Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|22 gennaio 2025| n. 1576.
Consegna opera non implica accettazione senza riserve
Massima: In tema di appalto, la presa in consegna dell’opera da parte del committente non va confusa con l’accettazione della stessa, e non implica di per sé la rinunzia a far valere la garanzia per i difetti conosciuti o conoscibili quando sia seguita dalla denunzia delle difformità e dei vizi dell’opera. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di appello che ha ritenuto integrata l’accettazione tacita stante l’avvenuta consegna dell’opera al committente senza verifica né rimostranze laddove i vizi palesi erano stati contestati solo a distanza di circa un anno dalla consegna, in occasione della ricevuta richiesta di pagamento del residuo dovuto).
Ordinanza|22 gennaio 2025| n. 1576. Consegna opera non implica accettazione senza riserve
Integrale
Tag/parola chiave: Appalto (contratto di) – Verifica – Accettazione dell’opera consegna dell’opera – Equivalenza ad accettazione – Esclusione – Decadenza dalla garanzia – Esclusione – Fattispecie.
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 23149/2023) proposto da:
BO.AG. Sas (Omissis), in persona del suo legale rappresentante pro – tempore, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso e all’istanza ex art. 380-bis, secondo comma, c.p.c., dall’Avv. Do.Ar., con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo PEC del difensore;
– ricorrente –
contro
ED. Srl unipersonale (Omissis), in persona del suo legale rappresentante pro – tempore, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’Avv. Ma.Si., elettivamente domiciliata ex lege in R, (Omissis), presso la cancelleria della Corte di cassazione;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Palermo n. 1790/2023, pubblicata il 19 ottobre 2023, notificata a mezzo PEC l’11 novembre 2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5 dicembre 2024 dal Consigliere relatore Cesare Trapuzzano;
vista l’opposizione tempestivamente spiegata dalla ricorrente avverso la proposta di definizione anticipata del giudizio ex art. 380-bis c.p.c.;
letta la memoria illustrativa depositata nell’interesse della ricorrente, ai sensi dell’art. 380-bis.1. c.p.c.
Consegna opera non implica accettazione senza riserve
FATTI DI CAUSA
1.- Con decreto ingiuntivo n. 2701/2017 del 20 aprile 2017, il Tribunale di Palermo ingiungeva il pagamento, in favore della ED. Srl e a carico della BO.AG. Sas, della somma di Euro 20.760,00, a titolo di saldo del corrispettivo dovuto per la ristrutturazione della pavimentazione eseguita presso i locali della società ingiunta.
Con atto di citazione notificato il 14 giugno 2017, proponeva opposizione la BO.AG. Sas, la quale deduceva che i lavori di realizzazione di una pavimentazione industriale – come concordati in data 24 settembre 2015 – non erano stati eseguiti a regola d’arte e che, all’esito delle segnalazioni inviate, gli interventi dell’appaltatrice non avevano posto rimedio ai danni causati, senza che peraltro l’importo richiesto dei lavori fosse mai stato pattuito tra le parti.
Per l’effetto, chiedeva che il decreto ingiuntivo opposto fosse revocato e, in via riconvenzionale, che l’appaltatrice fosse condannata al risarcimento dei danni subiti.
Si costituiva nel giudizio di opposizione la Ed. Srl, la quale resisteva all’accoglimento dell’opposizione, eccependo l’intervenuta decadenza dalla garanzia per i vizi dell’appalto.
In corso di causa era assunta la prova testimoniale ammessa ed era espletata consulenza tecnica d’ufficio.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 2255/2020, depositata il 16 luglio 2020, accoglieva l’opposizione e, per l’effetto, revocava il decreto ingiuntivo opposto, condannando parte opposta al pagamento, in favore di parte opponente, della somma di Euro 53.568,41, oltre interessi, a titolo di risarcimento danni per i vizi riscontrati.
2.- Con atto di citazione notificato il 16 febbraio 2021, la ED. Srl proponeva appello avverso la pronuncia di primo grado, lamentando: 1) l’erronea attribuzione di responsabilità per i vizi dell’opera, in quanto mera esecutrice degli interventi commissionati dalla committente su progetto e con la supervisione del direttore dei lavori dalla stessa committente nominato; 2) l’erroneo rigetto dell’eccezione di decadenza dalla garanzia per i vizi, in difetto di alcuna tempestiva denuncia, nonostante essi fossero palesi, né nel corso dell’opera, né alla fine dei lavori.
