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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 30 marzo 2015, n. 6394. Deve ritenersi nulla la sentenza emessa ex art. 281-sexies cod. proc. civ. nel caso in cui il giudice, letto il dispositivo in udienza, ometta la contestuale motivazione della stessa. Il giudice, quindi, può motivare solo contestualmente; se lo fa successivamente, la sua motivazione è irricevibile e pertanto irrilevante, in quanto estranea alla struttura dell’atto processuale ormai compiuto.

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 30 marzo 2015, n. 6394 REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente Dott. VIVALDI Roberta – rel. Consigliere Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere Dott. RUBINO Lina...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 27 marzo 2015, n. 6245. A carico dei proprietari o concessionari delle autostrade, per loro natura destinate alla percorrenza veloce in condizioni di sicurezza, è configurabile la responsabilità per cosa in custodia, disciplinata dall’art. 2051 cod. civ., essendo possibile ravvisare una effettiva possibilità di controllo sulla situazione della circolazione e delle carreggiate, riconducibile ad un rapporto di custodia. Ne consegue, ai fini della prova liberatoria, che il custode è tenuto a fornire per sottrarsi alla responsabilità civile, la necessità di distinguere tra le situazioni di pericolo connesse alla struttura o alle pertinenze dell’autostrada da quelle provocate dagli utenti o da una repentina ed imprevedibile alterazione dello stato della cosa in quanto, solo nella ricorrenza di quest’ultime, potrà configurarsi il caso fortuito tutte le volte che l’evento dannoso si sia verificato prima che l’ente proprietario o gestore abbia potuto rimuovere, nonostante l’attività di controllo e la diligenza impiegata al fine di garantire la tempestività dell’intervento, la straordinaria ed imprevedibile situazione di pericolo determinatasi.

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 27 marzo 2015, n. 6245 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SPIRITO Angelo – Presidente Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere Dott. RUBINO Lina – Consigliere Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere Dott....

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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 26 marzo 2015, n. 6136. In tema di filiazione naturale la mancata sottoposizione al test del Dna, può diventare un elemento determinante nel definire il «difetto di veridicità» del riconoscimento

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 26 marzo 2015, n. 6136 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FORTE Fabrizio – Presidente Dott. DIDONE Antonio – Consigliere Dott. GENOVESE Francesco Antonio – rel. Consigliere Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere Dott....

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 10 aprile 2015, n. 7176. La clausola contenente l’obbligo di procedere a perizia contrattuale per la valutazione dei danni configura gli estremi della clausola abusiva, se i principi di cui al 3 comma n. 18 vengono interpretati alla luce del principio di cui al primo comma dello stesso art. 1469 bis, secondo cui sono abusive le clausole che comportino un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 10 aprile 2015, n. 7176 Svolgimento del processo Con atto di citazione del 2001 P.A. ha convenuto davanti al Tribunale di Nola la s.p.a. Helvetia Assicurazioni, chiedendone la condanna al pagamento di oltre L. 100 milioni, in forza di polizza infortuni in corso con la società, a seguito...

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Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 13 aprile 2015, n. 7388. Il lavoratore che agisca nei confronti del datore di lavoro per il risarcimento del danno patito a seguito di infortunio sul lavoro, seppure non debba provare la colpa del datore di lavoro, nei cui confronti opera la presunzione posta dell’art. 1218 cod. civ. è pur sempre onerato della prova del fatto costituente l’inadempimento e del nesso di causalità materiale tra l’inadempimento e il danno. Infatti, soltanto “una volta provato l’inadempimento consistente nell’inesatta esecuzione della prestazione di sicurezza nonché la correlazione fra tale inadempimento ed il danno, la prova che tutto era stato approntato ai fini dell’osservanza del precetto dell’art. 2087 cod. civ. e che gli esiti dannosi erano stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile deve essere fornita dal datore di lavoro. La prova liberatoria a carico del datore di lavoro va, poi, generalmente correlata alla quantificazione della diligenza ritenuta esigibile, nella predisposizione delle misure di sicurezza, imponendosi, di norma, allo stesso l’onere di provare l’adozione di comportamenti specifici i quali, ancorché non risultino dettati dalla legge (o altra fonte equiparata), siano suggeriti da conoscenze sperimentali e tecniche, dagli “standard” di sicurezza normalmente osservati o trovino riferimento in altre fonti analoghe

Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 13 aprile 2015, n. 7388   Svolgimento del processo Il Tribunale di Bologna, in funzione di giudice dei lavoro, rigettava la domanda della signora F.P., dipendente della Regione Emilia-Romagna ed appartenente all’area dirigenziale dall’ I .3.1997 diretta ad ottenere la rifusione dei danni patiti in dipendenza dell’infortunio in data...