Secondo licenziamento valido con motivo diverso e successivo

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|20 gennaio 2025| n. 1376.

Secondo licenziamento valido con motivo diverso e successivo

Massima: Ove il datore di lavoro abbia intimato al lavoratore un licenziamento individuale, e` ammissibile una successiva comunicazione di recesso dal rapporto da parte del datore medesimo, purché il nuovo licenziamento si fondi su una ragione o motivo diverso, sopravvenuto o, comunque, non conosciuto in precedenza dal datore, e la sua efficacia resti condizionata all’eventuale declaratoria di illegittimità del primo.

Ordinanza|20 gennaio 2025| n. 1376. Secondo licenziamento valido con motivo diverso e successivo

Integrale

Tag/parola chiave: Licenziamento individuale – Nuova comunicazione di recesso – Motivo diverso e sopravvenuto – Assenza di contestazione a catena – Ammissibilità.

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere

Dott. PANARIELLO Francescopaolo – Consigliere

Dott. MICHELINI Gaultiero – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso 20449-2022 proposto da:

Se.Fa., domiciliato in ROMA PIAZZA CA. presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GI.TR.;

– ricorrente principale –

contro

IN. Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato presso l’indirizzo PEC dell’avvocato LU.CI., che la rappresenta e difende;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

nonchè contro

Se.Fa.;

– ricorrente principale – controricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 224/2022 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA, depositata il 04/07/2022 R.G.N. 357/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/11/2024 dal Consigliere Dott. GUALTIERO MICHELINI.

Secondo licenziamento valido con motivo diverso e successivo

IN FATTO

RILEVATO CHE

1. il Tribunale di Enna, pronunciandosi sul ricorso proposto da

Se.Fa., dipendente di IN. dal 1996 con mansioni di autista di autobus (operatore di esercizio – par. 183 – CCNL Autoferrotranvieri), ricorso relativo all’impugnazione di due distinti licenziamenti disciplinari (destituzioni), il primo comunicato con raccomandata 12.6.2018, il secondo con raccomandata 12.7.2018, con ordinanza 23.12.2019 dichiarava risolto con effetto dalla data del primo licenziamento il rapporto di lavoro, condannava la società al pagamento di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva pari a 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, dichiarava inefficace il secondo licenziamento;

2. il medesimo Tribunale, con sentenza n. 559/2021, rigettava le opposizioni del lavoratore e della società;

3. la Corte d’Appello di Caltanissetta, pronunciandosi sui contrapposti reclami, in riforma della sentenza di primo grado, annullava il licenziamento del 12.6.2018; per l’effetto, condannava la società a reintegrare il dipendente nel posto di lavoro nelle mansioni in precedenza svolte o altre equivalenti, fino alla data di cessazione del rapporto del 12.7.2018, dedotto quanto percepito dal lavoratore nel periodo di estromissione per lo svolgimento di altre attività lavorative, oltre che al pagamento di un’indennità risarcitoria pari a una mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, nonché al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della cessazione del rapporto del 12.7.2018, oltre accessori; rigettava ogni altra domanda;

4. per quanto qui rileva, la Corte distrettuale osservava in particolare che:

– il primo licenziamento era seguito alla contestazione di sistematiche interruzioni non autorizzate del servizio di linea per fermate dell’autista al bar e per avere egli fumato e usato il telefono cellulare durante la guida, con pericolo per la sicurezza dei viaggiatori;

– il secondo licenziamento era seguito alla contestazione di episodio verificatosi il 17.5.2018, per avere il lavoratore inveito in pubblico contro i vertici aziendali, rivolgendo loro offese e minacce di morte;

– il Tribunale aveva ritenuto provati i fatti oggetto della prima contestazione, non riconducibili a ipotesi di mancanze punite con sanzione conservativa tipizzate nel R.D. n. 148/1931, ma comunque non di tale gravità da giustificare l’immediato recesso dal rapporto di lavoro; aveva altresì ritenuto, per effetto di quanto statuito in relazione al primo licenziamento, la carenza di interesse del lavoratore all’impugnativa del secondo licenziamento, posto che non si sarebbe potuto determinare il ripristino di un rapporto di lavoro ormai estinto, e comunque i fatti contestati già noti al datore di lavoro al momento dell’irrogazione del primo licenziamento;

– erano fondate le doglianze del lavoratore con riguardo alla chiesta tutela reintegratoria in relazione il primo licenziamento, ed erano fondate le doglianze della società in ordine alla piena validità ed efficacia del secondo recesso;

