Ai fini del riconoscimento delle attenuanti per la bancarotta fraudolenta

Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 9 aprile 2019, n. 15669.

La massima estrapolata:

Ai fini del riconoscimento delle attenuanti per la bancarotta fraudolenta patrimoniale, la restituzione è comunque recessiva rispetto alla condotta che ha causato la distrazione, perché il distacco del bene dal patrimonio dell’imprenditore, poi fallito, può realizzarsi con qualsiasi modalità. In tal senso non rileva neppure che sia avvenuta attraverso un’operazione permutativa di beni strumentali strategici palesemente contratto simulato in grado di conferire apparente legalità ad una dismissione ingiustificata.

Sentenza 9 aprile 2019, n. 15669

Data udienza 11 marzo 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MICCOLI Grazia – Presidente

Dott. SETTEMBRE Antonio – Consigliere

Dott. PISTORELLI Luca – Consigliere

Dott. TUDINO A. – rel. Consigliere

Dott. RICCARDI Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 16/02/2017 della Corte d’Appello di Venezia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Alessandrina Tudino;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. BIRRITTERI Luigi, che ha concluso per l’annullamento con rinvio limitatamente alle pene accessorie e per l’inammissibilita’ nel resto;
udito il difensore, Avv. (OMISSIS).

RITENUTO IN FATTO

1.Con la sentenza impugnata del 17 febbraio 2017, la Corte d’appello di Venezia ha, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Treviso del 5 giugno 2012, con la quale e’ stata affermata la responsabilita’ penale di (OMISSIS) in ordine al delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione in relazione alle vicende di (OMISSIS) s.r.l., dichiarata fallita con sentenza dell’8 giugno 2006, revocato le statuizioni civili, confermando nel resto.
1.1. I fatti – contestati all’ (OMISSIS), in qualita’ di socio accomandatario e legale rappresentante di (OMISSIS) s.a.s. in concorso con il coimputato (OMISSIS), amministratore della fallita – riguardano la distrazione di due trattori stradali e cinque semirimorchi, di proprieta’ di (OMISSIS) s.r.l. e ceduti il 25 luglio 2005 per il prezzo di Euro 96.000,00, indicato come corrispettivo per l’acquisto, da parte del (OMISSIS), delle quote sociali di (OMISSIS) di proprieta’ dell’ (OMISSIS) e di (OMISSIS) s.a.s.; cessione ritenuta distrattiva in considerazione del dissesto della cedente, noto all’ (OMISSIS) che era stato socio e amministratore di (OMISSIS) s.r.l. sino al giugno 2005.
Le modalita’ della cessione sono state ritenute, nelle conformi sentenze di merito, comprovanti la natura distrattiva dell’operazione, eseguita senza corrispettivo in favore del (OMISSIS) quale persona fisica, che in tal guisa acquistava la partecipazione in (OMISSIS) di (OMISSIS) s.a.s., e dalla quale alcuna utilita’ era derivata alla cedente, gia’ in stato di decozione all’atto della disposizione traslativa dei beni aziendali.
1.2. La corte territoriale ha ritenuto, al riguardo, simulato il contratto di permuta di beni altrui nel cui ambito la difesa aveva ricondotto l’operazione, rivendicandone – in virtu’ del diritto di regresso corrispondente al valore delle quote spettante a (OMISSIS) nei confronti del (OMISSIS), avente causa in proprio nonostante l’erronea indicazione nella relativa fattura – la natura neutra per la situazione economico-patrimoniale della fallita.
2. Avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia ha proposto ricorso l’imputato, per mezzo del difensore Avv. (OMISSIS), affidando le proprie censure a tre motivi.
2.1. Con il primo motivo, deduce violazione della legge penale e delle norme di cui si deve tener conto nella sua applicazione e correlato vizio di motivazione in riferimento all’elemento materiale del reato di cui all’articolo 223, articolo 216, comma 1, n. 1) e articolo 219, commi 1 e 2.
