Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 3 marzo 2016, n. 8653 Ritenuto in fatto 1. R.M. venne condannato con sentenza del 4/10/2013 dal Tribunale di Pordenone alla pena di Euro 600 di multa per il reato di cui all’art. 127 del d.lgs. 10/2/2015 n. 30, per avere esposto in vendita, ceduto e poi nuovamente...
Categoria: Diritto Penale e Procedura Penale
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 3 marzo 2016, n. 8885. Per la sussistenza del reato di abusivo esercizio della professione medica deve aversi riguardo al concreto svolgimento di atti tipici, cioè di atti riservati a detta professione, dovendo negarsi che possa avere rilievo, per escluderne la configurabilità, la circostanza che l’agente non si presenti come “medico”, ma come esercente un’attività alternativa a quella della medicina tradizionale. Nel caso in esame l’imputato si è difeso sostenendo di avere esercitato lecitamente l’attività di naturopata, attività professionale riconosciuta dalla legge (legge 14 gennaio 2013, n. 4) e dalla normativa UNI 11491 dei 6 giugno 2013, che consente di “dispensare consigli naturopatici”, consistenti in indicazioni per la soluzione delle difficoltà, degli squilibri e dei disagi riscontrati, anche attraverso il riferimento a prodotti (integratori alimentari, alimenti funzionali, rimedi floreali ecc.), trattamenti manuali (riflessologie, digitopressione ecc.), tecniche di equilibrio, stili di vita ed alimentari, precisando che per effetto di tale normativa si sarebbe verificata una ipotesi di abolitio criminis parziale dell’art. 348 cod. pen. limitatamente all’attività professionale svolta dal naturopata. Si tratta di un approccio del tutto errato in quanto, come si è anticipato, ciò che rileva ai fini dell’accertamento dei reato di esercizio abusivo della professione medica non è il metodo scientifico adoperato, ma la natura dell’attività svolta.
Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 3 marzo 2016, n. 8885 Ritenuto in fatto 1. Con la decisione in epigrafe indicata la Corte d’appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza del 2 maggio 2012 emessa dal Tribunale di Palermo nei confronti di C.L.T., ha dichiarato non doversi procedere in ordine al reato di...
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 26 febbraio 2016, n. 8018. Si configura il delitto di abuso d’ufficio e non di peculato nel caso in cui l’agente pubblico – pur titolare del potere di emettere provvedimenti che diano avvio a procedure volte a dare alla res o alla pecunia altrui una diversa destinazione e non anche titolare del potere di adottare “mandati o ordini di pagamento”, attribuiti per legge o per norme di regolamento ad altri organi della stessa amministrazione – adotti determinazioni illegittime che, senza alcuna condotta decettiva o di concorso con gli agenti pubblici preposti al controllo e a disporre, all’esito, i pagamenti, diano poi luogo all’emissione di mandati o ordini di pagamento di somme che recepiscano quale presupposto le determinazioni illegittime delle proposte formulate, in tal modo intenzionalmente procurando a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE VI SENTENZA 26 febbraio 2016, n.8018 Ritenuto in fatto V.M. ricorre contro la sentenza della Corte d’appello di Taranto, sezione distaccata della Corte d’appello di Lecce, con la quale è stata confermata la decisione 28 luglio 20011 del Tribunale che lo dichiarò responsabile di peculato aggravato perché, quale capo del...
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 11 febbraio 2016, n. 5731. La semplice pendenza di una procedura finalizzata all’emissione di provvedimenti amministrativi, ove accompagnata da elementi plausibilmente indicativi di un esito favorevole della stessa, può comportare la legittima stasi della procedura di demolizione
Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 11 febbraio 2016, n. 5731 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. RAMACCI Luca – Presidente Dott. MANZON Enrico – Consigliere Dott. ANDREAZZA Gastone – rel. Consigliere Dott. LIBERATI Giovanni – Consigliere Dott. RICCARDI...
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 11 febbraio 2016, n. 5726. Ciò che legittima il ricorso al sequestro probatorio è la idoneità della cosa ad accertare il fatto-reato, non essendo sufficiente invece il mero carattere pertinenziale che, anche da un punto di vista logico (pienamente recepito infatti dal legislatore attraverso l’impiego della locuzione “cose pertinenti al reato necessarie per l’accertamento dei fatti”), non reca necessariamente in sé una tale idoneità
Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 11 febbraio 2016, n. 5726 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FIALE Aldo – Presidente Dott. GRILLO Renato – Consigliere Dott. ROSI Elisabetta – Consigliere Dott. ANDREAZZA Gastone – rel. Consigliere Dott. DI...
