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Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 31 marzo 2015, n. 1670. La distanza minima fissata dall’art. 9, D.M. n. 1444 del 1968 di dieci metri dalle pareti finestrate è volta alla salvaguardia delle imprescindibili esigenze igienico-sanitarie, al fine di evitare malsane intercapedini tra edifici tali da compromettere i profili di salubrità degli stessi, quanto ad areazione luminosità ed altro. La norma, in ragione delle prevalenti esigenze di interesse pubblico testè indicate, ha, dunque, carattere cogente e tassativo, prevalendo anche sulle disposizioni regolamentari degli enti locali che dispongano in maniera riduttiva. L’applicabilità della normativa predetta, tuttavia, è subordinata alla indispensabile condizione della esistenza di due pareti che si contrappongono di cui almeno una è finestrata, tale che in mancanza la stessa non può trovare applicazione (come nella fattispecie concreta)

Consiglio di Stato sezione IV sentenza 31 marzo 2015, n. 1670 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quarta ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 8366 del 2014, proposto da: Do.Ro., Ma.Fo., rappresentati e difesi dagli avv. Ro.Me., Na.Pa., con domicilio eletto...

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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 16 marzo 2015, n. 5163. La nozione di costruzione, agli effetti dell'art. 873 cod. civ., è unica e non può subire deroghe, sia pure al limitato fine del computo delle distanze legali, da parte di norme secondarie, in quanto il rinvio contenuto nella seconda parte del suddetto articolo ai regolamenti locali è circoscritto alla sola facoltà di stabilire una "distanza maggiore". Pertanto, nel caso di specie, è illegittima, e va dunque disapplicata, la norma tecnica di attuazione del P.R.G. del comune di Pergine Valsugana in materia di distanze nelle costruzioni dal confine, sia nella sua formulazione vigente, secondo cui i muri di contenimento con altezza inferiore a m. 1,50 a sostegno di terrapieni o rampe fino a 45° possono essere costruiti nel solo rispetto delle distanze previste dal codice civile, sia nella formulazione anteriore, in base alla quale i muri con altezza inferiore a m. 1,50 a sostegno di terrapieni, o rampe fino a 45° (pendenza 100%), non costituiscono costruzione e pertanto non debbono rispettare le distanze dai confini.

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 16 marzo 2015, n. 5163   REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. NUZZO Laurenza – Presidente Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere Dott. PETITTI Stefano – Consigliere Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere Dott. ABETE...

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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 20 marzo 2015, n. 5657. Le norme del regolamento condominiale, che incidono sulla utilizzabilità e sulla destinazione delle parti dell'edificio, in particolare sullo stato giuridico di una cosa comune, come nella specie le scale, hanno carattere convenzionale e, se predisposte dall'originario proprietario dello stabile, debbono essere accettate dai condomini nei rispettivi atti di acquisto ovvero con atti separati, e, se invece deliberate dall'assemblea condominiale, debbono essere approvate all'unanimità. E, non potendo formare oggetto di decisione assembleare a maggioranza, sono assolutamente nulle le deliberazioni delle assemblee condominiali lesive dei diritti di proprietà comune. La clausola (del regolamento condominiale approvato dall'assemblea a maggioranza) che destina alla proprietà esclusiva dei proprietari dell'appartamento posto al piano terzo ed attico dello stabile le scale di collegamento fra i due piani, costituisce "di per sé" lesione del diritto di proprietà comune dei condomini, comprimendo in maniera eccessiva e ingiustificata l'esercizio di facoltà connesse all'uso o al godimento delle parti comuni dell'edificio – divieto di accedere in una parte delle scale – escludendo alcune destinazioni dall'uso che avrebbe potuto altrimenti farsi della cosa comune

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 20 marzo 2015, n. 5657 Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 15/24 gennaio 2002 I.U.A. evocava, dinanzi al Tribunale di Roma, il Condominio via (omissis) , nonché i singoli condomini del medesimo, ed impugnava la delibera assembleare del 17.12.2001 deducendo che in detta adunanza era...

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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 5 marzo 2015, n. 4508. La recinzione della zona verde comune per evitare un indiscriminato calpestio dell'area, deliberata dall'assemblea dei condomini a difesa della proprieta' condominiale, non e' suscettibile di inquadramento in un'ipotesi di innovazione diretta al miglioramento o all'uso piu' comodo o al maggior rendimento della cosa comune e tanto meno puo' essere assimilata ad una innovazione idonea ad arrecare pregiudizio alla cosa stessa, bensi' configura un semplice mutamento della sistemazione od utilizzazione della cosa comune, rientrante negli atti di ordinaria amministrazione devoluti all'amministratore. E, al contrario, integrano gli estremi di innovazioni vietate, se non approvate nei modi di legge dai condomini, quelle opere che alterano sostanzialmente la destinazione e/o la funzionalita' della cosa comune, tale da turbare l'equilibrio tra i concorrenti interessi dei partecipanti

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 5 marzo 2015, n. 4508 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente Dott. MATERA Lina – Consigliere Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere Dott. PICARONI Elisa – Consigliere Dott. SCALISI Antonino...