La corte territoriale ha – secondo il ricorrente – erroneamente valutato la situazione economico-patrimoniale di (OMISSIS) s.r.l. all’atto dell’operazione contestata, recependo acriticamente le conclusioni del curatore fallimentare desunte, principalmente, dal bilancio chiuso al 31 dicembre 2004, da ritenersi errate in quanto travisative del settore in cui la societa’ operava (trasporti), del regime contabile dei beni acquisiti in locazione finanziaria (di natura formale in quanto i canoni sono indicati come “costo”, ma che trova nella nota
integrativa al bilancio l’esatta interpretazione sostanziale) e,
conseguentemente, della determinazione del risultato economico e della consistenza del patrimonio. Una corretta lettura del bilancio avrebbe, invece, ridotto le perdite per l’anno 2004 ad Euro 643.614,00 e determinato un dato positivo per Euro 383.036,00 del patrimonio netto contabile, ponendosi tali dati nella fisiologia dell’attivita’ d’impresa – tanto da determinare la concessione di ulteriori beni in leasing da parte di societa’ che hanno valutato ed escluso rischi di insolvenza, manifestatasi solo nel 2006 – e confutando lo stato di dissesto invece erroneamente ritenuto.
Partendo da tale erronea impostazione – che la corte ha recepito, svalutando ingiustificatamente l’apporto del consulente tecnico della difesa – e’ stata erroneamente ricostruita l’operazione di cessione, da qualificarsi, invece, quale permuta di cosa altrui ex articolo 1555 c.c., con conseguente insorgenza, in capo alla cedente, di un diritto di credito ad una contropartita finanziaria equivalente nei confronti del (OMISSIS), acquirente in proprio delle quote di partecipazione in (OMISSIS) di (OMISSIS) s.a.s. e dello stesso (OMISSIS), che si obbligava a permutare gli automezzi di (OMISSIS) per un valore corrispondente al prezzo pattuito per la cessione. Siffatta ricostruzione esclude la natura distrattiva dell’operazione, mentre a mero errore deve ritenersi riferibile, nella fattura emessa da (OMISSIS) il 25 luglio 2005, avente ad oggetto il trasferimento degli automezzi, l’indicazione di (OMISSIS) s.a.s.. Ne’ rileva, in senso favorevole all’accusa, l’inerzia dell’amministratore di (OMISSIS) in riferimento al pagamento del debito corrispondente ai beni trasferiti, in quanto circostanza soggetta a molteplici motivazioni, mentre l’esistenza del relativo diritto di credito trova conferma nella documentazione acquisita, con conseguente onerosita’ dell’operazione e preservazione, in ragione del predetto diritto di credito, dell’effetto conservativo dell’equilibrio tra attivita’ e passivita’, capace di compensare il prospettato effetto di depauperamento derivato dalla fuoriuscita dei medesimi beni, in conformita’ agli orientamenti interpretativi di legittimita’.
2.2. Con il secondo motivo, deduce analoga censura in relazione all’elemento soggettivo del reato, per avere la corte territoriale fondato il dolo distrattivo sulla consapevolezza dello stato di dissesto, invece insussistente, senza tener conto degli indicatori della responsabilita’ dell’extraneus nel delitto di bancarotta patrimoniale e dell’assoluto rispetto del lecito schema negoziale stipulato con atto pubblico, prestando legittimo affidamento nella qualifica del (OMISSIS).
2.3. Con il terzo motivo, censura la determinazione del trattamento sanzionatorio, commisurato oltre il minimo edittale senza adeguata giustificazione, e la mancata concessione delle attenuanti generiche, fondata sull’assenza di particolari ragioni, omettendo di considerare l’integrale risarcimento del danno.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile.
2. Sono inammissibilmente formulate e, comunque, manifestamente infondate le doglianze avanzate con il primo motivo.
2.1.1. Il ricorrente prospetta, in primis, l’erronea lettura del bilancio 2004, disaminato unicamente nelle componenti stato patrimoniale – conto economico, omettendo la valutazione della situazione della societa’ secondo la tabella “Operazioni di locazione finanziaria”, allegata alla nota integrativa, alla cui stregua dovevano essere rideterminati tanto le perdite dell’anno 2004, che il patrimonio netto contabile, in considerazione dell’attivita’ d’impresa e dei contratti di leasing relativi al parco degli automezzi, tanto da doversi ricondurre la condizione della societa’, all’atto della stipula del negozio ritenuto distrattivo, ad una fisiologica pressione dei costi, e non gia’ ad uno stato di conclamato dissesto.
