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Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 9 novembre 2015, n. 44874. Integra il reato di falso materiale l’alterazione di un certificato medico mediante l’aggiunta di una annotazione, ancorché vera (il che priva di rilievo l’argomentazione difensiva incentrata sulla buona fede dell’imputato), in un contesto cronologico successivo e, pertanto, diverso da quello reale, a nulla rilevando che il soggetto agisca per ristabilire la verità effettuale, in quanto la certificazione medica del Pronto Soccorso acquista carattere definitivo in relazione ad ogni singola annotazione ed esce dalla sfera di disponibilità dei suo autore nel momento stesso in cui la singola annotazione viene registrata, laddove l’annotazione clinica oggetto dell’alterazione in questione è successiva alla redazione dello stesso certificato dei Pronto Soccorso. La diagnosi riportata nel referto ha natura di fede privilegiata, essendo preordinata alla certificazione di una situazione caduta nella sfera conoscitiva del pubblico ufficiale, che assume anche un rilievo giuridico esterno alla mera indicazione sanitaria o terapeutica. L’atto pubblico fidefacente è caratterizzato – oltre che dall’attestazione di fatti appartenenti all’attività dei pubblico ufficiale o caduti sotto la sua percezione – dalla circostanza che esso sia destinato ab initio alla prova e cioè precostituito a garanzie della pubblica fede e redatto da un pubblico ufficiale autorizzato, nell’esercizio di una speciale funzione certificatrice

Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 9 novembre 2015, n. 44874 Ritenuto in fatto Con sentenza deliberata il 13/12/2013, la Corte di appello di Ancona ha confermato la sentenza dei Tribunale di Camerino 22/01/2013 con la quale N.M.P. – assolto con altri quattro coimputati dal reato di omicidio colposo in danno di P.S. –...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 10 novembre 2015, n. 45038. Per il disposto dell’art.12 della legge 31 maggio 1995 n.218, la procura alle liti utilizzata in un giudizio che si svolge in Italia, anche se rilasciata all’estero, è disciplinata dalla legge processuale italiana, la quale, tuttavia, nella parte in cui consente l’utilizzazione di un atto pubblico o di una scrittura privata a autenticata, rinvia al diritto sostanziale, sicchè in tali evenienze la validità del mandato deve essere riscontrata, quanto alla forma, alla stregua della “lex loti”, occorrendo, però, che il diritto straniero conosca, quantomeno, i suddetti istituti e li disciplini in maniera non contrastante con le linee fondamentali che lo caratterizzano nell’ordinamento italiano e che consistono, per la scrittura privata autenticata, nella dichiarazione del pubblico ufficiale che il documento è stato firmato in sua presenza e nel preventivo accertamento dell’identità dei sottoscrittore

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza  10 novembre 2015, n. 45038 Ritenuto in fatto 1.II Tribunale di Cagliari, con ordinanza in data 23/09/2014, dichiarava inammissibile la richiesta di riesame, proposta nell’interesse di P. Director Limited, avverso il decreto del G.i.p. dei Tribunale di Cagliari, con il quale era stato disposto il sequestro preventivo dell’imbarcazione...

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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 29 ottobre 2015, n. 43712. Chi, occasionalmente e sia pure per una sola volta, ha aperto un locale per consentirvi lo svolgimento di uno spettacolo pubblico, senza l’osservanza delle prescrizioni previste a tutela dell’incolumità pubblica, deve ritenersi responsabile ai sensi dell’art. 681 c.p.

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE I SENTENZA 29 ottobre 2015, n. 43712   Rilevato in fatto   Con sentenza emessa il 27/03/2014 il Tribunale di Milano giudicava S.I. responsabile dei reato di cui all’art. 681 cod. pen., condannandolo alla pena di mesi uno di arresto e 200,00 euro di ammenda, oltre alle pene accessorie di...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 21 ottobre 2015, n. 42230. L’amministrazione finanziaria non può opporsi se i giudici penali negano il sequestro dei beni di un gruppo di imputati rinviati a giudizio per il reato di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari. Neppure facendo appello alla direttiva comunitaria che prevede il diritto della vittima a ottenere un risarcimento da parte dell’autore del reato

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 21 ottobre 2015, n. 42230 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MANNINO Saverio F. – Presidente Dott. DI NICOLA Vito – Consigliere Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere Dott. ACETO Aldo – Consigliere Dott....

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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 20 ottobre 2015, n. 41951. Pur in presenza o di una trasgressione delle prescrizioni inerenti il divieto di allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora ovvero nel caso di divieto di concessione degli arresti presso il domicilio per chi sia stato condannato, nei cinque anni precedenti, per il reato di evasione, si consente, oggi, al giudice di evitare l’applicazione della custodia carceraria se “il fatto è di lieve entità”.

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 20 ottobre 2015, n. 41951 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. GENTILE Mario – Presidente Dott. TADDEI M. – rel. Consigliere Dott. MACCHIA Alberto – Consigliere Dott. DE CRESCIENZO Ugo – Consigliere Dott....