– le condotte a base del primo licenziamento avevano effettivo rilievo disciplinare, ma erano suscettibili solo di sanzioni conservative, così da determinare l’illegittimità del licenziamento con applicazione della tutela reintegratoria e risarcitoria di cui all’art. 18, comma 4, legge n. 300/1970, in luogo di quella risarcitoria di cui al comma 5 della medesima disposizione come riconosciuto dal Tribunale di Enna;

– il recesso datoriale del 12.7.2018, invece, era stato legittimamente irrogato, ricorrendo gli estremi della giusta causa di licenziamento;

– detto secondo licenziamento non era, pertanto, inefficace; nel merito, valutate le testimonianze raccolte, i fatti contestati alla base di esso erano sussumibili nella previsione di cui all’art. 45 R.D. n. 148/1931, come atto di grave insubordinazione, piuttosto che nelle previsioni di cui all’art. 42 R.D. cit., come dimostrazione di scherno o disprezzo verso i superiori o ingiurie verbali;

5. avverso la sentenza della Corte d’Appello Se.Fa. propone ricorso per cassazione con 3 motivi; resiste con controricorso il Consorzio, e propone ricorso incidentale con 2 motivi, cui il ricorrente principale resiste con controricorso; entrambe le parti hanno depositato memorie; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;

Secondo licenziamento valido con motivo diverso e successivo

IN DIRITTO

CONSIDERATO CHE

1. con il primo motivo, parte ricorrente principale deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione degli artt. 2 legge n. 604/1966 e 18 legge n. 300/1970; sostiene che il secondo licenziamento era fondato su fatti del 17.5.2018, contestati il 24.5.2018, e che quindi doveva essere ritenuto invalido perché fondato su motivi già noti alla data di intimazione del primo licenziamento;

2. con il secondo motivo, deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione degli artt. 42, punto 15, e 45, punto 11, R.D. n. 148/1931, e 18 legge n. 300/1970; sostiene che illegittimamente sono stati disattesi i criteri di proporzionalità e che è stata valutata erroneamente la condotta contestata;

3. con il terzo motivo, deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e 2697 c.c., per avere la Corte territoriale ritenuto attendibile la testimonianza di Sc.Gi.;

4. con il primo motivo di ricorso incidentale, la società deduce (art. 360, n. 5, c.p.c.) omessa valutazione dei mezzi di prova e omesso esame circa fatto decisivo per il giudizio, in relazione alle dichiarazioni testimoniali e ai documenti prodotti relativi al primo licenziamento;

5. con il secondo motivo di ricorso incidentale, la società deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione e falsa applicazione degli artt. 41 e 42 R.D. n. 148/1931, sostenendo che la condotta a base del primo licenziamento non è qualificabile quale condotta punibile con una delle sanzioni conservative previste da tali disposizioni;

6. il primo motivo del ricorso principale non è fondato;

7. i fatti oggetto della seconda contestazione, come spiegato nella motivazione della sentenza impugnata, sono cronologicamente successivi rispetto a quelli oggetto della prima contestazione e da essi sganciati; essi, anzi, risultano proprio collegati alla ricezione di comunicazioni relative alla prima procedura disciplinare;

8. dalla sequenza degli atti disciplinari, la Corte distrettuale ha tratto l’autonomia delle due procedure e l’insussistenza di cd. contestazione a catena, richiamando pertinente giurisprudenza di questa Corte in materia, con la quale è stato chiarito che, ove il datore di lavoro abbia intimato al lavoratore un licenziamento individuale, è ammissibile una successiva comunicazione di recesso dal rapporto da parte del datore medesimo, purché il nuovo licenziamento si fondi su una ragione o motivo diverso, sopravvenuto o, comunque, non conosciuto in precedenza dal datore, e la sua efficacia resti condizionata all’eventuale declaratoria di illegittimità del primo (Cass. n. 106/2013, n. 19089/2018);

9. la Corte distrettuale ha, con argomentazione logica e congrua, interpretato la nozione di fatto sopravvenuto non solo come fatto già noto in funzione di impedire strumentali contestazioni a catena, ma anche come fatto conosciuto dopo la prima contestazione (nel caso di specie la relativa procedura disciplinare era stata avviata e non era stata ancora conclusa), non essendo imposta l’unificazione delle due procedure disciplinari;

Secondo licenziamento valido con motivo diverso e successivo

10. il secondo motivo è inammissibile;