2.1.2. La deduzione, pur suggestivamente prospettata, non esclude nella sua stessa formulazione testuale e pur nella riduttiva quantificazione delle perdite – che la societa’ versasse in una situazione di notevole esposizione, come peraltro risulta dalla riportate dichiarazioni dello stesso consulente a discarico; ne’ si confronta con il principio di diritto per cui i fatti di distrazione, una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, assumono rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi e, quindi, anche se la condotta si sia realizzata quando ancora l’impresa non versava in condizioni di insolvenza (Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016, Passarelli, Rv. 266804, N. 27993 del 2013 Rv. 255567, N. 11793 del 2014 Rv. 260199, N. 26542 del 2014 Rv. 260690, N. 32352 del 2014 Rv. 261942, N. 47616 del 2014 Rv. 261683).
2.2.1. Quanto alle finalita’ della operazione ed al suo corretto inquadramento giuridico, va ricordato che secondo il consolidato insegnamento di questa Corte il distacco del bene dal patrimonio dell’imprenditore poi fallito, in cui si concreta l’elemento oggettivo del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, puo’ realizzarsi in qualsiasi forma e con qualsiasi modalita’, non avendo incidenza su di esso la natura dell’atto negoziale con cui tale distacco si compie, ne’ la possibilita’ di recupero del bene attraverso l’esperimento delle azioni apprestate a favore degli organi concorsuali.
In tal senso, pertanto, qualunque negozio traslativo (V. da ultimo Sez. 5, n. 34464 del 14/05/2018, in tema di cessione di ramo d’azienda; Sez. 5, n. 16748 del 13/02/2018, Morelli, Rv. 272841 in materia di affitto di beni aziendali) e qualunque operazione societaria (V. Sez. 5, n. 42568 del 19/06/2018, E., Rv. 273925 in tema di fusione per incorporazione; Sez. 5, n. 1984 del 2019, non massimata, Sez. 5, n. 20370 del 10/04/2015, Piscedda, Rv. 264078 in materia di scissione) puo’ assumere valenza distrattiva o dissipativa, e cio’ tanto nel caso in cui non si configurino correlativi incrementi patrimoniali o economici in favore della disponente (Sez. 5, n. 44891 del 9 ottobre 2008, P.M. in proc. Quattrocchi, Rv. 241830), quanto in quello cui la stipula avvenga al preciso scopo di trasferire la disponibilita’ dei beni societari ad altro soggetto giuridico in previsione del fallimento (Sez. 5, n. 46508 del 27 novembre 2008, Scire’ e altri, Rv. 242614; Sez. 5, n. 3302 del 28 gennaio 1998, Martinel, Rv. 209947; Sez. 5, n. 11207 del 29 ottobre 1993, Locatelli ed altri, Rv. 196456). E’ stato, altresi’, precisato che integra il reato di bancarotta fraudolenta impropria patrimoniale l’atto dispositivo che renda non piu’ possibile l’utile perseguimento dell’oggetto sociale senza garantire contestualmente il ripiano della situazione debitoria della societa’ (Sez. 5, n. 10778 del 10 gennaio 2012, Petruzziello, Rv. 252008).
2.2.2. Alla luce dei principi enunciati, deve ritenersi che la Corte territoriale abbia correttamente qualificato come distrattiva l’operazione di permuta di strategici beni strumentali effettuata nelle condizioni date, mentre manifestamente infondate ed a tratti generiche si rivelano le obiezioni svolte sul punto con il ricorso.
S’appalesa, innanzitutto, irrilevante la dedotta regolarita’ formale del negozio stipulato, costituendo il medesimo – come argomentativamente dispiegato nella sentenza impugnata – un contratto simulato, atto a rivestire di apparente legalita’ una ingiustificata dismissione.