Si costituiva nel giudizio di impugnazione la BO.AG. Sas, la quale instava per il rigetto dell’appello proposto e la conferma della sentenza impugnata.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’Appello di Palermo, con la sentenza di cui in epigrafe, accoglieva l’impugnazione e, per l’effetto, in integrale riforma della pronuncia impugnata, rigettava l’opposizione avverso il provvedimento monitorio opposto.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a) che – come emerso dalla raccolta prova testimoniale -, nel corso dell’esecuzione dell’appalto, la committente aveva sollecitato l’appaltatrice affinché provvedesse alla risoluzione delle problematiche causate dall’irregolare livellatura del pavimento, rilievo da cui poteva desumersi che i vizi fossero palesi, il che escludeva che essi dovessero essere denunciati nel termine di 60 giorni previsto dall’art. 1667 c.c.; b) che l’ultimo intervento eseguito si collocava temporalmente nei giorni 10-11 febbraio 2016, come affermato anche dal consulente tecnico di parte appellata nelle note contro-deduttive alla consulenza tecnica d’ufficio; c) che, nella fattispecie, doveva ritenersi che, con l’esecuzione dell’ultimo intervento, l’appaltatrice, completata la prestazione concordata, avesse consegnato l’opera alla committente, circostanza, questa, confermata dalla stessa committente, che aveva sostenuto di avere, alla fine dei lavori, fatto “riposare” il pavimento per circa 10 giorni, sicché da tale consegna, con la ricezione senza riserve, pur in assenza di verifica, doveva desumersi l’accettazione tacita; d) che solo con raccomandata a/r del 15 febbraio 2017, a distanza di oltre un anno dalla consegna dell’opera, l’appaltante, dopo aver ricevuto la richiesta di pagamento della fattura n. 29/2016 per Euro 17.080,00 in data 30 dicembre 2016, aveva denunciato l’esistenza dei vizi; e) che il trascorrere di un così ampio arco temporale dalla consegna dell’opera aveva comportato l’accettazione di questa senza riserve, accettazione non superabile – atteso il carattere palese degli asseriti vizi – dalla denuncia di inesatta esecuzione dell’appalto, formulata solo a fronte dell’ingiunzione di pagamento del compenso preteso dall’impresa appaltatrice.
3.- Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico articolato motivo, la BO.AG. Sas
Ha resistito, con controricorso, l’intimata ED. Srl unipersonale.
4.- All’esito, è stata formulata proposta di definizione del giudizio depositata il 27 giugno 2024, comunicata il 28 giugno 2024, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., alla stregua della ritenuta manifesta infondatezza del ricorso.
Con atto depositato il 26 luglio 2024, la BO.AG. Sas ha spiegato opposizione avverso la proposta di definizione anticipata del giudizio.
5.- La ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
Consegna opera non implica accettazione senza riserve
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Con l’unico motivo articolato la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1665 c.c., per avere la Corte di merito, pur a fronte delle divergenti evidenze processuali (e segnatamente degli esiti dell’assunta prova testimoniale), ritenuto che la committente avesse accettato senza riserve l’opera, omettendo del tutto di considerare che, in realtà, ciò non sarebbe mai accaduto, in quanto la ditta Bologna avrebbe sempre contestato la regolarità dei lavori sia in corso di esecuzione che successivamente.
E ciò senza soluzione di continuità, cosicché non vi sarebbe mai stato alcun arco temporale caratterizzato da un silenzio dal quale potesse ascendere una qualche forma di accettazione dell’opera.
Consegna opera non implica accettazione senza riserve
2.- Il motivo è infondato.
2.1.- La pronuncia impugnata ha negato la spettanza della garanzia per i vizi, muovendo dall’assunto della natura palese dei vizi contestati e applicando conseguentemente il combinato disposto degli artt. 1667, primo comma, secondo periodo, e 1665, quarto comma, c.c.
In forza della prima disposizione, la garanzia non è dovuta se il committente ha accettato l’opera e le difformità o i vizi erano da lui conosciuti o erano riconoscibili, purché, in questo caso, non siano stati in malafede taciuti dall’appaltatore.
In base al dettato della seconda disposizione, se il committente riceve “senza riserve” la consegna dell’opera, questa si considera accettata “ancorché non si sia proceduto alla verifica”.