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 1 marzo 2016, n. 8389. In tema di confisca di prevenzione poiché la pericolosità sociale qualificata oltre ad essere presupposto della confisca stessa è anche misura temporale del suo ambito applicativo, il giudice di merito che la disponga, in difetto di perspicui dati indiziari che riscontrino una dilatazione temporale della prima destinata a ricomprendere l’intero percorso di vita del proposto, è tenuto a circoscriverla al periodo in cui si è avuta la manifestazione di pericolosità, debitamente valorizzando le relative condotte
Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 1 marzo 2016, n. 8389 Ritenuto in fatto 1. Con decreto in data 5 febbraio 2015, la Corte di appello di Bari, in accoglimento dell’impugnativa proposta da C.R. e da B.A. avverso il decreto del Tribunale del 12 giugno 2013, ha ridotto la misura personale della sorveglianza speciale...
Esclusivo – Bozza di griglia su omicidio stradale e lesioni stradali
TESTO PRECEDENTE NUOVO TESTO NOVITA’ COMMENTO ART. 589 C.P. Chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni. Se il fatto è commesso (con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle) per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena...
Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 1 marzo 2016, n. 8331. Per pubblica fede deve intendersi il senso di affidamento verso la proprietà altrui sul quale fa affidamento chi deve lasciare una cosa, anche solo temporaneamente, incustodita e la ratio dell’aggravamento della pena, previsto dall’art. 625 n. 7, terza ipotesi, codice penale, non è correlata alla natura – pubblica o privata – del luogo ove si trova la “cosa”, ma alla condizione di esposizione di essa, sicchè tale condizione può sussistere anche se “la cosa” si trovi in luogo privato cui si possa liberamente accedere. In tale contesto, non è idoneo ad incidere sulla configurabilità dell’aggravante in questione l’adozione, o meno, da parte del proprietario, di cautele, che non eliminano il pubblico affidamento della res. In ogni caso cautele che si traducono in congegni di chiusura quali l’apposizione di un lucchetto, una serratura con chiave, od un antifurto, non realizzano un ostacolo tale da costituire impedimento assoluto alla sottrazione del bene, attesa la limitata efficienza di tali congegni e la facilità con la quale possono essere superati, non costituendo un serio ostacolo all’azione furtiva, che non fa venir meno l’esposizione della cosa alla pubblica fede
Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 1 marzo 2016, n. 8331 Ritenuto in fatto 1.Con sentenza del 11.6.2014 la Corte di Appello di Torino confermava la sentenza con la quale il G.U.P. del locale Tribunale, all’esito del rito abbreviato, aveva condannato T.N., riconosciute le circostanze attenuanti generiche, alla pena di mesi 8 di reclusione...
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 29 febbraio 2016, n. 8161. Ai fini dell’integrazione della tipicità della fattispecie aggravante di cui all’art. 171 ter, comma 2, l. 633 del 1941.
Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 29 febbraio 2016, n. 8161 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 24 giugno 2015 la Corte di Appello di Salerno Sezione per i minorenni, ha confermato la sentenza di condanna alla pena di anni uno di reclusione ed Euro 400,00 di multa emessa nei confronti di S.M....
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 11 febbraio 2016, n. 5710. La preventiva disponibilità manifestata dall’imputato di sottoporsi alla procedura di controllo non radica alcun diritto alla sostituzione della misura sia in costanza di un regime cautelare speciale e sia in costanza di un regime cautelare ordinario, con la conseguenza che il giudice cautelare, con congrua motivazione, dovrà sempre fare necessario riferimento, per la concessione o meno degli arresti domiciliari, alla prognosi di spontaneo adempimento da parte dell’imputato degli obblighi e delle prescrizioni, che alla predetta misura cautelare sono collegate
Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 11 febbraio 2016, n. 5710 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FIALE Aldo – Presidente Dott. MOCCI Mauro – Consigliere Dott. SOCCI Angelo M. – Consigliere Dott. LIBERATI Giovanni – rel. Consigliere Dott....