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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 19 maggio 2015, n. 10202. Il creditore che dopo aver rilasciato quietanza di pagamento sostenga di non aver ricevuto quanto effettivamente gli spetta è legittimato ad impugnare il documento unicamente dimostrando che la differenza esistente tra il prezzo realmente pattuito e quello dichiarato è conseguenza di errore di fatto o di violenza

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 19 maggio 2015, n. 10202 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere Dott. ABETE...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 8 giugno 2015, n. 11769. Il prestatore d’opera, prendendo in consegna il bene dal committente per l’esecuzione della prestazione principale.

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE III SENTENZA 8 giugno 2015, n. 11769 Motivi della decisione 1. Con il primo motivo, in riferimento al capo della sentenza Prestige/T. si deduce la violazione degli artt. 1218, 1177, 2222 e ss., 1655 e ss. cod. civ. e illogicità della motivazione. 1.1. La Corte di merito ha ritenuto il...

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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 14 maggio 2015, n. 9879. Allorché è stata proposta una domanda di risarcimento per equivalente in caso di inadempimento dell’appaltatore/prestatore d’opera, ai sensi dell’articolo 1668, 1 comma, ultima parte, c.c., il giudice del merito deve esaminarla anche se con la stessa possano prodursi i medesimi effetti di una non proposta domanda di risarcimento in forma una volta accertati i presupposti soggettivi ed oggettivi tipici della stessa

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 14 maggio 2015, n. 9879 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente Dott. BIANCHINI Bruno – rel. Consigliere Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere Dott....

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 6 maggio 2015, n. 9006. In tema di interpretazione del negozio, anche unilaterale d’impegno, ai fini della ricerca dell’intenzione dell’obbligato il primo e principale strumento è rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate, da verificarsi alla luce dell’intero contesto, ponendo le singole clausole in correlazione tra loro ai sensi dell’art. 1363 c.c., in quanto per senso letterale delle parole va intesa tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte ed in ogni parola che la compone, e non già in una parte soltanto, dovendo il giudice collegare e raffrontare tra loro frasi e parole al fine di chiarirne il significato. Il giudice deve in proposito fare applicazione altresì degli ulteriori criteri dell’interpretazione funzionale (art. 1369 c.c.) e dell’interpretazione secondo buona fede o correttezza (art. 1366 c.c.), quali primari criteri d’interpretazione soggettiva (e non già oggettiva) del negozio, il primo essendo volto a consentire di accertarne il significato in coerenza con la relativa ragione pratica o causa concreta, il secondo consentendo di escludere interpretazioni cavillose delle espressioni letterali contenute nelle clausole negoziali deponenti per un significato in contrasto con la ragione pratica o causa concreta del negozio

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 6 maggio 2015, n. 9006 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere...

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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 15 maggio 2015, n. 10022. La traditio del titolo al portatore legittima il possessore del titolo stesso all’esercizio del diritto in esso menzionato, ma nei rapporti interni tra il tradens (e i suoi eredi) e l’accipiens, l’appartenenza della titolarità del diritto è condizionata all’esistenza e validità del rapporto sottostante tra essi intercorso. Ne deriva, pertanto, che, in caso di opposizione avverso decreto di ammortamento, l’opponente detentore è tenuto a provare soltanto di avere acquistato la titolarità del credito da esso portato anteriormente all’ammortamento, onere che – nel caso di libretto al portatore – può essere assolto dimostrando di aver posseduto quest’ultimo prima dell’ammortamento, spettando quindi all’ammortante dare la prova contraria (attesa la presunzione di buona fede ex art. 1147 c.c.) che l’acquisto del possesso sia avvenuto in mala fede, ovvero (stante la presunzione di possesso intermedio ex art. 1142 c.c.) che il credito sia stato successivamente trasferito dal detentore

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE I SENTENZA 15 maggio 2015, n. 10022   Ritenuto in fatto In data 16.11.1992, su ricorso di M.B. , nella qualità di curatore dell’eredità giacente di V.G. , il Presidente del Tribunale di Savona ha emesso un decreto di ammortamento del certificato di deposito al portatore n. (omissis) di L....

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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 19 maggio 2015, n. 10202. A fronte di quietanza in forma tipica, cioè di atto rilasciato dal creditore al debitore, al creditore quietanzante non è sufficiente, per superare la vincolatività della dichiarazione, provare di non avere ricevuto il pagamento, perché il modello di riferimento non è quello della “relevatio ab onere probandi” e dell’inversione dell’onere della prova che caratterizza le dichiarazioni ricognitive asseverative di diritti ex art. 1988 cod. civ.. Il creditore è ammesso ad impugnare la quietanza non veridica soltanto attraverso la dimostrazione – con ogni mezzo – che il divario esistente tra realtà e dichiarato è conseguenza di errore di fatto o di violenza. Fuori di questi casi, vale il principio di autoresponsabilità, che vincola il quietanzante alla “contra se pronuntiatio” asseverativa del fatto dell’intervenuto pagamento, seppure non corrispondente al vero

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE II SENTENZA 19 maggio 2015, n. 10202 Motivi della decisione 2) La Corte d’appello ha ritenuto che la quietanza rilasciata nel rogito valeva a liberare gli acquirenti da ogni debito, essendo richiamata la pienezza del saldo, con rinuncia del venditore all’ipoteca legale. Ha osservato che era onere dell’attore fornire la...