Pertanto, l’accettazione dell’opera, nonostante i vizi palesi, è stata desunta dall’avvenuta consegna senza riserve in data 10-11 febbraio 2016 (momento in cui si era perfezionato l’ultimo intervento eseguito, con l’immissione nel possesso dei locali nei quali è stata realizzata la pavimentazione industriale), avendo l’appaltante denunciato i vizi solo con raccomandata a/r del 15 febbraio 2017.
Ora, a fronte della sottesa ricostruzione in fatto, la fase valutativa della prova assunta non può costituire oggetto di sindacato in sede di legittimità, stante che, in tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 6774 del 01/03/2022; Sez. 6-2, Ordinanza n. 27847 del 12/10/2021; Sez. U, Sentenza n. 20867 del 30/09/2020; Sez. 6-1, Ordinanza n. 1229 del 17/01/2019; Sez. 6-L, Ordinanza n. 27000 del 27/12/2016).
Consegna opera non implica accettazione senza riserve
2.2.- Tanto premesso, in tema di interpretazione del dettato dell’art. 1665 c.c., occorre distinguere anzitutto tra atto di “consegna” e atto di “accettazione” dell’opera: la consegna costituisce un atto puramente materiale che si compie mediante la messa a disposizione del bene a favore del committente, mentre l’accettazione esige, al contrario, che il committente esprima (anche per facta concludentia) il gradimento dell’opera stessa, con la conseguente manifestazione negoziale, la quale comporta effetti ben determinati, quali l’esonero dell’appaltatore da ogni responsabilità per i vizi e le difformità palesi ed il conseguente suo diritto al pagamento del prezzo (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 19019 del 31/07/2017; Sez. 2, Sentenza n. 5131 del 06/03/2007).
All’esito, dalla mera consegna non può desumersi ipso facto l’accettazione, salvo che non sia integrata la fattispecie della “accettazione tacita”, che richiede un surplus rispetto alla mera consegna, ossia che alla consegna possa attribuirsi, in concreto, un preciso significato giuridico: la ricezione dell’opera “senza riserve”, nonostante “non si sia proceduto alla verifica”, a fronte di “difformità o vizi palesi”.
Ebbene, con riguardo ai vizi dell’opera conosciuti o riconoscibili, il committente, che non abbia accettato l’opera medesima, non è tenuto ad alcun adempimento, a pena di decadenza, per far valere la garanzia dell’appaltatore, poiché, ai sensi dell’art. 1667, primo comma, c.c., solo tale accettazione comporta liberazione da quella garanzia (ossia l’impossibilità di farli valere successivamente, a prescindere da qualsiasi termine di decadenza, che decorre dalla “scoperta” per i soli vizi occulti). Pertanto, prima dell’accettazione e consegna dell’opera non vengono in rilievo problemi di denuncia e di prescrizione per i vizi comunque rilevabili, i quali, se non fatti valere in corso d’opera, possono essere dedotti alla consegna: ma prima dell’accettazione non vi è onere di denuncia, e prima della consegna non decorrono i termini di prescrizione (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 11 del 03/01/2019; Sez. 2, Sentenza n. 14584 del 30/07/2004; Sez. 1, Sentenza n. 9174 del 11/12/1987; Sez. 2, Sentenza n. 962 del 05/02/1983; Sez. 2, Sentenza n. 3752 del 06/11/1975; Sez. 3, Sentenza n. 346 del 13/02/1970; Sez. 1, Sentenza n. 2430 del 25/09/1964; Sez. 1, Sentenza n. 444 del 06/03/1962).
2.2.1.- In proposito, si precisa che l’accettazione dell’opera costituisce un atto peculiare dell’appalto, non rinvenibile nella disciplina generale sull’adempimento delle obbligazioni. Mentre, infatti, di regola, il creditore può limitarsi, attraverso un contegno passivo, ad attendere l’esecuzione della prestazione a cura della propria controparte e, ove richiesta, la relativa consegna, l’appaltante deve invece svolgere un ruolo attivo, che si concretizza nell’accettazione dell’opera realizzata dall’assuntore, dichiarando di voler far propria l’opera eseguita dall’appaltatore.
