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Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 20 ottobre 2014. Per effetto della nuova disciplina contenuta nell'art. 201, comma 1-ter, del medesimo codice (introdotto dall'art. 4, comma 1, del d.l. 27 giugno 2003, n. 151, convertito, con modifiche, in legge 1 ° agosto 2003, n. 214), i documentatori fotografici delle infrazioni commesse alle intersezioni regolate da semaforo ove omologati ed utilizzati nel rispetto delle prescrizioni riguardanti le modalità di installazione e di ripresa delle infrazioni, sono divenuti idonei a funzionare anche in modalità completamente automatica, senza la presenza degli agenti di polizia. Il giudice di appello ha riformato la sentenza di primo grado ritenendo che fosse onere dell'amministrazione provare che fosse stata posta particolare attenzione al montaggio del sistema con specifica valutazione dell'idoneità delle strutture di sostegno in relazione alle condizioni di impiego e che fosse onere dell'amministrazione indicare le modalità di posizionamento e ubicazione, ciò costituendo, a detta del giudice di appello, gli elementi costitutivi della pretesa sanzionatoria. La decisione è viziata in quanto il giudice di appello ha ritenuto (per giunta con una motivazione del tutto insufficiente, oltre che incongrua) che l'amministrazione fosse gravata da un onere probatorio che la normativa invece non richiede perché l'elemento costitutivo della pretesa sanzionatoria è la documentazione fotografica dell'infrazione, rilevata con apparecchiatura omologata, mentre è onere di chi propone opposizione alla sanzione indicare in concreto sotto quale profila l'apparecchiatura utilizzata non sarebbe conforme ai requisiti, di insttallazione o di funzionamento, previsti nel decreto di omologazione e come le eventuali mancanze possano avere inciso sulla rilevazione

Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 20 ottobre 2014 Fatto e diritto Il relatore nominato per l’esame del ricorso ha depositato la relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. nella quale ha esposto le ragioni di manifesta fondatezza del ricorso; ricorso è stato fissato per l’esame in camera di consiglio e sono state effettuate...

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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 7 ottobre 2014, n. 21107. La pubblica amministrazione non può raccogliere su internet informazioni sulla vita sessuale di un proprio dipendente per verificare se la sua condotta sia o meno compatibile con l'«immagine» dell'ente. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, sentenza 21107/2014, accogliendo il ricorso del Garante della privacy ed annullando il licenziamento di un dipendente «destituito» perché trovato a prostituirsi sul web mediante annunci a pagamento.

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 7 ottobre 2014, n. 21107 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere Dott. DE...

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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 17 ottobre 2014 n. 22078. La necessità che la parte che intenda avvalersi della scrittura privata disconosciuta deve presentare l'istanza di verificazione in modo non equivoco, entro il termine perentorio per le deduzioni istruttorie delle parti non sussiste, allorché da complessivo comportamento della parte è possibile desumere in modo inequivocabile la sua volontà di proporre implicitamente detta istanza, come quando si insista per l'accoglimento della pretesa presupponente l'autenticità del documento, essendo evidente che, una volta disconosciuta la scrittura privata dalla parte nei cui confronti è stata prodotta, insistere sulla fondatezza della propria domanda basata sull'autenticità del documento prodotto significa inequivocabilmente proporre sia pure implicitamente l'istanza di verificazione di tale scrittura privata, costituente invero lo specifico strumento processuale per ottenere la declaratoria di autenticità di essa

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 17 ottobre 2014 n. 22078 Svolgimento del processo I fratelli M.B. e G.B., premesso che la madre degli esponenti R.S. era deceduto il 27-4-1997 lasciando un testamento olografo del 2-8-1994 pubblicato il 28-7-1997, convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Pordenone l’altro fratello G.B. chiedendo dichiararsi la divisione...