La genericita’ e manifesta infondatezza delle censure difensive si appalesa poi nella misura in cui le stesse dimostrano di non aver tenuto in considerazione le circostanze che caratterizzano la fattispecie concreta in riferimento alle quali la Corte territoriale ha operato la criticata qualificazione: la notevole sproporzione tra il valore delle partecipazioni azionarie e l’entita’ del patrimonio negativo della societa’ (f. 6 sent. imp.); il coinvolgimento dell’ (OMISSIS) nella gestione di entrambe le societa’; la mancanza di contropartite per la permutante (valutata non solo ex se, quanto in connessione alla precedente circostanza); il trasferimento di un complesso aziendale che ha, di fatto, trasfuso nella cessionaria beni strumentali; il trasferimento tra societa’ collegate, attestato dal tenore della fattura, solo strumentalmente imputato ad un errore di indicazione delle parti del rapporto.
E parimenti irrilevante e’ l’obiezione relativa alla insorgenza, in capo alla cedente, di un diritto di credito ad una contropartita finanziaria equivalente nei confronti del (OMISSIS), acquirente in proprio delle quote di partecipazione in (OMISSIS) di (OMISSIS) s.a.s. e dello stesso (OMISSIS), che si obbligava a permutare gli automezzi di (OMISSIS) per un valore corrispondente al prezzo pattuito per la cessione, posto che tale obbligazione non e’ stata mai adempiuta.
2.2.3. Destituita di fondamento alcuno e’, dunque, la pretesa del ricorrente di avvalorare la tesi per cui la cessione sia stata stipulata a condizioni onerose, solo fatalmente rimaste insoddisfatte, con conseguente esposizione dei creditori della fallita ad un pericolo derivante da quella che altro non e’ stata se non una ordinaria operazione di spin-off, nel tentativo di sottrarre le attivita’ della fallita alla procedura concorsuale e garantire all’imputato di produrre ricavi senza che questi potessero essere destinati alla medesima procedura.
3.E’, del pari, inammissibilmente formulato il secondo motivo di ricorso.
3.1.La bancarotta fraudolenta per distrazione ha infatti natura di reato di pericolo a dolo generico. In relazione a tale reato non ha, pertanto, incidenza ne’ la finalita’ perseguita in via contingente dal soggetto – e pertanto sono per l’appunto manifestamente infondate le numerose censure del ricorrente tese a valorizzare tale profilo – ne’ si richiede uno specifico intento di arrecare un pregiudizio economico ai creditori, essendo sufficiente la consapevolezza della mera possibilita’ di danno che possa derivare alle ragioni creditorie.
3.2. L’argomentazione rassegnata al riguardo appare del tutto rispondente agli indicatori declinati dalla giurisprudenza piu’ recente (Sez. 5, n. 38396 del 23/06/2017, Sgaramella, Rv. 270763) ai fini della delibazione tanto della concreta pericolosita’ della condotta distrattiva che riguardo la consapevolezza di siffatta pericolosita’: si tratta di indici dotati di immediata evidenza dimostrativa, al di fuori di qualsiasi logica presuntiva, rinvenibili, ad esempio, nella disamina della condotta alla luce della condizione patrimoniale e finanziaria dell’azienda, nel contesto in cui l’impresa ha operato, avuto riguardo a cointeressenze dell’amministratore rispetto ad altre imprese coinvolte; nella irriducibile estraneita’ del fatto generatore dello squilibrio tra attivita’ e passivita’ rispetto a canoni di ragionevolezza imprenditoriale, necessari a dar corpo, da un lato, alla prognosi postuma di concreta messa in pericolo dell’integrita’ del patrimonio dell’impresa, funzionale ad assicurare la garanzia dei creditori, e, dall’altro, all’accertamento in capo all’agente della consapevolezza e volonta’ della condotta in concreto pericolosa.
3.3. Di guisa che la condotta ascritta all’imputato, per come ricostruita nelle sentenze di merito, appare caratterizzata da plurimi indici di fraudolenza tra quelli indicati, sia pur a titolo esemplificativo, dalla sentenza Sgaramella e da un’indubbia idoneita’ depressiva della garanzia patrimoniale ex articolo 2740 c.c., rendendo inconferente il richiamo allo standard dimostrativo che regola la prova dell’elemento soggettivo a carico dell’extraneus, in presenza dell’adeguata giustificazione di un previo concerto tra societa’ unitariamente gestite, finalizzato alla sottrazione agli organi della curatela di beni aziendali e del relativo controvalore.