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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 3 febbraio 2015, n. 1898. Affinché possa ravvisarsi il diritto di condominio su un determinato bene, un impianto o un servizio comune, è necessario che sussista una relazione di accessorietà tra questi e l'edificio in comunione ed un collegamento funzionale tra i primi e le unità immobiliari di proprietà singola

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE II CIVILE sentenza 3 febbraio 2015, n. 1898 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente – Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere – Dott. PETITTI Stefano – Consigliere – Dott. SAN GIORGIO...

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Corte di Cassazione, sezione II, ordinanza 12 marzo 2015, n. 4965. La Corte rimette la causa al Primo Presidente, affinché ne valuti l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite della seguente questione: se, nel caso in cui il regolamento edilizio determini solo la distanza fra le costruzioni, in assenza di qualunque indicazione circa il distacco delle stesse dal confine, il principio della prevenzione deve ritenersi operativo, non ostandovi alcun divieto di costruire in aderenza o sul confine, o se, invece, allorquando i regolamenti edilizi comunali stabiliscano una distanza minima assoluta tra costruzioni maggiore di quella prevista dal codice civile, detta prescrizione debba intendersi comprensiva di un implicito riferimento al confine, dal quale chi costruisce per primo deve osservare una distanza non inferiore alla metà di quella prescritta, con conseguente esclusione della possibilità di costruire sul confine e, quindi, dell'operatività del criterio cosiddetto “della prevenzione”.

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE II ORDINANZA 12 marzo 2015, n. 4965 Fatto e diritto – D.G.V. , proprietaria di un fondo edificato in comune di Ottaviano, conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Napoli Gu.Do. , proprietario di un terreno confinante su cui era stata realizzata una costruzione che l’attrice lamentava essere stata eretta...

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Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza 4 marzo 2015, n. 4292. L'ordinanza emessa in sede di reclamo ai sensi degli artt. 669 terdecies e 703, 3 comma c.p.c. in nessun caso può coniugare insieme i requisiti di definitività e decisorietà indispensabili affinché possa essere oggetto di ricorso per cassazione . Tale ordinanza rimane assorbita nella sentenza emessa all'esito dell'eventuale fase di cognizione piena instaurata con la richiesta di prosecuzione del giudizio, ai sensi del 4 comma dell'art. 703 c.p.c., fase definita con sentenza che costituisce, a sua volta, l'unico provvedimento decisorio sulla domanda; ovvero, in caso di mancata richiesta di prosecuzione del giudizio nel termine perentorio stabilito da quest'ultima norma, si pone un'ulteriore alternativa, che ugualmente esclude ogni ipotesi di ricorribilità per cassazione dell'ordinanza che provvede sul reclamo. La prima soluzione ipotizzabile è che a tale ordinanza si riconosca una stabilità puramente endoprocessuale ed un'efficacia soltanto esecutiva, come avviene per le (pur ontologicamente diverse) misure cautelari, giacché applicandosi l'art. 669-octies, ultimo comma c.p.c. (in base al rinvio agli artt. 669-bis e ss. in quanto compatibili: secondo comma dell'art. 703 c.p.c.), questa al pari di quelle è inidonea al giudicato è dunque, per definizione, non decisoria. La seconda ipotesi (da ritenersi preferibile, per ragioni di carattere sistematico) è che l'estinzione del giudizio possessorio per la mancata prosecuzione di esso ai sensi del 4 comma dell'art. 703 c.p.c., determini una preclusione pro iudicato (al pari di altre situazioni simili, come quella della seconda ipotesi del primo comma dell’art. 653 c.p.c., operante non solo per il decreto ingiuntivo, ma anche per l'ordinanza ingiuntiva incidentale ex art. 186-ter c.p.c). In tal caso, esclusa per incompatibilità l'applicazione dell'art. 669-octies ultimo comma c.p.c., la parte che non abbia raccolto la provocatio ad prosequendum contenuta nel 4 comma dell'art. 703 c.p.c., e, con essa, la possibilità di ottenere una sentenza sul c.d. merito possessorio, pone in essere una condotta acquiescente che rende irretrattabile l'ordinanza possessoria, munendola di una stabilità (non meramente endoprocessuale, ma) esterna, parificabile a quella della sentenza passata in giudicato.

Suprema Corte di Cassazione sezione VI ordinanza  4 marzo 2015, n. 4292 Svolgimento del processo e motivi della decisione 1. – Il Consigliere, nominato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha depositato in cancelleria la seguente relazione in base agli artt. 380 bis e 375 c.p.c.: “1. – Gli odierni ricorrenti, R.M.C. e G. , propongono...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 13 febbraio 2015, n. 2858. Ai fini della liquidazione delle spese di giudizio, il valore della causa di opposizione agli atti esecutivi va determinato sulla base del «credito assegnato» e non del credito complessivamente indicato nell'atto di precetto

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 13 febbraio 2015, n. 2858 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere Dott. BARRECA Giuseppina...

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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 23 febbraio 2015, n. 3509

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 23 febbraio 2015, n. 3509 Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 31 marzo 2003 B.G. evocava, dinanzi al Tribunale di Milano, il SUPERCONDOMINIO (omissis) – Milano chiedendo l’annullamento della delibera assunta a maggioranza il giorno 5.3.2003, con la quale era stata deliberata la chiusura, anche...