Ne consegue che l’accettazione, diversamente dall’atto di collaudo, considerato quale mera dichiarazione di scienza proveniente dall’appaltante o dall’incaricato all’effettuazione della verifica, è un atto di volontà con il quale il committente dichiara di volere accogliere nella sua sfera giuridica il frutto della prestazione eseguita, avendola trovata immune da difformità o vizi o avendo rinunciato a farli valere. è quindi qualificata come negozio unilaterale recettizio (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4051 del 01/03/2016; Sez. 2, Sentenza n. 12981 del 06/09/2002; Sez. 2, Sentenza n. 1317 del 03/02/1993; Sez. 2, Sentenza n. 49 del 11/01/1988; Sez. 2, Sentenza n. 6331 del 18/07/1987; Sez. 3, Sentenza n. 2841 del 17/07/1976; Sez. 2, Sentenza n. 964 del 14/03/1975). Essa deve essere comunicata all’appaltatore a pena di inefficacia.
Inoltre, affinché l’opera possa essere accettata è necessario che essa sia stata portata a compimento dall’assuntore, almeno con riferimento ai suoi elementi costitutivi essenziali.
Con riferimento ai rapporti tra l’accettazione e il collaudo, può accadere: a) che l’opera sia accettata senza alcuna verifica e collaudo, il che peraltro è escluso nelle situazioni in cui è prevista l’obbligatorietà del collaudo per ragioni di interesse pubblico, come negli appalti aventi ad oggetto la costruzione di edifici, il compimento di opere in cemento armato, l’installazione di ascensori e montacarichi in servizio privato; b) che l’opera sia accettata nonostante il collaudo abbia avuto esito negativo; c) che l’opera debba essere accettata in ragione dell’esito positivo del collaudo, costituendo la dichiarazione sulla regolarità della prestazione dell’appaltatore un’ipotesi di accettazione tacita, in quanto incompatibile con la volontà di rifiutare la prestazione della controparte.
Consegna opera non implica accettazione senza riserve
2.2.2.- Quanto alle forme di manifestazione, l’accettazione può essere espressa, tacita o presunta, non essendo richiesti particolari requisiti formali per la sua esternazione.
È espressa quando il committente, per iscritto o anche oralmente, e anche senza che sia stata previamente effettuata una verifica o un collaudo, dichiara esplicitamente di voler ricevere la prestazione eseguita.
L’accettazione è invece tacita, in base ai principi generali, laddove il committente, o un suo rappresentante autorizzato, compia un atto incompatibile con la volontà di rifiutare l’opera. Sicché essa si sostanzia nei comportamenti concludenti, che – presupponendo necessariamente la volontà di accettarla o siano incompatibili con la volontà di rifiutarla o di accettarla condizionatamente – dimostrino in modo inequivocabile il gradimento del committente rispetto all’opera realizzata (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 13966 del 30/06/2005; Sez. 2, Sentenza n. 7057 del 14/04/2004; Sez. 3, Sentenza n. 1635 del 08/04/1978; Sez. 3, Sentenza n. 1569 del 01/06/1974).
Si ricade, per converso, nell’ipotesi di accettazione presunta allorché, ai sensi dell’art. 1665, terzo comma, c.c., (a) nonostante l’invito dell’appaltatore, il committente tralasci di procedere alla verifica senza giusti motivi ovvero (b) non ne comunichi il risultato entro un breve termine o (c) ancora laddove, ai sensi dell’art. 1666, secondo comma c.c., in tema di esecuzione dell’appalto per singole partite, vi sia stato il pagamento di singole partite, il che fa presumere l’accettazione della frazione o partita di opera pagata, salvo che ricorra il versamento di semplici acconti.
Ebbene l’art. 1665 c.c., pur non enunciando la nozione di accettazione tacita dell’opera, indica i fatti e i comportamenti dai quali deve desumersi la sussistenza dell’accettazione da parte del committente (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 4021 del 09/02/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 13224 del 16/05/2019).
Ed appunto, in primo luogo, si considera fattispecie di accettazione tacita la ricezione dell’opera senza riserve in assenza di verifica.
Sul punto il quarto comma della norma in questione prevede, come presupposto dell’accettazione tacita dell’opera, soltanto la sua consegna al committente, ossia la sua materiale traditio – alla quale è parificabile l’immissione nel possesso per esclusiva iniziativa del committente e senza che vi sia il concorso della condotta dell’assuntore – e, come fatto concludente, la sua “ricezione senza riserve” da parte del committente stesso, “ancorché non si sia proceduto alla verifica” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 10452 del 03/06/2020; Sez. 2, Sentenza n. 15711 del 21/06/2013; Sez. 2, Sentenza n. 5131 del 06/03/2007; Sez. 2, Sentenza n. 4353 del 07/04/2000; Sez. 2, Sentenza n. 3742 del 20/04/1994; Sez. 2, Sentenza n. 1509 del 12/02/1988; Sez. 2, Sentenza n. 6489 del 27/07/1987; Sez. 1, Sentenza n. 1787 del 09/05/1975).
