Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 19 febbraio 2015, n. 7706 Ritenuto in fatto 1.Con sentenza del 13.3.2013 il Tribunale di Sassari confermava la sentenza del Giudice di Pace di Ozieri, con la quale C. R. era stato condannato alla pena di € 400,00 di multa, previa concessione delle generiche, oltre al risarcimento dei...
Categoria: Diritto Penale e Procedura Penale
Corte di Cassazione, sezione IV, 2 febbraio 2015, n. 4906. Il rilascio della certificazione al sostituito non é elemento costitutivo del reato di cui all'art. 10-bis d.lgs. n.74/2000, che si sostanzia nella condotta omissiva del mancato versamento, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d'imposta, delle ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata, per un ammontare superiore ad Euro 50.000,00 per ciascuna imposta. Trattasi, dunque, di reato omissivo proprio, istantaneo e di mera condotta. Il rilascio della certificazione costituisce, quindi, presupposto del fatto
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE IV SENTENZA 2 febbraio 2015, n. 4906 Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza resa in data 20/12/2012, il Tribunale di Bari ha rigettato l’istanza di riesame proposta da G.M. avverso il provvedimento di sequestro preventivo (per equivalente) dei beni facenti capo agli indagati A.A. , A.A.A. , A.M. ,...
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 17 febbraio 2015, n. 6821. La condotta di promessa o dazione di denaro o altra utilità, attraverso cui si convinca una persona minore di età ad intrattenere rapporti sessuali con il soggetto agente, integra gli estremi della fattispecie di cui al comma secondo e non al primo dell'art. 600 bis del codice penale", precisando, altresì, che: l'atto sessuale compiuto dal minore prostituito, a differenza di quanto avviene per i maggiorenni, non può essere inquadrato in un'area di libertà; da tale assenza di libertà della prostituzione minorile; di cui il fruitore della prestazione sessuale non può non essere a conoscenza, discende, in forza della precisa incriminazione prevista dal co. 2 dell'art. 600 bis cod.pen., la punibilità della condotta del cliente medesimo, che diversamente è immune da sanzione quando viene in rapporto, sempre da cliente, con la prostituzione del soggetto adulto; in tale logica punitiva del cliente del minorenne, la condotta di induzione alla prostituzione minorile di cui al primo comma della citata disposizione deve essere sganciata dal rapporto sessuale con l'agente, dovendo avere riguardo alla prostituzione esercitata nei confronti di terzi, anche identificabili in un solo soggetto, purché diverso dall'induttore
Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 17 febbraio 2015, n. 6821 Ritenuto in fatto Il Gup presso il Tribunale di Milano, con sentenza del 14/4/2011, resa a seguito di rito abbreviato, dichiarava V.S. , D.F.R. e R.N. corresponsabili dei reati di cui agli artt. 600 bis co. 1 e 600 ter co. 1 cod.pen.,...
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 17 febbraio 2015, n. 6842. In tema di operazioni inesistenti sulla base di fatture "d'acconto": l'emissione di fatture per operazioni inesistenti è un delitto di pericolo astratto per la configurazione del quale è sufficiente il mero compimento dell'atto; ai fini dell'individuazione del momento di consumazione del reato rileva il momento dell'emissione della fattura, trattandosi di reato istantaneo; la presenza di un'ulteriore finalità nell'azione delittuosa non incide sull'integrazione della suddetta fattispecie "attesa la natura di reato di pericolo astratto per la cui configurabilità è sufficiente il mero compimento dell'atto; nel delitto de quo il dolo è comunque ravvisabile allorché l'autore abbia la coscienza e volontà di emettere o di utilizzare fatture per operazioni in tutto o in parte inesistenti idonee a frodare il fisco, essendo irrilevante il concorrente fine diverso di ottenere indebiti contributi; l'evasione d'imposta non è elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice del delitto d'emissione di fatture per operazioni inesistenti, ma configura un elemento del dolo specifico normativamente richiesto per la punibilità dell'agente, in quanto per integrare il reato è necessario che l'emittente delle fatture si proponga il fine di consentire a terzi l'evasione delle imposte su redditi e sul valore aggiunto, ma non anche che il terzo consegua effettivamente la programmata evasione
Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 17 febbraio 2015, n. 6842 Ritenuto in fatto La C.A. di Torino con sentenza 17.3.2014 ha confermato la responsabilità penale di P.C.P. in ordine ai seguenti delitti: A) emissione di fatture per operazioni inesistenti (art. 8 D. Lvo n. 74/2000 contestato al capo A) con riferimento ad una...
