Cassazione10

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 15 settembre 2015, n. 18125

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CICALA Mario – Presidente

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 114313-2014 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS) presso lo studio del Prof. Avv. (OMISSIS) che la rappresenta e difende, pro procura in calce al ricorso, unitamente al prof. avv. (OMISSIS) ed all’Avv. (OMISSIS).

– ricorrente –

contro

AGENZIA delle ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12 e’ elettivamente domiciliata;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 46/6/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della LIGURIA del 25/10/2013, depositata il 29/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9/07/2015 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTA CRUCITTI.

 

FATTO

 

Nella controversia avente origine dall’impugnazione da parte di (OMISSIS) dell’avviso con il quale, a seguito di indagine finanziaria effettuata su conti correnti bancari, veniva accertata per l’anno di imposta 2004 la debenza di una maggiore i.r.p.e.f., la Commissione Tributaria Regionale della Liguria, con la sentenza indicata in epigrafe, in accoglimento dell’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, riformava integralmente la decisione di primo grado favorevole alla contribuente.

Il Giudice di appello – rilevato che il Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 32, comma 1, n. 2 aveva introdotto una presunzione legale relativa – ha ritenuto che la contribuente non era stata in grado di giustificare le movimentazioni bancarie poi riprese a tassazione, non essendo sufficiente la mera allegazione relativa alla cointestazione del conto corrente bancario alla madre.

Avverso la sentenza (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Il relatore ha depositato relazione ex articolo 380 bis c.p.c. proponendo il rigetto del ricorso. Il Presidente ha fissato l’udienza del 9 luglio 2015 per l’adunanza della Corte in camera di consiglio.

 

DIRITTO

 

1. Con il primo motivo si deduce la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articoli 32 e 38 del e dell’articolo 2729 c.c. laddove la C.T.R. aveva ritenuto che l’articolo 32, comma 1, n. 2 del Decreto del Presidente della Repubblica citato avesse introdotto nell’ordinamento una presunzione legale relativa.

2.Con il secondo mezzo si deduce la violazione e la falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 32 e degli articoli 115 e 166 c.p.c. laddove la C.T.R. – pur a fronte dell’allegazione di essa contribuente che il conto era cointestato alla madre, la quale aveva notevoli disponibilita’ finanziarie- aveva ritenuta necessaria la prova documentale che le movimentazioni bancarie, contestate dall’Ufficio, fossero riferibili esclusivamente all’altro intestatario del conto corrente mentre, anche secondo la giurisprudenza di questa Corte, la prova poteva essere fornita a mezzo di presunzioni semplici.

3. Infine, con il terzo motivo, si deduce sempre la violazione degli articoli 32 e 38 citati e dell’articolo 2729 c.c. laddove la C.T.R. aveva omesso di considerare quanto lamentato sin dal ricorso introduttivo ovvero che, essendo il conto cointestato, aveva errato l’Agenzia delle Entrate nel recuperare l’intero importo dei movimenti contestati e non solamente il 50%.

4. I mezzi, da trattarsi congiuntamente afferendo sostanzialmente alla medesima questione, non appaiono meritevoli di accoglimento.

5. In tema di accertamento delle imposte sui redditi, questa Corte e’ ferma nel ritenere che “qualora l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione e’ soddisfatto, secondo il Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, articolo 32, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, mentre si determina un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili, fornendo, a tal fine, una prova non generica, ma analitica, con indicazione specifica della riferibilita’ di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili (cfr. tra le tante Cass. n. 18081 del 04/08/2010.

Riguardo, poi, specificamente, alla doglianza espressa con il primo motivo, si e’ precisato (Cass. n. 19692 del 27/09/2011) che i dati e gli elementi risultanti dai conti correnti bancari assumono sempre rilievo ai fini della ricostruzione del reddito imponibile, se il titolare di detti conti non fornisca adeguata giustificazione, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, articolo 32, poiche’ questa previsione e quella di cui all’articolo 38 del medesimo Decreto del Presidente della Repubblica hanno portata generale, riguardando la rettifica delle dichiarazioni dei redditi di qualsiasi contribuente, quale che sia la natura dell’attivita’ svolta e dalla quale quei redditi provengano; ne’ puo’ inferirsi l’applicabilita’ dell’articolo 32 citato ai soli soggetti che esercitino attivita’ di impresa o di lavoro autonomo per via del riferimento testuale della disposizione ai “ricavi” ed alle “scritture contabili”, in quanto il dato letterale risulta limitativo unicamente della possibilita’ per l’Ufficio di desumere reddito dai “prelevamenti”, giacche’ non puo’ presumersi in via generale e per qualsiasi contribuente la produzione di un reddito da una spesa, a differenza che per imprenditori o lavoratori autonomi, per i quali, invece, le spese non giustificate possono ragionevolmente ritenersi costitutive di investimenti.

6. In ordine al tipo di prova che il contribuente ha l’onere di fornire al fine di vincere la presunzione di cui al citato articolo 32 e’ si’ ammesso anche il ricorso alle presunzioni semplici ma le stesse devono essere sottoposte ad attenta verifica da parte del giudice, il quale e’ tenuto ad individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purche’ grave preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo (Cass. 22502/2011 richiamata da Cass.4585/15).

7. Alla luce di tali principi, da un canto si appalesa l’irrilevanza della circostanza che il conto corrente bancario sia, come nella specie, cointestato (cfr.Cass.n.21420/12) con infondatezza del terzo motivo e dall’altra l’inconducenza del secondo.

8.La C.T.R. ligure, infatti, nell’accertare, in fatto, che nel caso in esame la parte non e’ stata in grado di giustificare le movimentazioni bancarie poi riprese a tassazione e pur affermando che era la parte a dover fornire la prova documentale che le movimentazioni bancarie contestate dall’Ufficio dovevano riferirsi esclusivamente all’altro cointestatario del conto corrente non ha negato (come dedotto in ricorso) ingresso alla prova indiziaria fornita dalla contribuente ma, valutandola dettagliatamente, non ne ha apprezzato la gravita’, precisione e concordanza, rilevando che le allegazioni allo scopo fornite non erano esaustive non essendo correlate a precisi e puntuali riferimenti alle singole operazioni riferibili all’altro cointestatario ed alla causale delle operazioni stesse, essendosi la parte limitata ad affermazioni generiche sull’autonomia gestionale della madre e sul fatto che era titolare di svariati immobili, di investimenti in fondi comuni, di titoli obbligazionarie e di pronta liquidita’ su conto corrente.

9.Ne consegue, anche a fronte di tale accertamento in fatto non idoneamente contrastato, la correttezza della sentenza impugnata nell’applicazione della normativa di riferimento, secondo l’interpretazione fornitane da questa Corte e, quindi, il rigetto del ricorso.

10. In ossequio al principio di soccombenza le spese, liquidate come in dispositivo, vanno poste a carico della ricorrente.

11.Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater si da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.

 

P.Q.M.

 

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente alla refusione in favore dell’Agenzia delle Entrate alle spese liquidate in complessivi euro 2.050, oltre eventuali spese prenotate a debito.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater si da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.

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