa, tanto più considerato che si tratta di un unico, sebbene riprovevole, scambio di favori in cambio di utilità private, commesso a quasi due anni di distanza dall’emissione del provvedimento coercitivo.
L’ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata per difetto di motivazione sulle esigenze cautelari con rinvio al Tribunale del riesame di Firenze per un nuovo esame sul punto.

P.Q.M.

annulla l’ordinanza impugnata nei confronti di G.N. , limitatamente alle esigenze cautelari, e rinvia per nuovo esame sul punto al Tribunale di Firenze. Annulla la medesima ordinanza nei confronti degli altri ricorrenti e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Firenze.

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