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 17 febbraio 2015, n. 6844. Risponde del reato sessuale in danno del figlio minore il genitore che, consapevole del fatto e nella possibilità di porvi fine, non si attivi per impedirlo ma tenga una condotta passiva, ricoprendo egli una posizione di garanzia a tutela dell'intangibilità sessuale del figlio stesso che rende operante la clausola di equivalenza di cui all'art. 40, comma 2, c.p.; si è poi aggiunto che tale responsabilità a titolo di causalità omissiva ricorre allorquando sussistano le condizioni rappresentate: a) dalla conoscenza o conoscibilità dell'evento; b) dalla conoscenza o riconoscibilità dell'azione doverosa incombente sul "garante"; c) dalla possibilità oggettiva di impedire l'evento
Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 17 febbraio 2015, n. 6844 Ritenuto in fatto 1. V.F. ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano di conferma della sentenza del Tribunale di Monza di condanna per il reato di cui agli artt. 40 e art. 609 quater c.p. in relazione ad atti...
Corte di Cassazione, sezione II,sentenza 17 febbraio 2015, n. 6847. L'art. 641 c.p. (insolvenza fraudolenta) ha come finalità la tutela dei diritto dei creditore adempiente contro particolari, preordinati, successivi inadempimenti fraudolenti, consumati dalla controparte, di un'obbligazione di contenuto patrimoniale e di fonte contrattuale; inadempimenti realizzati con modalità tali da rendere inadeguata la tutela apprestata dalla legge civile. Il discrimine tra mero inadempimento di natura civilistica e commissione dei reato poggia sull'elemento ispiratore della condotta; con la conseguenza che il comportamento consistente nel tenere il creditore all'oscuro dello stato di insolvenza in cui si versa al momento di contrarre l'obbligazione ha rilievo quando sia legata al preordinato proposito di non effettuare la dovuta prestazione, mentre l'inadempimento contrattuale non preordinato non costituisce tale delitto e ricade, normalmente, solo nell'ambito della responsabilità civile. La prova della preordinazione può essere desunta anche da argomenti induttivi seri ed univoci, ricavabili dal contesto dell'azione. Si è così affermato che anche il silenzio può assumere rilievo quale forma di preordinata dissimulazione del proprio stato di insolvenza, quando sin dal momento in cui il contratto è stato stipulato vi era l'intenzione di non far fronte agli obblighi conseguenti. Sintomo pregnante della condotta penalmente rilevante può anche essere il fatto che l'agente assuma un'obbligazione con un comportamento idoneo ad ingannare la controparte sulle sue reali intenzioni
Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 17 febbraio 2015, n. 6847 Motivi della decisione La Corte d’Appello di Lecce, con sentenza in data 9 gennaio 2014, in parziale riforma della sentenza del tribunale di Brindisi sezione distaccata di Francavilla Fontana che in data 26 aprile 2012 aveva condannato S.M. per truffa aggravata in danno...