Consegna opera non implica accettazione senza riserve
Pertanto, mentre la consegna costituisce un atto puramente materiale, che si compie mediante la messa a disposizione del bene a favore del committente, l’accettazione esige, al contrario, che il committente esprima, anche per facta concludentia, il gradimento dell’opera stessa, con conseguente manifestazione negoziale, la quale comporta effetti ben determinati, quali l’esonero dell’appaltatore da ogni responsabilità per le difformità e i vizi palesi dell’opera e il conseguente suo diritto al pagamento del prezzo (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 11349 del 17/06/2004; Sez. 2, Sentenza n. 7260 del 12/05/2003; Sez. 2, Sentenza n. 9567 del 02/07/2002; Sez. 2, Sentenza n. 5121 del 22/05/1998; Sez. 2, Sentenza n. 10314 del 22/11/1996; Sez. 2, Sentenza n. 830 del 29/01/1983; Sez. 2, Sentenza n. 972 del 17/02/1981).
Al ricevimento del bene deve associarsi, dunque, un comportamento dell’appaltante che sia significativo della volontà di non sollevare riserve: la dichiarazione di riserva neutralizza, infatti, gli effetti propri dell’accettazione.
Non si ha, invece, accettazione tacita se il committente prende in consegna l’opera, dopo l’effettuazione della verifica, riservandosi al contempo di far valere difformità o vizi in un momento successivo, oppure se la presa in consegna da parte del committente, nel caso in cui la verifica non abbia ancora avuto luogo, avvenga con l’espressa riserva di effettuare la verifica medesima o proprio allo scopo di effettuarla.
Sicché la presa in consegna dell’opera da parte del committente non va confusa con l’accettazione della stessa e non implica di per sé la rinunzia a far valere la garanzia per i difetti conosciuti o conoscibili quando sia (contestualmente) seguita dalla denunzia delle difformità e dei vizi dell’opera (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12829 del 12/07/2004; Sez. 2, Sentenza n. 10505 del 07/12/1994).
2.3.- Senonché, nel caso in disputa, la Corte distrettuale ha applicato correttamente il principio nomofilattico a mente del quale presupposto dell’accettazione tacita è rappresentato dalla consegna dell’opera al committente (alla quale è parificabile l’immissione nel possesso) e, come fatto concludente, dalla ricezione senza riserve da parte di quest’ultimo, anche se non si sia proceduto alla verifica.
Dal comportamento delle parti, e segnatamente dal contegno dell’appaltante – che ha contestato i vizi palesi (quanto all’irregolare livellatura del pavimento) solo a distanza di circa un anno dalla consegna (consegna avvenuta senza alcuna rimostranza e senza alcuna verifica), solo dopo avere ricevuto la richiesta di pagamento del residuo dovuto -, la sentenza impugnata ha desunto che non fossero ravvisabili elementi contrastanti con la tacita volontà di accettare l’opera.
Consegna opera non implica accettazione senza riserve
Con la precisazione che la concreta esistenza di tali circostanze costituisce una quaestio facti rimessa all’apprezzamento del giudice del merito (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 10452 del 03/06/2020; Sez. 2, Sentenza n. 4353 del 07/04/2000; Sez. 2, Sentenza n. 3742 del 20/04/1994; Sez. 3, Sentenza n. 2841 del 17/07/1976; Sez. 3, Sentenza n. 2010 del 21/06/1972).
3.- In definitiva, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese e compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Poiché, all’esito dell’opposizione alla proposta di definizione anticipata del giudizio, ai sensi dell’art. 380-bis, ultimo comma, c.p.c., il giudizio è stato definito in conformità alla proposta, deve essere applicato l’art. 96, terzo e quarto comma, c.p.c., con la conseguente condanna ulteriore della ricorrente soccombente al pagamento, in favore della controparte, di una somma equitativamente determinata nonché, in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro non inferiore ad Euro 500,00 e non superiore ad Euro 5.000,00, somme che si liquidano come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla refusione, in favore della controricorrente, delle spese di lite, che liquida in complessivi Euro 4.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge; condanna altresì il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, della somma equitativamente determinata in Euro 2.500,00 e al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di Euro 1.500,00.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, in data 5 dicembre 2024.
Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2025.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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