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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 4 novembre 2015, n. 44498. Lo stato c.d. di quasi flagranza sussiste anche nel caso in cui l’inseguimento non sia iniziato per una diretta percezione dei fatti da parte della polizia giudiziaria, bensì per le informazioni acquisite da terzi (inclusa la vittima), purchè non vi sia stata soluzione di continuità fra il fatto criminoso e la successiva reazione diretta ad arrestare il responsabile del reato. Tale interpretazione, peraltro, non contravviene al tenore testuale della norma, in quanto l’art.382 c.p. nel definire lo stato di flagranza afferma che “è in stato di flagranza chi viene colto nell’atto di commettere il reato ovvero chi, subito dopo il reato, è inseguito dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o da altre persone ovvero è sorpreso con cose e tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima”, e il termine “inseguire”, secondo la stessa definizione del Devoto-Oli, significa “tendere con tenacia al raggiungimento di qualcuno o di qualcosa nell’ambito di un’azione ostile o di una competizione” e, pertanto, già nella sua accezione semantico letterale non indica necessariamente e unicamente l’azione di chi “corre dietro a chi fugge”, bensì anche quella di chi “procede in una determinata direzione, secondo uno o più punti di riferimento al fine di raggiungere qualcuno o qualcosa”. Né in alcun modo la norma prevede che l’autore del reato debba essere stato visto dalla polizia giudiziaria, né che il reato sia avvenuto sotto la diretta percezione della polizia giudiziaria, limitandosi invece a stabilire che l’inseguimento deve avvenire “subito dopo il reato”, la qualcosa sarebbe stata del tutto superflua, ove il legislatore avesse limitato l’azione al mero “correre dietro a chi fugge”, azione che inevitabilmente è immediata rispetto alla commissione del reato

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 4 novembre 2015, n. 44498 Osserva In data 21.1.2015, il difensore di I.M. ricorre per Cassazione avverso il provvedimento del GIP del Tribunale di Catania, de 18.12.2014, con il quale è stato convalidato l’arresto del predetto per il reato di rapina in danno dell’ufficio postale privato “City Poste”...

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Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 26 ottobre 2015, n. 43085. L’elemento soggettivo degli atti persecutori è integrato dal dolo generico, che consiste nella volontà di porre in essere le condotte di minaccia e molestia nella consapevolezza della idoneità delle medesime alla produzione di uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incrìminatrice, e che, avendo ad oggetto un reato abituale di evento, deve essere unitario, esprimendo un’intenzione criminosa che travalica i singoli atti che compongono la condotta tipica, anche se può realizzarsi in modo graduale, non essendo necessario che l’agente si rappresenti e voglia fin dal principio la realizzazione della serie degli episodi. E’ pertanto irrilevante che l’occasione per la consumazione di qualcuno – o anche di tutti – gli atti della serie persecutoria sia stata meramente casuale. Ciò che conta infatti è solo la consapevolezza da parte dell’agente dell’abitualità della sua condotta. E’ dunque ovvio che l’acquisizione della prova della “premeditazione” di ogni singolo atto costituisca sintomo, sia sotto il profilo oggettivo che psicologico, di tale abitualità, ma ciò non significa che atti posti in essere dall’agente qualora “si presenti l’occasione” non possano parimenti integrare la fattispecie tipica sotto entrambi i profili.

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE V Sentenza  26 ottobre 2015, n. 43085   Ritenuto in fatto 1.Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Bari, in funzione di giudice dei riesame, ha annullato il provvedimento con cui era stata applicata ad A.M. la misura cautelare della custodia in carcere per il reato di atti persecutori commesso ai...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 4 novembre 2015, n. 44448. L’individuazione fotografica effettuata dal teste, nel giudizio, mediante le fotografie contenute nei verbali di individuazione fotografica redatti nella fase delle Indagini preliminari costituisce attività del tutto legittima, in quanto i fascicoli fotografici conservano una loro sostanziale autonomia e possono essere successivamente mostrati ai testimoni chiamati ad effettuare detto riconoscimento in sede di istruttoria dibattimentale, essendo del tutto superfluo sottoporre a questi ultimi altro e diverso fascicolo fotografico; né, d’altro canto, vi è alcuna norma processuale che prescriva l’utilizzo di fascicoli fotografici diversi nelle due fasi in questione. All’individuazione fotografica non si applicano, infatti, gli adempimenti previsti per la ricognizione di persona ed, in particolare, essa non deve essere preceduta dalla descrizione delle fattezze fisiche, trattandosi di “adempimento preliminare richiesto solo per la ricognizione di persona”

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 4 novembre 2015, n. 44448 Ritenuto in fatto 1.La Corte di Appello di Genova, con sentenza dei 7/11/2014, confermava la sentenza dei Tribunale di Genova, emessa in data 29/10/2013, con la quale V.P. B., previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, era stato condannato alla pena di mesi tre...