Le censure articolate nel ricorso, nel proporre una lettura alternativa dei fatti non si confrontano, pertanto, con la ricostruzione operata (Sez. U. n. 8825 del 27/10/2016 – dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822) e con la convergenza degli elementi dimostrativi, rispetto ai quali non assume valenza disarticolante, con l’evidenzia necessaria nella presente fase di legittimita’, la frammentaria contestazione proposta dalla difesa.
Il secondo motivo di ricorso e’, pertanto, inammissibile.
4. E’ inammissibile in quanto proposto fuori dei casi previsti dalla legge il terzo motivo di censura in riferimento al trattamento sanzionatorio.
4.1. “In tema di determinazione della pena, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale, non e’ necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, se il parametro valutativo e’ desumibile dal testo della sentenza nel suo complesso argomentativo e non necessariamente solo dalla parte destinata alla quantificazione della pena” (Sez. 3, n. 38251 del 15/06/2016, Rignanese, Rv. 267949, Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, Serratore, Rv. 256197, N. 1571 del 1986 Rv. 171948, N. 36245 del 2009 Rv. 245596, N. 21294 del 2013 Rv. 256197, N. 24213 del 2013 Rv. 255825, N. 27959 del 2013 Rv. 258356, N. 28852 del 2013 Rv. 256464, N. 46412 del 2015 Rv. 265283).
Anche sotto tale profilo, in presenza della irrogazione della pena in anni tre e mesi sei di reclusione (pena ampiamente inferiore alla media edittale), la corte territoriale ha giustificato la decisione secondo un percorso argomentativo logico e articolato attraverso cadenze plausibili, con conseguente insindacabilita’ nella presente sede di legittimita’, al quale il ricorrente contrappone, ancora, le ragioni dell’impugnazione sulla responsabilita’.
4.2. La sussistenza di circostanze attenuanti, rilevanti ai sensi dell’articolo 62-bis c.p., e’ oggetto di un giudizio di fatto, e puo’ essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, di talche’ la stessa motivazione, purche’ congrua e non contraddittoria, non puo’ essere sindacata in sede di legittimita’ neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato (Sez. 6, n. 7707 del 04/12/2003 – dep. 2004, Rv. 229768).
In particolare, il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche puo’ essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’articolo 62-bis, disposta con il Decreto Legge n. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modificazioni dalla L. 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non e’ piu’ sufficiente nemmeno lo stato di incensuratezza dell’imputato (Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, Starace, Rv. 270986, N. 44071 del 2014 Rv. 260610).
4.3. La valutazione operata dalla corte d’appello al riguardo che – nel respingere il relativo motivo di impugnazione – ha condiviso l’apprezzamento della personalita’ dell’imputato in riferimento alle modalita’ della distrazione, rispetto alla quale s’appalesa recessiva la prospettata condotta restitutoria, non appare, pertanto, censurabile.
4.4. E’, infine, inammissibile per aspecificita’ l’invocatag applicazione dell’articolo 117 c.p., in presenza di una ampia ed argomentata imputazione concorsuale ex articolo 110 c.p..
5. La sentenza impugnata deve essere, invece, annullata con rinvio in riferimento alla determinazione della durata delle pene accessorie, applicate all’imputato.
5.1. Con la sentenza n. 222 del 5 dicembre 2018, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale del Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 216, u.c., nella parte in cui dispone che “la condanna per uno dei delitti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e l’incapacita’ per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa” e siffatta declaratoria avente efficacia ex tunc ai sensi della L. costituzionale n. 87 del 1953, articolo 30 – trova applicazione nell’ambito del presente procedimento in quanto, sebbene questione non investita dal ricorso, la durata delle sanzioni accessorie come determinata nella sentenza impugnata si qualifica in termini di (sopravvenuta) illegalita’ della pena, apprezzabile ex officio in sede di legittimita’ (S.U. n. 33040 del 26 febbraio 2015, Jazouli, Rv. 264207).