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Corte di Cassazione, sezioni unite, sentenza 17 ottobre 2014, n. 22035. la previsione di cui al comma 1 dell'articolo 28 della Convenzione di Varsavia del 12 ottobre 1939, nel testo di cui al protocollo di modifica dell'Aja del 28 settembre 1955 (recepiti nell'ordinamento italiano rispettivamente con la legge 19 maggio 1932 n. 841 e con la legge 3 dicembre 1962 n. 1832) – secondo cui "l'azione di responsabilità dovrà essere promossa a scelta dell'attore nel territorio di uno Stato contraente innanzi al tribunale del domicilio del vettore, ovvero della sede principale del suo esercizio ovvero del luogo in cui il vettore possiede una organizzazione a cura della quale sia stato concluso il contratto, oppure, infine, innanzi al tribunale del luogo di destinazione" – ha predisposto solo il criterio di collegamento al fine di determinare lo Stato aderente ove è giustificato radicare la giurisdizione sulle controversie relative al trasporto aereo internazionale, e non vale come criterio attributivo della competenza interna dello Stato aderente del quale è stata determinata la giurisdizione. Dal tenore dell'intera disposizione, infatti, si ricava che il disegno manifestato dal legislatore uniforme con la norma de qua è stato quello di affidare al criterio del collegamento a uno dei fori alternativi contemplati dalla norma in oggetto la individuazione dello Stato aderente, in cui è giustificato radicare la giurisdizione per tali controversie e di lasciare all'ordinamento giuridico interno la disciplina del processo introdotto innanzi al giudice dello Stato aderente, disciplina necessariamente comprendente le regole della competenza territoriale interna, esse pure regole di procedura

Suprema Corte di Cassazione sezioni unite sentenza 17 ottobre 2014, n. 22035 Svolgimento del processo Con citazione dell’agosto 2001 la s.p.a. Vittoria Assicurazioni – premesso che aveva provveduto a risarcire i danni conseguenti alla perdita di colli di una spedizione, affidati per il trasporto aereo nel novembre del 2000 dallo spedizioniere Franco Vago s.p.a. alla...

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Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza 16 ottobre 2014, n. 21910. La norma del terzo comma dell'art. 164 c.p.c., quando, nonostante la costituzione del convenuto in presenza di nullità della citazione relative alla vocatio in ius quali l'inosservanza del temine di comparizione e l'omissione dell'avvertimento dell'art. 163 n. 7 c.p.c. esclude che si verifichi la sanatoria del vizio della citazione per effetto della costituzione del convenuto, qualora egli, costituendosi eccepisca tale nullità, imponendo al giudice di fissare una nuova udienza nel rispetto dei termini di comparizione, suppone che il convenuto, nel costituirsi, si limiti alla formulazione dell'eccezione di nullità. Ciò, è tanto vero che il dovere del giudice di provvedere a tale fissazione è ricollegato non ad un'istanza del convenuto, ma direttamente all'atteggiamento dello stesso di proposizione dell'eccezione. Ne deriva che, se il convenuto costituendosi svolga le sue difese, il presupposto per l'applicazione della norma non sussiste. Il legislatore, invero, non avendo richiesto un'istanza del convenuto in aggiunta all'eccezione, ha inteso ricollegare il dovere di fissazione di nuova udienza, ad una costituzione finalizzata alla sola formulazione dell'eccezione e non anche ad una costituzione che alla formulazione dell'eccezione accompagni lo svolgimento delle difese. Se così fosse, la fissazione dell'udienza dovrebbe avere luogo pur in presenza di una difesa completamente articolata, come fu nel caso di specie siccome si evince dal contenuto della citazione, e sarebbe priva di scopo. D'altro canto, una volta considerato che il convenuto che si sia vista notificare una citazione inosservante del termine a comparire o senza l'avvertimento ai sensi dell'art. 163 n. 7 c.p.c. può scegliere di costituirsi e sanare la nullità della citazione oppure di non costituirsi e lasciare che il giudice la rilevi oppure ancora costituirsi e limitarsi ad eccepirla, lo spettro di tali possibilità, rimettendo al convenuto la decisione su come reagire di fronte alla nullità, esclude che egli abbia una quarta possibilità, cioè di costituirsi, eccepire la nullità e svolgere contemporaneamente le sue difese. Essendo la fissazione di una nuova udienza finalizzata ad assicurare che l'esercizio del diritto di difesa fruisca del termine a comparire o dell'avvertimento siccome ritenuto astrattamente necessari dal legislatore al rispetto del diritto di difesa, consentire al convenuto di costituirsi e svolgere l'eccezione e nel contempo le sue difese significa rimettere a lui lo spostamento dell'udienza, in chiara contraddizione con il fatto che, nonostante la nullità, ha svolto le sue difese, pur potendolo non fare

Suprema Corte di Cassazione sezione VI ordinanza 16 ottobre 2014, n. 21910 Fatto e diritto Ritenuto quanto segue: p.1. La s.p.a. Chime ha proposto istanza di regolamento di competenza contro D.A.R. avverso l’ordinanza del 3 luglio 2013, con la quale il Tribunale di Avellino, investito dell’opposizione proposta dal D.A. avverso un decreto ingiuntivo ottenuto nei...