Corte di Cassazione, sezione III, 26 gennaio 2015, n. 3384. In tema di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, il discrimine tra la condotta che costituisce concorso nel reato di illecita detenzione di stupefacenti e la condotta che, invece, da luogo all'autonomo reato di favoreggiamento personale va rintracciato nell'elemento psicologico dell'agente, il quale deve essere valutato in concreto, per verificare se l'aiuto (che ponga in essere la condotta criminosa costitutiva del reato permanente) consapevolmente prestato ad altro soggetto, sia l'espressione di una partecipazione al reato oppure nasca solo dall'intenzione – manifestatesi attraverso individuabili modalità pratiche – di realizzare una facilitazione alla cessazione del reato
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE III SENTENZA 26 gennaio 2015, n. 3384 Ritenuto in fatto 1. Vicenda processuale e provvedimento impugnato – L’accusa mossa al ricorrente è di avere concorso, con il fratello L. , nella detenzione di un quantitativo netto di 909,303 gr. di eroina rinvenuta in una cisterna presso l’abitazione...
Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 14 gennaio 2015, n. 1381. Ai fini dell'art. 643 c.p. si richiede non solo l'abuso delle particolari condizioni del soggetto passivo, ma anche la sua induzione a compiere atti giuridici potenzialmente pregiudizievoli per sé o per altri, induzione intesa non già come semplice richiesta di compiere l'atto, bensì come apprezzabile attività di pressione morale, di suggestione o di persuasione, o comunque di spinta psicologica.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE II SENTENZA 14 gennaio 2015, n.1381 Ritenuto in fatto Con sentenza 12.12.2013 la Corte d’Appello di Torino confermava la condanna emessa il 5.5.11 dal Tribunale della stessa sede nei confronti di T.L. alias M.L. (nata in (…)) e di I.P. per il delitto di circonvenzione di incapace continuata ed...
Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 16 febbraio 2015, n. 6784. L'art. 497-ter c.p. – possesso di segni distintivi contraffatti – non richiede che gli oggetti ivi menzionati siano destinati esclusivamente all'uso dei corpi di polizia, ma soltanto che questi ultimi li utilizzino e che pertanto la loro detenzione sia idonea a trarre agevolmente in inganno i cittadini sulle qualità personali del detentore e sul potere connesso alla detenzione medesima. In tal senso non v'è dubbio allora che la detenzione di un lampeggiante del tipo di quello in uso anche alle forze di polizia collocato sul tetto delle vettura dell'imputato integri la fattispecie contestata. Infatti non può esservi dubbio sull'univoco significato di un comportamento di tal genere, atteso che la collocazione del dispositivo sul tetto di una vettura privata, priva cioè di segni di riconoscimento come sono invece gli automezzi in uso agli altri soggetti abilitati all'utilizzo di lampeggianti blu, non può che far credere che la stessa sia un'auto "civetta" delle forze dell'ordine
Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 16 febbraio 2015, n. 6784 Ritenuto in fatto 1.Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Cagliari ha confermato la condanna, pronunziata a seguito di giudizio abbreviato, di A.P. per il reato di cui all’art. 497-ter c.p. per aver detenuto sulla propria autovettura un lampeggiante removibile di colore...
Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 16 febbraio 2015, n. 6762. In tema di furto, sussiste l'aggravante della violenza sulle cose qualora il soggetto usi, per commettere il fatto, energia fisica provocando la rottura, il guasto, il danneggiamento, la trasformazione della cosa altrui o determinandone il mutamento di destinazione. Nella specie, il ladro, per entrare nel negozio, forzò la porta d'ingresso, che ne rimase "ulteriormente danneggiata". Nessun rilievo ha, pertanto, il fatto che si trattasse di porta in pessimo stato, perché anche una porta siffatta costituisce difesa della proprietà e non deve subire manomissioni che ne compromettano, ancor più, la funzione.
Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 16 febbraio 2015, n. 6762 Ritenuto in fatto 1. La Corte d’appello di Venezia, con sentenza del 7/10/2013, in parziale riforma – in punto di pena – di quella emessa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Verona, all’esito di giudizio abbreviato, ha condannato D.M.B.S. per furto aggravato...