5.2. Nella sentenza additiva richiamata, la Consulta ha esplicitamente escluso l’applicabilita’ dello strumento di commisurazione (cor)relativa declinato dall’articolo 37 c.p. che, in ipotesi di pena accessoria indeterminata, ne determina la durata nella stessa misura della pena principale, ritenendo il relativo meccanismo non adeguato ad assicurare la necessaria autonoma quantificazione in considerazione della specifica e non sovrapponibile funzione del diverso ordine di pene sia in relazione al diverso carico di afflittivita’ rispetto ai diritti fondamentali della persona, che della diversa finalita’.
5.3. Siffatta interpretazione non e’ stata ritenuta vincolante in una prima applicazione giurisprudenziale (Sez. 5, 7 dicembre 2018 in proc. 23648/2016, Piermartiri, informazione provvisoria n. 16/2018), mentre altro orientamento (Sez. 5, 13 dicembre 2018 in proc. 3703/2018, Retrosi; Sez. 5, n. 5882 del 6 febbraio 2019, Rv. 274413) si e’ determinato nel senso di dover rimettere al giudice del merito la determinazione discrezionale dell’entita’ delle pene accessorie ex articolo 216 u.c..
5.4. Alla stregua di siffatto contrasto, manifestatosi nell’immediatezza della pronuncia della Consulta, e’ stata rimessa alle Sezioni Unite (Sez. 5, l.f., Piermartiri” che ha ritenuto) la questione “se le pena accessorie previste per il reato di bancarotta fraudolenta dalla L. Fall., articolo 216, u.c., come riformulato ad opera della sentenza n. 222 del 5/12/2018 della Corte costituzionale con sentenza dichiarativa di illegittimita’ costituzionale, mediante l’introduzione della previsione della sola durata massima “fino a dieci anni” debbano considerarsi pena con durata non predeterminata e quindi ricadere nella regola generale di computo di cui all’articolo 37 c.p. (che prevede la commisurazione della pena accessoria non predeterminata alla pena principale inflitta), con la conseguenza che e’ la stessa Cassazione a poter operare la detta commisurazione con riferimento ai processi pendenti; ovvero se, per effetto, della nuova formulazione, la durata delle pene accessorie debba invece considerarsi predeterminata entro la forbice data, con la conseguenza che non trova applicazione l’articolo 37 c.p. ma, di regola, la rideterminazione involge un giudizio di fatto di competenza del giudice del merito, da effettuarsi facendo ricorso ai parametri di cui all’articolo 133 c.p.”.
5.5. Dalla relativa informazione provvisoria, risulta che, con sentenza del 28 febbraio 2019, le Sezioni Unite di questa Corte hanno statuito come “le pene accessorie previste dall’articolo 216 L. Fall., nel testo riformulato dalla sentenza n. 222 della Corte costituzionale, cosi’ come le altre pene accessorie per le quali la legge indica un termine di durata non fissa, devono essere determinate in concreto dal giudice in base ai criteri di cui all’articolo 133 c.p.”.
Di guisa che, in applicazione dell’enunciato principio di diritto, che assegna alla discrezionalita’ del giudice del merito la verifica dei parametri di commisurazione della pena accessoria, in quanto sanzione predeterminata, in riferimento al carico di afflittivita’ rispetto ai diritti fondamentali della persona (liberta’ di iniziativa economica) ed alla finalita’ (non (solo) rieducativa) della medesima, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente alla determinazione della durata delle sanzioni accessorie di cui alla L. Fall., articolo 216, u.c., irrogate all’imputato nella misura di dieci anni, con rinvio al giudice di merito per nuovo esame sul punto.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione delle pene accessorie fallimentari, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia per nuovo esame.
Dichiara il ricorso inammissibile nel resto.

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