11. evidenziata la differenza formale e sostanziale tra ingiuria e minaccia di morte, in tema di licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo, la valutazione della gravità e proporzionalità della condotta rientra nell’attività sussuntiva e valutativa del giudice di merito, avuto riguardo agli elementi concreti, di natura oggettiva e soggettiva, della fattispecie, valutazione con la quale viene riempita di contenuto la clausola generale dell’art. 2119 c.c.; l’attività di integrazione del precetto normativo di cui all’art. 2119 c.c., ossia di sua concretizzazione, compiuta dal giudice di merito non può essere censurata in sede di legittimità se non nei limiti di una valutazione di ragionevolezza del giudizio di sussunzione del fatto concreto, siccome accertato, nella norma generale, ed in virtù di una specifica denuncia di non coerenza del predetto giudizio rispetto agli standard, conformi ai valori dell’ordinamento, esistenti nella realtà sociale; dunque, l’accertamento della concreta ricorrenza, nel fatto dedotto in giudizio, degli elementi integranti il parametro normativo costituisce un giudizio di fatto, demandato al giudice di merito ed incensurabile in cassazione se privo di errori logici o giuridici (cfr. Cass. n. 13534/2019, e giurisprudenza ivi richiamata; cfr. anche Cass. n. 985/2017, n. 88/2023; v. anche, Cass. n. 14063/2019, n. 16784/2020, n. 17321/2020, n. 7029/2023, n. 23287/2023, n. 26043/2023, n. 30663/2023, n. 107/2024, n. 5596/2024, n. 12787/2024, n. 21123/2024, n. 24523/2024);

12. parimenti inammissibile è il terzo motivo del ricorso principale;

13. invero, l’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass. n. 16056/2016, n. 19011/2017; cfr. anche Cass. n. 29404/2017, S.U. n. 34476/2019, n. 15568/2020 n. 20553/2021, n. 23623/2023);

14. specularmente, per le medesime ragioni testé illustrate, risulta inammissibile il primo motivo del ricorso incidentale;

15. il secondo motivo del ricorso incidentale della società non è fondato;

16. la ratio decidendi della sentenza gravata sul punto è fondata sulla mancata prova, in concreto, della sistematicità delle condotte contestate; tale carenza di prova in fatto ha portato la Corte distrettuale a inquadrare tali condotte nell’illecito disciplinare relativo a irregolarità e negligenze in servizio, punibile con sanzioni conservative;

17. tale conclusione resiste alla censura proposta, in quanto conforme alla giurisprudenza di questa Corte, che ha precisato in proposito che, in tema di licenziamento disciplinare, al fine di selezionare la tutela applicabile tra quelle previste dall’art. 18, commi 4 e 5, della legge n. 300/1970, come novellato dalla legge n. 92/2012, il giudice può sussumere la condotta addebitata al lavoratore, e in concreto accertata giudizialmente, nella previsione contrattuale che, con clausola generale ed elastica, punisca l’illecito con sanzione conservativa, e che detta operazione di interpretazione e sussunzione non trasmoda nel giudizio di proporzionalità della sanzione rispetto al fatto contestato, restando nei limiti dell’attuazione del principio di proporzionalità, come eseguito dalle parti sociali attraverso la previsione del contratto collettivo (così Cass. n. 11665/2022; conf. Cass n. 20780/2022);

18. stante la reciproca soccombenza, vanno compensate le spese di lite del presente giudizio;

19. al rigetto delle impugnazioni, principale e incidentale, consegue il raddoppio del contributo unificato per entrambe le parti, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali;

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale.

Spese compensate.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 13 novembre 2024.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2025.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Le sentenze sono di pubblico dominio.

La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.

Benchè le linee guida in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica non richiedano espressamente l’anonimizzazione sistematica di tutti i provvedimenti, e solo quando espressamente le sentenze lo prevedono, si possono segnalare anomalie, richiedere oscuramenti e rimozioni, suggerire nuove funzionalità tramite l’indirizzo e-mail info@studiodisa.it, e, si provvederà immediatamente alla rimozione dei dati sensibili se per mero errore non sono stati automaticamente oscurati.

Il presente blog non è, non vuole essere, né potrà mai essere un’alternativa alle soluzioni professionali presenti sul mercato. Essendo aperta alla contribuzione di tutti,  non si può garantire l’esattezza dei dati ottenuti che l’utente è sempre tenuto a verificare.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.