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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 9 settembre 2015, n. 36377. Il reato permanente di cui all’art. 727 cod. pen. è integrato dalla detenzione degli animali con modalità tali da arrecare gravi sofferenze, incompatibili con la loro natura, avuto riguardo, per le specie più note (quali, ad esempio, gli animali domestici), al patrimonio di comune esperienza e conoscenza e, per le altre, alle acquisizioni delle scienze naturali

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 9 settembre 2015, n. 36377 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SQUASSONI Claudia – Presidente Dott. AMORESANO Silvio – Consigliere Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere Dott. SCARCELLA Alessi...

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Corte di Cassazione, sezioni unite, sentenza 15 settembre 2015, n. 18079. Costituisce motivo di ricorso attinente alla giurisdizione quello con il quale si denunzia che il Consiglio di Stato abbia esercitato i poteri inerenti alla giurisdizione di merito o esclusiva, al di fuori dei casi in cui la legge lo consente. Rimangono, invece fuori, dal perimetro dei motivi inerenti alla giurisdizione tutte le situazioni in cui si denunzi un cattivo esercizio da parte del Consiglio di Stato della propria giurisdizione, quando cioè si prospetti una violazione nell’interpretazione di norme di legge, o falsa applicazione delle stesse, posta in essere dal Consiglio di Stato all’interno dell’area riservata alla sua giurisdizione. In questo caso il vizio, attenendo all’esplicazione interna del potere giurisdizionale conferito dalla legge al giudice amministrativo, non può essere oggetto di ricorso per cassazione

Suprema Corte di Cassazione Sezioni Unite Civili sentenza 15 settembre 2015, n. 18079   Ragioni della decisione 1. Il dott. M.L.E. partecipò all’esame per l’abilitazione all’esercizio della professione forense svoltosi nell’anno 2011 presso la Corte d’appello di Lecce. Gli elaborati vennero corretti dalla commissione istituita presso la Corte d’appello di Salerno. La commissione si espresse...

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Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 16 settembre 2015, n. 18165. La qualifica di dirigente segue di necessità alla attribuzione di ruoli comportanti un alto grado di «professionalità» ed «autonomia» nel perseguimento degli «scopi aziendali» e dunque non può essere subordinata all’obbligo di una «formale investitura» da parte dei vertici aziendali

Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 16 settembre 2015, n. 18165 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MACIOCE Luigi – Presidente Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere Dott. ESPOSITO...

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Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza 16 settembre 2015, n. 18194. I decreti di reclamo emessi dalla Corte di Appello avverso i provvedimenti adottati ai sensi dell’art. 317-bis c.c., nel testo applicabile “ratione temporis”, relativi all’affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio ed alle conseguenti statuizioni economiche, tra le quali rientra anche l’assegnazione della casa familiare, sono impugnabili con ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost.

Suprema Corte di Cassazione sezione VI ordinanza 16 settembre 2015, n. 18194 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA CIVILE SOTTOSEZIONE 1 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DI PALMA Salvatore – Presidente Dott. BERNABAI Renato – rel. Consigliere Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere Dott. CRISTIANO Magda –...

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Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 6 ottobre 2015, n. 40148. La dichiarazione con la quale la persona offesa ha chiesto “che vengano perseguiti i reati ravvisati” va qualificata come valida manifestazione del diritto di querela

Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 6 ottobre 2015, n. 40148 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 9 maggio 2014 il Giudice di Pace di Bari ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di C. A. e G. V. in ordine al reato di ingiurie loro ascritto in concorso. Il giudice rilevava che...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 6 ottobre 2015, n. 40103. L’art. 167, comma 1, d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, intitolato “Trattamento illecito di dati”, punisce con la reclusione da uno a tre anni la condotta di chi, al fine di trame profitto per sé o per altri o di recare ad altri un danno, procede al trattamento di dati personali in violazione di quanto disposto dagli articoli 18, 19, 23, 123, 126 e 130, ovvero in applicazione dell’articolo 129, “se dal fatto deriva nocumento”. Il precedente art. 35, legge 31 dicembre 1996, n. 675 (abrogato dall’art. 183, d.lgs. n. 196 del 2003), intitolato “Trattamento illecito di dati personali”, descriveva la condotta nei seguenti termini: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trame per sé o per altri profitto o di recare ad altri un danno, procede al trattamento di dati personali in violazione di quanto disposto dagli articoli 11, 20 e 27, è punito con la reclusione sino a due anni o, se il fatto consiste nella comunicazione o diffusione, con la reclusione da tre mesi a due anni”. La pena era aggravata “se dal fatto deriva nocumento”. Per “nocumento” deve intendersi un pregiudizio giuridicamente rilevante di qualsiasi natura patrimoniale o non patrimoniale, subito dalla persona alla quale si riferiscono i dati o le informazioni protetti. Il nocumento può anche coincidere, nei fatti, con il c.d. “danno-evento” di matrice civilistica ma non è giuridicamente sovrapponibile ad esso e soprattutto non va confuso con il c.d. “danno-conseguenza” risarcibile ai sensi degli artt. 185, cod. pen., e 2043 e 2059, cod. civ. Il “nocumento” assolve alla funzione di dare “effettività” alla tutela della riservatezza dei dati personali ed ha un suo nucleo di dannosità che è certamente meno ampio di quello civilistico e non può essere confuso con esso

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 6 ottobre 2015, n. 40103 Ritenuto in fatto 1. Il sig. C.S.G. ricorre, per il tramite del difensore di fiducia, per l’annullamento della sentenza del 28/06/2013 della Corte di appello di Firenze che, in riforma dell’assoluzione decisa dal Tribunale di Pisa impugnata dalla sola parte civile, lo ha...

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Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 8 settembre 2015, n. 36265. nel reato di omessa corresponsione dell’assegno divorzile previsto dall’art. 12-sexies della legge 1° dicembre 1970, n. 898, come modificato dall’art. 21 della legge 6 marzo 1987, n. 74, il generico rinvio, “quoad poenam”, all’art. 570 cod. pen. deve intendersi riferito alle pene alternative previste dal comma primo di quest’ultima disposizione

Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 8 settembre 2015, n. 36265 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. PAOLONI Giacomo – Presidente Dott. CARCANO Domenic – rel. Consigliere Dott. CITTERIO Carlo – Consigliere Dott. PETRUZZELLIS Anna – Consigliere Dott. BASSI...